QUESITO:
Quando trascriviamo un discorso diretto e quindi mettiamo i due punti e le virgolette, ci vuole la maiuscola? Ad esempio: Inizia a gridare tutto preoccupato: “Scendi subito”.
RISPOSTA:
Sì, secondo le convenzioni grafiche attualmente condivise dai manuali di grammatica, il discorso diretto inizia con la lettera maiuscola (anche quando è preceduto non dalle virgolette, ma dal trattino lungo). Questa convenzione può essere ricondotta all’idea che il discorso diretto riporta la voce di un personaggio diverso da quello responsabile del punto di vista della cornice, quindi in qualche modo ogni volta che inizia una citazione diretta inizia una nuova frase (anche in assenza di un punto fermo).
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Ho maturato un paio di dubbi riguardo alle proposizioni relative:
a. Mi sono piaciute le tue canzoni che ho ascoltato in questi giorni.
b. È bello il tuo ritratto che hai esposto in camera.
c. La ringrazio per la sua disponibilità che ho molto apprezzato.
Per prima cosa gradirei sapere se questi sono esempi di relativa esplicativa o limitativa e, pertanto, se sia opportuno o meno inserire una virgola che introduca la proposizione.
Vorrei inoltre sapere se la relativa, esplicativa o limitativa che sia, collegata a un sostantivo preceduto da un aggettivo possessivo (come nei casi sopra riportati) vada a determinare una costruzione agrammaticale. Forse è un mio esclusivo impedimento, ma quando mi trovo a doverle scrivere o pronunciare ho sempre un attimo di esitazione, che cerco puntualmente di aggirare adottando, laddove sia possibile, soluzioni alternative (recuperando l’ultima delle tre frasi: “La ringrazio per la sua disponibilità: l’ho molto apprezzata”).
RISPOSTA:
La presenza dell’aggettivo possessivo all’interno del sintagma nominale relativizzato non è rilevante per stabilire se la proposizione relativa è limitativa o esplicativa.
La proposizione relativa limitativa serve a identificare un sintagma nominale; essa deve, quindi, contenere informazioni determinanti per distinguere quel sintagma da altri simili. Così, nella prima frase, che ho ascoltato in questi giorni effettivamente distingue le tue canzoni in questione da altre tue canzoni che il parlante sta rappresentando come esistenti, almeno potenzialmente. Nella seconda frase, che hai esposto in camera identifica uno specifico tuo ritratto distinguendolo da altri possibili tuoi ritratti. Diversamente dalle prime due frasi, nella terza, che ho molto apprezzato non identifica una specifica tua disponibilità, perché disponibilità è un atteggiamento astratto sempre uguale in ogni circostanza, quindi intrinsecamente identificato, tranne che per l’attribuzione a una persona. Ne deriva che in questa frase la proposizione relativa è esplicativa, quindi deve essere separata dalla reggente con la virgola.
In casi come quello di disponibilità la proposizione relativa limitativa è possibile soltanto se contiene informazioni sull’attribuzione dell’atteggiamento a una persona, con espressioni come che hai mostrato, che caratterizza Luca, che vorranno dimostrare… Soltanto in questi casi, quindi, questa proposizione entra in concorrenza con l‘aggettivo possessivo, perché ne ricomprende l’apporto semantico, espandendolo: la tua disponibilità = la disponibilità che hai mostrato.
Fabio Ruggiano
Vi chiedo un aiuto per costruire queste frasi nel modo migliore.
1. Nelle circostanze del caso di specie, ciò significa che il termine di prescrizione dell’azione della banca è iniziato a decorrere nel 2019 a seguito della proposizione, in quell’anno, dell’azione da parte dei mutuatari, e quindi l’azione di pagamento della banca si sarebbe prescritta il 31 dicembre 2022, tuttavia il termine di prescrizione del diritto della banca è stato interrotto dalla proposizione da parte della banca della domanda nella presente causa in data 18 novembre 2022. (quindi la banca ha già promosso l’azione, qui di seguito stanno soltanto facendo un’ipotesi…: Pertanto, se si attendesse dalla banca che quest’ultima OPPURE qualora ci si aspettasse che la banca promuova / promuovesse la presente azione di pagamento solo dopo che venga / sia pronunciata la sentenza definitiva che dichiari / dichiara la nullità del contratto di mutuo (la quale, nonostante siano decorsi cinque anni, non è stata ancora emessa), ciò potrebbe generare nella banca la preoccupazione che il suo diritto sia / fosse / sarebbe stato prescritto.
2. (…) la seguente questione pregiudiziale:
se, nel contesto dell’annullamento integrale di un contratto di credito o di prestito, concluso tra un ente creditizio e un consumatore, per il motivo che tale contratto conteneva una clausola abusiva senza la quale esso non poteva sussistere, l’articolo 6, paragrafo 1, e articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, nonché i principi di effettività, di equivalenza e di proporzionalità, debbano essere interpretati nel senso che ostano ad un’interpretazione giurisprudenziale del diritto di uno Stato membro ai sensi della quale:
- l’ente creditizio ha il diritto di proporre un’azione nei confronti del consumatore, volta ad ottenere il rimborso dell’importo del capitale erogato per l’esecuzione del contratto, ancor prima che nella causa promossa dal consumatore venga / sia pronunciata la sentenza definitiva che dichiari / dichiara la nullità del contratto in questione;
- l’ente creditizio ha il diritto di esigere dal consumatore, oltre al rimborso del capitale erogato per l’esecuzione del contratto in questione, anche gli interessi legali di mora per il periodo compreso tra la data della richiesta di pagamento e la data del pagamento, in una situazione in cui, prima della suddetta richiesta, nella causa promossa dal consumatore non sia stata ancora pronunciata la sentenza definitiva che dichiara la nullità di tale contratto.
Nella prima frase innanzitutto bisogna modificare a decorrere nel 2019 con a decorrere dal 2019. Quindi modificherei anche l’azione di pagamento della banca, perché non si capisce se della banca si colleghi a l’azione (quindi la banca richiede il pagamento attraverso l’azione) o a di pagamento (quindi i mutuatari richiedono alla banca il pagamento attraverso l’azione). Una soluzione può essere l’azione di pagamento da parte della banca. Ancora, Bisogna interrompere la frase a 2022 con un punto e inserire una virgola dopo tuttavia; così: …dicembre 2022. Tuttavia, …
Per quanto riguarda la parte dell’ipotesi, bisogna fare una scelta: o ci si riferisce al caso specifico, nel quale la banca ha già promosso l’azione, quindi l’ipotesi è irreale, oppure ci si astrae dal caso in questione, quindi si può fare un’ipotesi possibile. Nel primo caso avremo:
“Pertanto, se ci si fosse aspettato che la banca promuovesse la presente azione di pagamento solo dopo che fosse stata pronunciata la sentenza definitiva che dichiarasse la nullità del contratto di mutuo (la quale, nonostante siano decorsi cinque anni, non è stata ancora emessa), ciò avrebbe potuto generare nella banca la preoccupazione che il suo diritto fosse prescritto [possibile anche sarebbe stato prescritto] prima di poter essere esercitato”.
Nel secondo caso avremo:
“Pertanto, se ci si aspettasse che la banca promuova l’azione di pagamento [bisogna eliminare presente, perché si sta facendo un’ipotesi astratta] solo dopo che sia stata pronunciata la sentenza definitiva che dichiara [possibile anche dichiari] la nullità del contratto di mutuo (la quale potrebbe essere emessa dopo molti anni) [bisogna modificare il contenuto della parentesi per renderlo astratto], ciò potrebbe generare nella banca la preoccupazione che il suo diritto sia prescritto prima di poter essere esercitato”.
Nella seconda frase innanzitutto vanno eliminate queste virgole: … prestito concluso tra un ente creditizio e un consumatore per… Bisogna, poi, inserire l’articolo determinativo qui: l’articolo 7. Per quanto riguarda i due punti dell’elenco, infine, nel primo le varianti proposte sono tutte possibili: venga è del tutto equivalente a sia, ma vista la complessità della frase si potrebbe propendere per il più semplice sia; per dichiari o dichiara si veda l’alternanza ammessa (con preferenza per dichiara) nella frase precedente. La stessa alternanza (e la stessa preferenza) è ammessa nel secondo punto; sia stata pronunciata è la forma corretta.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Mi potete aiutare gentilmente con queste due frasi (tradotte dal polacco)?
1) L’attrice ha affermato che, l’accoglimento dell’argomentazione dei convenuti implicherebbe che «si sia verificata una situazione bizzarra in cui la banca non DISPONGA (sceglierei questo) / DISPONE / DISPORREBBE de facto della possibilità di esercitare un’azione di rimborso del capitale» e, quindi, la banca SAREBBE STATA (sceglierei questo) / SIA privata del suo diritto da un giudice.
2) Il giudice relatore ha espresso il parere che egli avrebbe emesso il decreto di fissazione dell’udienza per l’esame del quesito giuridico non appena per tale procedimento fosse stato designato un collegio la cui composizione non SAREBBE STATA (così io) / FOSSE contraria alle disposizioni di cui all’articolo 379, punto 4, del k.p.c.
RISPOSTA:
La prima frase va valutata con attenzione. Innanzitutto, bisogna eliminare la virgola tra che e l’accoglimento. Per quanto riguarda i verbi delle proposizioni dipendenti, le difficoltà cominciano con si sia verificata: il passato, infatti, rende incoerenti tutte le alternative successive proposte, che collocano gli eventi nel presente, con una proiezione nel futuro. Se oggi, cioè, si argomenta che la banca si è trovata in una certa situazione in passato, allora in quella situazione non disponeva della possibilità di esercitare. Se il senso della frase è questo, allora la frase sarà costruita così: “… implicherebbe che «si sia verificata una situazione bizzarra in cui la banca non DISPONEVA de facto della possibilità di esercitare un’azione di rimborso del capitale» e, quindi, CHE la banca SIA STATA privata del suo diritto da un giudice”. L’ultima parte, si noti, si innesta come dipendente da implicherebbe, quindi ricalca la costruzione di che si sia verificata…. In alternativa, quest’ultima parte si può costruire così: “. La banca SAREBBE STATA, quindi, privata del suo diritto da un giudice”. In questo modo, la proposizione diviene una frase indipendente, in cui l’evento condizionato assume come ipotesi la proposizione ricostruita implicitamente se l’argomentazione dei convenuti fosse accolta.
Se, al contrario, il senso della frase è che la banca si troverebbe in quella situazione se l’argomentazione fosse accolta, il passato si sia verificata deve essere sostituito da si verifichi. A questo punto, tutte le tre alternative proposte per la subordinata relativa sono possibili. Tra queste preferirei dispone, visto che la relativa preferisce l’indicativo; il congiuntivo sarebbe attratto da si verifichi, il condizionale da implicherebbe. Per le ragioni spiegate sopra, l’ultima parte può essere costruita con il congiuntivo presente (sia privata), oppure, come frase indipendente, così: “. La banca SAREBBE, quindi, privata del suo diritto da un giudice”.
Nella seconda frase sono possibili entrambe le forme verbali. In astratto, la proposizione relativa si costruisce con l’indicativo, quindi il condizionale passato con la funzione di futuro nel passato è corretto; d’altro canto, la dipendenza da una proposizione al congiuntivo trapassato rende il condizionale sgradito (per quanto, ribadisco, non scorretto) e attrae fortemente verso il congiuntivo. Il congiuntivo imperfetto, del resto, può veicolare lo stesso significato del condizionale passato di passato con proiezione nella posteriorità. Entrambe le forme proposte, quindi, collocano l’essere contraria sullo stesso piano di avrebbe emesso; sarebbe anche possibile, però, collocare questa qualità sul piano del designare, con il congiuntivo trapassato non fosse stata contraria.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Ho letto il seguente periodo: “Sfido chiunque adesso mi sta leggendo e leggerà questi racconti, a non desiderare una simile avventura”. Non dovrebbe essere chiunque adesso mi stia leggendo…? Chiunque regge sia il congiuntivo che l’indicativo, ma in questo caso è pronome sia indefinito che relativo (= ‘qualunque persona che’).
RISPOSTA:
Il pronome relativo indefinito chiunque richiede effettivamente il congiuntivo; la scelta dell’indicativo è molto trascurata. Immagino che sia stata influenzata dall’indicativo futuro leggerà subito successivo, che è l’unica forma possibile per esprimere il futuro in questa frase, per cui è accettabile anche nello scritto di media formalità (l’alternativa con il congiuntivo non potrebbe assolutamente veicolare l’idea del futuro, a meno che non venga aggiunto un avverbio di tempo: chiunque adesso mi stia leggendo e legga in futuro questi racconti).
La frase presenta un’altra scelta infelice: la virgola tra la reggente (Sfido) e la completiva oggettiva (a non desiderare…). Le completive, escluse le dichiarative, non devono essere separate dalla reggente con alcun segno di punteggiatura (tranne che non ci sia in mezzo un’incidentale), allo stesso modo in cui, nella frase semplice, il verbo non deve essere separato dal complemento oggetto.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Dopo la parola giardino, alla fine del terzo verso è opportuno l’uso del punto e virgola o sarebbe stato corretto l’utilizzo dei due punti?
È facile mimare le vocazioni dell’egoismo,
basta ammutolire la coscienza e la sete va libera
come una bimba nel primo giardino;
la mano si allunga, compulsiva nel prendere,
e senza uno specchio più largo della faccia,
restano dietro persino i fanghi del rimorso.
RISPOSTA:
Entrambe le proposte sono legittime. Con il punto e virgola si separano due unità informative logicamente e sintatticamente autonome; con i due punti, invece, si introduce una conseguenza di quanto detto prima.
Raphael Merida
QUESITO:
Dopo mare e prima di che (al primo verso) è opportuno inserire la virgola (come nel testo) o sarebbe stato meglio l’uso del punto?
“Sogno il mare, che ancora mi sveli
il petto incostante, le possibilità!”
RISPOSTA:
La proposizione in questione (“che ancora mi sveli) è senza dubbio un’oggettiva introdotta dal verbo sognare, quindi prima di che non va inserita la virgola. Si può, eventualmente, spezzare la frase, ma cambiandone il significato, aggiungendo i due punti (“Sogno il mare: che ancora mi sveli…); in questo modo, quella introdotta da che è una proposizione indipendente di tipo esclamativo (segnalata, appunto, dal segno interpuntivo finale). In ogni caso, in un testo poetico la punteggiatura raramente è vincolata dalla grammatica.
Raphael Merida
QUESITO:
Ho trovato queste frasi nel libro Di chi è la colpa di Alessandro Piperno:
(1) “Io c’avevo guadagnato una Sakura acustica con la paletta in finta madreperla su cui spaccarmi i polpastrelli; lui un partner affidabile e diligente che accompagnasse i suoi assolo” (p. 33).
Il che prima di accompagnasse è evidentemente un pronome relativo, che, a mio parere, introduce una proposizione dipendente impropria, cioè una proposizione consecutiva. Possiamo, quindi, sostituirlo con tale che? L’uso dell’imperfetto congiuntivo accompagnasse per me dà una sfumatura di un’eventualità, e quindi la sfumatura per me si avvinca a quella di una proposizione finale con il verbo all’imperfetto del congiuntivo.
Se sostituissimo accompagnasse con avrebbe accompagnato sembrerebbe che l’evento successivo sia certo, non più un’eventualità; in quel caso, quindi, la proposizione relativa impropria non avrebbe più la sfumatura finale, ma avrebbe soltanto quella consecutiva: giusto?
Secondo esempio:
(2) “E dato che non c’è limite all’imprudenza, gli avevo lanciato un’occhiata che un ceffo di tale suscettibilità avrebbe di certo interpretato nel peggiore dei modi” (p. 14).
A mio parere, anche in questa frase il che è un pronome relativo, ma curiosamente Piperno ha usato avrebbe interpretato invece dell’imperfetto del congiuntivo. A mio parere qui il pronome relativo introduce ancora una proposizione relativa impropria con valore consecutivo. A differenza dell’esempio (1), però, mi dicono che interpretasse non sia ammesso. Quindi se fosse così concluderei che la proposizione impropria non può essere una finale dato che le proposizioni finali reggono sempre un verbo al congiuntivo: è giusto?
Terzo esempio:
(3) “Gli avevo lanciato un’occhiata che aprisse svariati scenari possibili (che avrebbe aperto svariati scenari possibili)”.
Mi dicono che così sia aprisse sia avrebbe aperto siano accettabili. È giusto? Se tutti e due i verbi sono corretti nell’esempio significa che la proposizione relativa potrebbe essere interpretata sia come finale sia come consecutiva?
Mi domando se sia necessario in una proposizione relativa impropria che l’oggetto a cui fa riferimento il pronome relativo sia il soggetto della dipendente per interpretare la dipendente impropria come una finale.
RISPOSTA:
La proposizione relativa nell’esempio 1 riceve effettivamente dal congiuntivo una sfumatura eventuale, che le fa prendere un significato consecutivo-finale. Quando nella reggente è descritta un’azione volontaria non è facile distinguere tra i due valori, perché l’evento descritto nella proposizione relativa può essere interpretato come la conseguenza o anche come il fine dell’azione della reggente; nella frase in questione, però, nella reggente è descritta una condizione (lui (ci aveva guadagnato) un partner), per cui si può scartare il valore finale, visto che una condizione è uno stato di fatto privo di finalità. La sostituzione di che con tale che in questo caso è possibile (con l’effetto di trasformare il che a metà tra il relativo e la congiunzione consecutiva in una congiunzione consecutiva), anche se la sintassi in questo modo diventa poco naturale; con tale sarebbe preferibile la costruzione della consecutiva con l’infinito: , tale da accompagnare i suoi assolo.
Se sostituiamo il congiuntivo imperfetto con il condizionale passato la sfumatura eventuale viene meno e l’evento descritto nella relativa diviene fattuale: con che avrebbe accompagnato i suoi assolo, quindi, si intende descrivere quello che effettivamente sarebbe successo in seguito al verificarsi della condizione della reggente, non quello che sarebbe potuto succedere come conseguenza della condizione descritta nella reggente. Lo stesso avviene se sostituiamo che con tale che: , tale che avrebbe accompagnato i suoi assolo.
Nella frase 2 il condizionale passato indica, come indicherebbe nella 1, che l’evento descritto è un fatto, non una possibilità. Va sottolineato che, trattandosi di un evento successivo, la fattualità non può che essere immaginata dal parlante, infatti nella frase si legge avrebbe di certo interpretato, cioè ‘avrebbe – io credevo in quel momento – interpretato’. Il congiuntivo imperfetto non è affatto impossibile, ma è strano: un’occhiata che un ceffo di tale suscettibilità interpretasse nel peggiore dei modi è un’occhiata lanciata con lo scopo di suscitare nel ceffo la reazione peggiore; la relativa, cioè, prende, per via del congiuntivo, il tipico significato consecutivo-finale. La stranezza dipende dal fatto che il bersaglio dell’azione (un ceffo di tale suscettibilità) è rappresentato come indeterminato, quindi l’azione sarebbe rappresentata come finalizzata a suscitare una certa reazione su un bersaglio indeterminato. La costruzione con il congiuntivo diviene del tutto regolare se si rappresenta il bersaglio come determinato; per esempio: avevo lanciato a quei due un’occhiata che interpretassero nel peggiore dei modi. L’esempio 3 funziona esattamente come il 2. Per quanto riguarda l’ultima osservazione, non è così: il relativo può avere varie funzioni nella proposizione che introduce anche quando questa ha un significato consecutivo-finale.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Vorrei sapere se nella frase che segue è consentito l’uso della virgola prima della preposizione “per”, e se non sia il caso di inserire una virgola prima del “che” (anche in relazione alla presenza o assenza del termine “altrettanto”): “Il prossimo anno segnerà l’inizio di altrettante collaborazioni che vedranno il nostro gruppo offrire servizi sempre migliori, per una crescita in linea con quelle che sono le richieste dei propri fornitori”.
RISPOSTA:
La virgola prima della subordinata introdotta da per è facoltativa; inserendola, poniamo la subordinata sullo stesso piano informativo della altre proposizioni. L’assenza o la presenza della virgola prima della proposizione relativa influisce sul significato della frase (nel primo caso si parla di relative limitative, nel secondo di relative esplicative: la rimando a quest’articolo per approfondire il tema). Nella frase esemplificata l’interpretazione più ovvia della relativa è quella limitativa perché l’informazione è determinante ai fini dell’identificazione di qualcosa.
In generale, però, l’intera frase risulta appesantita da costrutti ridondanti (quelle che sono le richieste) e da costruzioni sintattiche poco chiare (vedranno il nostro gruppo offrire servizi). Le suggerisco, quindi, una possibile riscrittura: “Il prossimo anno segnerà l’inizio di altrettante collaborazioni che permetteranno al nostro gruppo di offrire servizi migliori, per una crescita in linea con le richieste dei fornitori”.
Raphael Merida
QUESITO:
I verbi in maiuscolo nella seguente frase sono corretti?
“Se ci ferissimo in una zona remota dovremmo avere con noi un buon kit di primo soccorso, che CONTENGA quegli strumenti che ci CONSENTIREBBERO di fronteggiare anche gravi situazioni di urgenza”.
RISPOSTA:
Il congiuntivo presente contenga è adatto a esprimere l’atemporalità (o meglio la pantemporalità, ovvero l’indipendenza da coordinate temporali particolari) del processo che qualifica il kit. Si noti che il conguntivo è preferibile all’indicativo in questo caso perché l’antecedente del relativo, un buon kit, è indeterminato; se al posto di un buon kit ci fosse, per esempio, il kit, l’indicativo presente contiene sarebbe preferibile (in quel caso, però, la proposizione relativa diventerebbe automaticamente limitativa, quindi si dovrebbe anche eliminare la virgola prima del pronome relativo).
La decisione riguardo a consentirebbero è più complicata: nella frase così costruita si può usare sia questa forma sia l’indicativo presente consentono. Nel primo caso il processo è rappresentato come conseguenza di una condizione sottintesa (per esempio se si presentassero); nel secondo caso il processo è presentato come pantemporale, al pari di contenga. Rispetto a contenga, qui l’indicativo è preferibile al congiuntivo perché l’antecedente del relativo, quegli strumenti, è determinato.
Va detto, comunque, che bisogna evitare di subordinare una relativa a un’altra relativa. A questo scopo si può sostituire, per esempio, che ci consentono o che ci consentirebbero con utili a.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
“Che ore sono?” è un’interrogativa diretta.
“Dimmi che ore sono” è un’interrogativa indiretta perché dipende da una principale.
Considerate queste premesse, la frase “Mi dici che ore sono?” Oppure “Puoi dirmi che ore sono?” ha il punto interrogativo e perciò non dovrebbe essere un’interrogativa indiretta, ma allo stesso tempo dipende da una reggente. Come la si può interpretare, dunque?
Stesso problema per: “Hai visto cosa ha fatto?”.
RISPOSTA:
Nella premessa c’è una imprecisione; una volta rettificata quella la risposta risulta subito evidente. Le frasi con la proposizione interrogativa indiretta non sono interrogative indirette, ma contengono una interrogativa indiretta. La proposizione che regge l’interrogativa indiretta può ben essere una interrogativa diretta, quindi richiedere il punto interrogativo alla fine; è quello che succede in “Mi dici che ore sono?”: Mi dici? è la proposizione principale, interrogativa diretta, che regge l’interrogativa indiretta che ore sono. Il punto interrogativo, in queste frasi, è legato alla principale, non alla subordinata. Lo stesso vale per “Puoi dirmi che ore sono?” e “Hai visto cosa ha fatto?”.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
È corretto l’uso della virgola in una frase di questo tipo (dopo il verbo, prima del complemento oggetto ma in presenza di da una parte… dall’altra)?
“Il documento mostra, da una parte il tuo elaborato, dall’altra il mio”.
RISPOSTA:
La virgola va evitata, proprio perché separa il complemento oggetto dal verbo. In alternativa si può inserire la locuzione tra due virgole; a quel punto, però, per simmetria si dovrà fare lo stesso con la locuzione correlativa:
“Il documento mostra, da una parte, il tuo elaborato, dall’altra, il mio”.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
In italiano, se scriviamo la data, per esempio:
Lunedì 18 maggio 2024
dopo lunedì si mette la virgola?
RISPOSTA:
Non c’è una regola codificata per questo caso. Procedendo per analogia, potremmo assimilare la data al nome proprio di una persona: 18 maggio 2024 equivarrebbe allora al nome e cognome della persona, mentre lunedì sarebbe un’apposizione, come signor, dottor, avvocata o simili. Come in, per esempio, dottor Mario Rossi, quindi, la virgola in lunedì 18 maggio 2024 non è richiesta. Seguendo la stessa analogia, se posponiamo lunedì la virgola è necessaria: 18 maggio 2024, lunedì (come Mario Rossi, dottore).
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Queste frasi possono essere scritte in tutti i modi proposti?
“Sarebbe bello se nella vita di tutti i giorni avessimo dei motori, come quelli scacchistici, che ci indicassero / indicano / indichino sempre la mossa migliore”.
“Da quando i Fenici hanno inventato / inventarono il denaro(,) il mondo va / sta andando a rotoli”.
È possibile inserire la virgola tra parentesi?
RISPOSTA:
Nella proposizione relativa della prima frase l’indicativo presente rappresenta l’azione dell’indicare come fattuale e atemporale; la relativa, così costruita, serve esclusivamente a identificare dei motori, come se fosse un aggettivo (dei motori che ci indicano la mossa migliore = dei motori indicanti la mossa migliore). Il congiuntivo imperfetto aggiunge una sfumatura di eventualità, che viene interpretata come desiderabilità, per via della doppia attrazione esercitata dalla reggente ipotetica (se avessimo dei motori) e dalla principale, perché la relativa viene facilmente scambiata per una completiva (sarebbe bello… che ci indicassero). Il congiuntivo presente nella relativa è in teoria possibile, con lo stesso valore del congiuntivo imperfetto, ma di fatto è poco accettabile proprio a causa dell’attrazione della struttura sarebbe bello… che ci indicassero: la completiva retta da verbi o espressioni di desiderio richiede, infatti, il congiuntivo imperfetto (si veda la discussione di questa norma qui).
Nella seconda frase nella temporale è preferibile il passato prossimo, perché l’evento dell’inventare è chiaramente ancora influente sul presente; nella principale si possono usare il passato prossimo è andato, per indicare che l’evento è iniziato nel passato ma è ancora attuale, il presente, per focalizzare l’attenzione sul presente, la perifrasi progressiva sta andando, per sottolineare ulteriormente la contemporaneità tra l’enunciazione e l’andare.
L’inserimento della virgola è possibile, ma non obbligatorio. La virgola tra una subordinata anteposta alla reggente e la reggente stessa è possibile, e persino consigliabile, nel caso in cui si vogliano separare le due informazioni in modo da far risaltare ciascuna. Questa separazione sarebbe più funzionale, per la verità, se la subordinata fosse posposta: “Il mondo è andato / va / sta andando a rotoli, da quando i Fenici hanno inventato il denaro” (= “Il mondo è andato / va / sta andando a rotoli; e questo sta succedendo da quando i Fenici hanno inventato il denaro”); nel caso specifico, invece, il collegamento logico tra le informazioni instaurato proprio dalla anteposizione della subordinata è talmente forte che il segno risulta controintuitivo. Esso, però, mantiene la sua utilità dal punto di vista sintattico, perché segmenta la frase in modo chiaro.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Può essere ritenuto corretto (o almeno non scorretto) un uso della virgola dopo espressioni come a seguire e al termine?
Ad esempio: “Al termine, consegna della medaglia al vincitore”, “A seguire, assegnazione di una borsa di studio al miglior studente”.
RISPOSTA:
La virgola non è affatto scorretta; al contrario, è preferibile inserirla. In generale, i sintagmi che hanno la funzione di espansioni (ovvero contengono informazioni che non sono collegate al verbo o a un singolo argomento del verbo, ma riguardano l’intera frase) e sono inseriti all’inizio della frase vanno separati con la virgola dal resto della frase. Se, invece, le espansioni si trovano in coda, la virgola è opzionale: “Consegna della medaglia al vincitore al termine” / “Consegna della medaglia al vincitore, al termine”. L’inserimento della virgola accentua la rilevanza informativa dell’espansione. Se, infine, la frase lo consente, l’inserimento dell’espansione al centro della frase richiede tipicamente la separazione dal resto della frase con le virgole di apertura e chiusura: “La medaglia sarà consegnata, al termine, al vincitore”.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
In una comunicazione e scritta e meglio usare il presente o il futuro per riferirsi al futuro? Ad es. “I genitori possono/potranno partecipare all’iniziativa organizzata per domani, recandosi… Se per esigenze particolari non si riesce/non si dovesse riuscire a rispettare l’orario indicato, si può/potrà avvisare telefonicamente….”.
Chiedo anche se la punteggiatura va bene.
RISPOSTA:
Per descrivere un evento futuro si può ovviamente usare l’indicativo futuro; si può, però, usare anche il presente, specie in contesti informali e, nel parlato, anche mediamente formali. Il presente al posto del futuro è accettabile soprattutto nei casi in cui la nozione di futuro è affidata ad elementi esterni al verbo, per esempio espressioni di tempo (come domani nella prima parte della sua frase). Nella proposizione ipotetica della stessa frase, l’alternativa dovrebbe essere tra si riesce e si riuscirà (si dovesse riuscire è ovviamente possibile, ma non è né presente né futuro, quindi non c’entra con la domanda). Anche in questo caso, come anche nella proposizione reggente che segue l’ipotetica, la scelta del presente è possibile ma abbassa il registro.
In quanto alla punteggiatura, l’unico suggerimento che si può fare è di eliminare la virgola prima della proposizione al gerundio (domani, recandosi); tale proposizione, infatti, dovrebbe essere interpretata come strettamente connessa alla reggente, visto che presenta lo strumento con cui può realizzarsi l’evento in essa descritto (partecipare all’iniziativa).
Francesca Rodolico
Fabio Ruggiano
QUESITO:
All’interno di un opuscolo che annunciava una serie di eventi in pubblico, mi è capitato di leggere un’espressione simile a questa: “Ore 18.00 piazza Chiesa: Inizio della competizione (etc.)”.
Al riguardo, mi chiedo se siano corretti l’uso dei due punti (che, immagino, siano stati impiegati per separare la puntualizzazione del luogo da quella del rispettivo appuntamento) e l’uso del maiuscolo per la successiva parola “Inizio”.
RISPOSTA:
Di norma, i due punti separano due segmenti di testo dello stesso periodo; quel che viene dopo questo segno interpuntivo, dunque, non richiede la lettera maiuscola. Nell’esempio occorre separare non soltanto il luogo dalla descrizione dell’evento, ma anche l’ora dal luogo. Per scandire meglio le informazioni potremmo inserire un trattino (“Ore 18.00 – piazza Chiesa: inizio della competizione”) o una virgola (“Ore 18.00, piazza Chiesa: inizio della competizione”). Un altro espediente efficace consiste nell’inserimento del luogo tra parentesi tonde: “Ore 18.00 (piazza Chiesa): inizio della competizione”.
Raphael Merida
QUESITO:
Sarebbe possibile inserire una virgola tra un sostantivo e il suo aggettivo?
“Ha una bella macchina, rossa”
Oppure prima di una preposizione?
“È andato via, a casa”
RISPOSTA:
Sì, in certi contesti la virgola può dividere in più unità informative una struttura semantica altrimenti addensata in una singola unità testuale. In questo caso, l’aggettivo rossa in posizione conclusiva e separato dal nome attraverso la virgola crea un doppio fuoco informativo che mette in rilievo sia il fatto che la macchina è bella sia il fatto che la macchina è rossa.
La virgola si inserisce perfettamente anche nel secondo esempio: la separazione del sintagma preposizionale (a casa) dal resto della frase è favorita dalla posizione conclusiva del sintagma. Non avremmo potuto separare, invece, la preposizione dal nome con cui essa costituisce un sintagma (*a, casa).
Raphael Merida
QUESITO:
Vorrei sapere se una frase che comincia con “che peccato” abbia bisogno dei puntini di sospensione (tralasciando il punto esclamativo) o possa farne anche a meno. Esempi:
Che peccato dover andarmene così presto…
Che peccato sia morto così giovane…
RISPOSTA:
Che peccato! è di per sé una formula esclamativa che può indicare dolore, dispiacere o, in alcuni casi, ironia, quindi il segno interpuntivo richiesto è il punto esclamativo; in frasi che cominciano con che peccato però è possibile aggiungere i puntini di sospensione. Aggiungendoli, infatti, il discorso rimane sospeso volontariamente (in questo caso per reticenza o per un sottinteso allusivo) lasciando intendere però gli impliciti sviluppi. La prima frase può essere, per esempio, interpretata così: “Che peccato dover andarmene così presto… mi stavo proprio divertendo!”; la seconda, invece: “Che peccato sia morto così giovane… era un bravissimo ragazzo!”. Le stesse considerazioni valgono per “Che peccato…”, che lascia intendere all’interlocutore o al lettore qualcosa di non detto.
Raphael Merida
QUESITO:
Non mi è molto chiara la differenza tra i verbi essere e esserci.
Ad esempio alla domanda “C’è Mario?”, possiamo rispondere “Sì, c’è /Sì, è qui”, ma non va bene “Sì, c’è qui”, ma non capisco perchè, invece, va bene dire “C’è un uomo qui”.
RISPOSTA:
Il verbo esserci significa proprio ‘essere in luogo’, quindi l’espressione c’è qui è inutilmente ripetitiva. La ripetizione, però, è ammessa, e in certi casi necessaria, se la frase è marcata, cioè è costruita per mettere in forte evidenza una certa informazione, per segnalare il collegamento tra la frase e il resto del testo o per precisare quale sia la rilevanza della frase nel contesto situazionale. Nella frase “C’è un uomo qui”, per esempio, il parlante precisa che l’uomo si trova nello stesso luogo in cui si svolge la conversazione, perché dal suo punto di vista la presenza dell’uomo è rilevante soltanto in relazione al luogo (per esempio perché è sorpreso di trovare un uomo in quel luogo). Va detto che tale frase sarà pronunciata con una pausa prima di qui, a dimostrazione del fatto che l’informazione qui è isolata rispetto a c’è un uomo, come se fosse un elemento aggiunto a parte. Nello scritto, tale pausa può essere rappresentata con una virgola, quindi “C’è un uomo, qui”. La stessa costruzione può adattarsi a “C’è Mario, qui” soltanto in assenza della domanda precedente (“C’è Mario?”): se il parlante risponde alla domanda, non ha motivo di precisare qui, perché la presenza nel luogo è presupposta proprio nella domanda. A sua volta, la domanda può essere costruita in modo marcato: “C’è Mario, qui”, per precisare che l’interesse per la presenza di Mario è legato proprio al luogo in cui si svolge la conversazione.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
“Era uno slancio limitato, che non era collegato a quelli incondizionati di quando era giovane.”
Vi chiedo se è corretto l’uso dell’aggettivo (in questo caso “incondizionati”) dopo il dimostrativo “quelli”, che, in tale costruzione, se non vado errata assume la funzione di pronome.
Vi chiedo infine se sia possibile, per ottenere particolari effetti retorici, isolare l’aggettivo tra due virgole, creando così un inciso:
“Era uno slancio limitato, che non era collegato a quelli, incondizionati, di quando era giovane.”
“Era uno slancio limitato, che non era collegato a quelli incondizionati di quando era giovane.”
RISPOSTA:
La frase è corretta. Il referente slancio è singolare ma può capitare che un elemento anaforico (in questo caso il pronome quelli) rimandi a un referente con il quale non è grammaticalmente in accordo, senza che questo si configuri come un errore. L’aggettivo incondizionati deve accordarsi, naturalmente, con il pronome cui si riferisce, cioè quelli. Inoltre, l’aggettivo isolato tra due virgole crea una doppia focalizzazione nella sequenza narrativa. Dei due fuochi (“quelli” e “incondizionati”) il più marcato è il secondo grazie all’effetto dell’isolamento e del lavoro inferenziale a cui questo invita il lettore (gli slanci di una volta non erano semplici slanci; erano incondizionati).
Raphael Merida
QUESITO:
1) “Non riesco a crederci che sia andata così”. È corretto l’uso della particella ci oppure sarebbe più corretto usare solamente l’infinito “Non riesco a credere che …”. Perché?
2) “Se ne hai voglia, leggi questo libro”. È corretto l’uso di ne oppure sarebbe più corretto scrivere/dire “Se hai voglia…”. Qual è la differenza?
3) “In più, consiglio di dare un’occhiata, anche a questi libri”. È ammissibile la virgola dopo consiglio di dare un’occhiata oppure viola le norme della punteggiatura?
4) Dei clienti entrano in un ristorante; dovrebbero dire: “Buongiorno, siamo quattro” oppure “… siamo in quattro?” C’è una differenza?
RISPOSTA:
1) Il pronome atono ci in crederci serve ad anticipare il tema: “Non riesco a crederci che sia andata così”. La costruzione dell’enunciato con il tema isolato a destra (o a sinistra) è definita dislocazione e serve a ribadire il tema, per assicurarsi che l’interlocutore l’abbia identificato. Si tratta di un costrutto tipico del parlato o dello scritto informale.
2) Sì, è corretto. Il sostantivo voglia unito al verbo avere (“avere voglia”) richiede l’argomento di ciò di cui si ha voglia, per avere senso; deve essere seguito, quindi, dalla preposizione di (“ho voglia di”). La frase può essere infatti parafrasata come segue: “Se hai voglia di leggere, leggi questo libro”. Il ne sostituisce il complemento di tipo argomentale di leggere.
3) No, non è ammissibile. Non bisogna mai separare con una virgola il predicato dall’oggetto. In questo caso il predicato è formato dalla locuzione dare un’occhiata, facilmente parafrasabile con guardare. Questo tipo di costrutti è definito dai linguisti “a verbo supporto” (per questo argomento la rimando alla risposta Fare piacere, i verbi supporto e i verbi causativi).
4) In questo caso non esiste una regola precisa, ma potrebbe esserci una sottilissima sfumatura semantica tra le due varianti. La presenza della preposizione tra il verbo e il numerale (“siamo in quattro) sembra indicare un gruppo definito di persone, il cui numero non è casuale ma già stabilito; l’assenza della preposizione (“siamo quattro”), invece, dà l’idea di un gruppo il cui numero è variabile e in corso di definizione. La preposizione in è essenziale, infine, con i verbi diversi da essere: “Giocheremo in cinque”, “Abbiamo viaggiato in venti” ecc.
Raphael Merida
QUESITO:
Ho un dubbio sull’uso della virgola. Sono abituata a scrivere frasi del tipo “vi comunico, con grande piacere, che oggi pomeriggio…”. È corretto mettere “con grande piacere” tra le virgole? Io lo considero un inciso.
RISPOSTA:
Nel suo esempio le virgole sono corrette, così come sarebbe corretta la variante senza virgole. La scelta di separare dal nucleo della frase un complemento con funzione di espansione (con grande piacere, in questo caso) è arbitraria. Sarebbe indispensabile, invece, se l’inciso fosse composto da una subordinata che precede la proposizione principale: «Manifestando il mio grande piacere, vi comunico che…».
Raphael Merida
QUESITO:
Vorrei capire se in questo elenco («camicie a righe, a disegni, a scacchi color corallo e verde mela e lavanda e arancione chiaro, coi monogrammi in indaco») le due coppie di colori – corallo e verde mela, lavanda e arancione chiaro – sono riferite soltanto alle camicie a scacchi o all’intero elenco di camicie. E, nel secondo, caso se a tutt’e tre i tipi di camicia.
Questa citazione è tratta da “Il grande Gatsby”.
RISPOSTA:
Il dubbio può essere sciolto controllando la versione originale del testo: «shirts with stripes and scrolls and plaids in coral and apple-green and lavender and faint orange, with monograms of Indian blue». Stando al testo in inglese, sarei orientato ad affermare che i colori non si riferiscono necessariamente ai tipi di camicie descritti prima; lo si deduce dalle preposizioni che seguono la parola shirts ‘camicie’: with, in e dopo ancora with. Si suppone, quindi, che le camicie siano di vario genere (a righe e a disegni e a scacchi) e di vari colori (color corallo e verde-mela e lavanda e arancione chiaro). La presenza della virgola prima di with monograms (coi monogrammi in indaco) mi pare dimostri quasi sicuramente il riferimento dei monogrammi a tutti i tipi di camicia. Del resto, una persona cifra tutte le camicie (per marcarne l’appartenenza e l’identità), non solo un certo tipo. Sia i colori sia il monogramma, quindi, si riferiscono, a mio modo di vedere, a tutte le camicie, non soltanto a quelle a scacchi.
La traduzione in italiano, pur fedele, rende meno tutta la distinzione che, invece, si nota meglio nel testo originale (anche se l’assenza della virgola dopo plaids lascia un certo margine di ambiguità). La differenza fra testo originale e traduzione risiede nel modo di elencare: il primo per polisindeto, cioè attraverso l’accumulo della congiunzione and (e); il secondo per asindeto nella prima parte (a righe, a disegni, a scacchi) e per polisindeto nella seconda (color corallo e verde-mela e lavanda e arancione chiaro). L’elencazione per polisindeto rallenta la prosa, quella per asindeto, al contrario, la velocizza.
Raphael Merida
QUESITO:
La lineetta, come nel caso della parentesi, va posta due volte, all’inizio e alla fine di un inciso anche nel caso in cui dopo si trovi il punto, oppure può bastare anche una volta sola?
- Mi fece sedere e mi mostrò le sue camicie – rosse, marroni e verdi –.
- Mi fece sedere e mi mostrò le sue camicie – rosse, marroni e verdi.
Inoltre, in ambito digitale, la lineetta a quale segno corrisponde? Escludendo il trattino breve, rimangono questi due: (–), (—).
RISPOSTA:
La lineetta, o trattino lungo, è un segno grafico che insieme alle parentesi e alle virgole correlative provocano discontinuità nell’enunciazione. È possibile che un inciso o una parentetica inseriti alla fine della frase siano introdotti da una lineetta priva della lineetta di chiusura (assorbita comunque dal segno di fine frase, per esempio il punto fermo), come nella frase 2. In questi casi, solitamente si preferiscono le parentesi tonde alle lineette: «Mi fece sedere e mi mostrò le sue camicie (rosse, marrone e verdi).» con il punto dopo la parentesi di chiusura.
In ambito digitale la lineetta corrisponde al segno (–).
Raphael Merida
QUESITO:
Vorrei sapere se in queste due frasi è possibile inserire (oppure omettere) la virgola:
- «Questo inoppugnabile assioma, proprio di ogni cittadino di un Paese sviluppato(,) e costato all’umanità sangue, lotte e sofferenze, […]».
C’è il rischio che “costato” venga inteso per il Paese e non per l’umanità?
- «È esattamente nelle questioni forse “banali” e riguardanti la scelta da parte dell’individuo (,) che raggiunge la sua massima potenza giuridica.»
C’è il rischio che senza la virgola si confonda il senso della frase (“riguardanti la scelta da parte dell’individuo che raggiunge”), che insomma sia l’individuo a raggiungere la sua massima potenza giuridica e non l’assioma (come invece vorrei fare intendere)?
Inoltre, vorrei sapere se, quando la virgola viene aggiunta prima di e in frasi che hanno il soggetto diverso e sono distanti per contenuto e grammatica («eravamo arrivati puntuali, e Maria avrebbe voluto essere con i suoi amici al bar»), possa essere anche omessa: «eravamo arrivati puntuali e Maria avrebbe voluto essere con i suoi amici al bar».
RISPOSTA:
Suppongo che le due frasi da lei esemplificate facciano parte di un unico periodo, cioè: «Questo inoppugnabile assioma, proprio di ogni cittadino di un Paese sviluppato (,) e costato all’umanità sangue, lotte e sofferenze, è esattamente nelle questioni forse “banali” (,) e riguardanti la scelta da parte dell’individuo che raggiunge la sua massima potenza giuridica».
La presenza della virgola prima di e costato non è indispensabile ma produce una sfumatura di significato diversa perché mette sullo stesso livello entrambe le unità informative («proprio di ogni cittadino di un Paese sviluppato» e «costato all’umanità sangue, lotte e sofferenze»); anche senza la virgola però non c’è il pericolo di confondersi perché il participiocostato fa riferimento ad assioma e poi ad umanità mentre sviluppato è soltanto l’aggettivo di Paese. La verifica è semplice perché basta aggiungere il verbo per capire che si tratta di due subordinate alla principale: «Questo inoppugnabile assioma, che [l’assioma] è proprio…, e che [l’assioma] è costato…».
Nel secondo caso non va inserita la virgola perché la proposizione introdotta da che («che raggiunge la sua massima potenza giuridica») è una completiva e si riferisce naturalmente alla reggente («Questo inoppugnabile assioma è nelle questioni banali»); si può inserire la virgola soltanto se si mette per inciso (quindi fra due virgole) la proposizione «…, riguardanti la scelta da parte dell’individuo, …».
Sull’uso della virgola prima della congiunzione e, e in generale sugli usi della punteggiatura, non esistono delle regole ferree. Nel caso di «Eravamo arrivati puntuali e Maria avrebbe voluto essere con i suoi amici al bar» il soggetto della coordinata diverso rispetto a quello della reggente rappresenta un segnale di autonomia. La frase, quindi, può ammettere anche la virgola.
Raphael Merida
QUESITO:
Gradirei sapere se dopo le classiche affermazioni poste a fine lettera, per esempio «distinti saluti», «cordiali saluti», «grazie per l’attenzione» eccetera, è bene far seguire un punto prima del nome (per esempio: «Distinti saluti.
Mario Rossi») oppure se questo può essere omesso (per esempio: «Distinti saluti
Mario Rossi»), oppure se si può ricorrere anche alla virgola (per esempio: «Distinti saluti,
Mario Rossi»).
RISPOSTA:
La sua domanda affligge molti scriventi, evidentemente ormai disavvezzi alla corrispondenza tradizionalmente intesa. Nella quale sono ammesse tutte e le tre le soluzioni da lei prospettate, anche se quella con il punto è decisamente la più moderna e mai, o quasi mai, contemplata in passato. Quindi è anche da ritenersi la meno formale, in quanto meno in linea con la tradizione. Per il resto, oggi si tende all’uso maggioritario della virgola, che è anche la soluzione suggerita da vari manuali di bon ton scrittorio (per es. quelli della fortunata coppia di linguisti Valeria Della Valle e Giuseppe Patota). Invece in passato (fino almeno alla metà del Novecento) la tradizione escludeva qualunque segno di punteggiatura, tra i saluti e la firma, giacché il solo a capo con spazio bianco costituiva una evidente separazione tra le due sezioni. E quindi:
Cordiali saluti
Fabio Rossi (senza né virgola, né punto, ma con un solo a capo seguito o no da uno spazio bianco).
Fabio Rossi
QUESITO:
Scritta così, questa frase «Dovresti aiutarmi, non chiudermi la porta in faccia», vuol dire: «Dovresti aiutarmi, non, invece chiudermi la porta in faccia» (insomma, esprimere un giudizio), oppure può essere interpretata come una frase esortativa: «Non chiudermi la porta in faccia! Devi aiutarmi»? C’è il rischio di fare confusione?
RISPOSTA:
Non c’è il rischio di confondersi perché, come nota lei, per avere la sfumatura esortativa dovremmo scrivere la frase in un altro modo. Tra le due proposizioni “Dovresti aiutarmi” e “non chiudermi la porta in faccia”, unite per asindeto dalla virgola, c’è una relazione di opposizione (o di sostituzione) interpretabile come: “Dovresti aiutarmi, non, invece, chiudermi la porta in faccia”.
Raphael Merida
QUESITO:
Le proposizioni relative nelle frasi di seguito sono limitative o esplicative? La virgola serve oppure no? In certi casi potrebbe essere utile un “rinforzo” pronominale per il che?
1a) Queste sono le sue parole(,) su cui vorrei soffermarmi.
1b) Queste sono le sue parole, quelle su cui vorrei soffermarmi.
2a) Ho dovuto accettare le sue ragioni(,) che non condivido.
2b) Ho dovuto accettare le sue ragioni, quelle che non condivido.
3a) Ero attratta dal suo ragionamento(,) che mi trasportava nei luoghi in cui amavo perdermi.
3b) Ero attratta dal suo ragionamento, quello che mi trasportava nei luoghi in cui amavo perdermi.
RISPOSTA:
Tutte le frasi proposte sono possibili; in esse le relative sono costruite prima come limitative (che non richiedono la virgola), poi come esplicative, e questo cambiamento influisce sul significato della frase. Nella prima coppia, per esempio, la variante a indica che il soggetto vuole soffermarsi su alcune parole proferite da qualcuno; la variante b prima presenta le parole, poi indica che il soggetto vuole soffermarsi sulle parole presentate. L’inserimento del pronome dimostrativo nelle relative esplicative, possibile ma non necessario, ha l’effetto di separare ancora più nettamente le subordinate dalle reggenti.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Vi propongo un dubbio di punteggiatura riguardante il titolo di un libro: “Ultima fermata Parma”. Mi chiedo se fra fermata e Parma sia preferibile collocare due punti oppure una virgola.
RISPOSTA:
I titoli come quello da lei proposto sono frasi nominali; l’assenza di un verbo rende difficilmente applicabili le comuni regole sintattiche, comprese quelle sulla punteggiatura, e configura la frase come un enunciato, unità comunicativa in cui emergono le esigenze testuali, legate alla segnalazione del ruolo informativo dei costituenti. Nel caso specifico Ultima fermata rappresenta il tema, o topic, dell’enunciato, mentre Parma ne è il rema, o comment; in altre parole, nell’enunciato viene introdotto un elemento, il topic, intorno al quale viene aggiunta un’informazione, il comment. La distinzione tra topic e comment nel parlato è affidata a una pausa, tipicamente accompagnata da un’intonazione specifica per l’uno e l’altro costituente: il topic sarà pronunciato con un andamento prosodico verso l’acuto sulla sillaba tonica, subito prima della pausa, quindi il rema avrà un’intonazione conclusiva. In questo quadro le soluzioni interpuntive sono varie: è possibile non inserire alcun segno, lasciando che la distinzione emerga da sé nella lettura, oppure si possono inserire una virgola o i due punti. Con la virgola si segnala soltanto la separazione, presentando il comment come aggiunto al topic; con i due punti si suggerisce un dettaglio in più (che tutto sommato è ricavabile anche con la virgola, ma con un piccolo sforzo interpretativo del lettore), cioè che il comment veicola una spiegazione, una chiave di lettura del valore del topic. Ovviamente con questa soluzione lo scrivente sottolinea che il lettore abbia bisogno di questo tipo di istruzione, quindi lo invita apertamente a riconoscere il rapporto tra i costituenti come carico di un implicito da scoprire.
Si può, infine, usare anche il punto fermo, con la conseguenza di creare due enunciati, quindi di dare la funzione di comment a entrambi i costituenti.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Vorrei sapere se le due soluzioni indicate più sotto sono, per motivi di registro, ammissibili.
1) Esserci impegnate / 2) Essersi impegnate.
Cerco di contestualizzare.
Un gruppo di studentesse contesta una valutazione da parte di un’insegnante. Una di esse, a nome del gruppo, si pronuncia in questi termini:
“Prendiamo atto che (l’)esserci/essersi impegnate al massimo e (l’)aver applicato, laddove possibile, gli insegnamenti ricevuti nel corso del tempo, non è bastato per ottenere una valutazione almeno sufficiente” (ho incluso l’articolo determinativo tra parentesi perché credo che il parlante possa liberamente decidere se esplicitarlo od ometterlo).
Vorrei inoltre domandarvi se, modificando dati elementi della costruzione ed esulando dal caso specifico, si possa “spersonalizzare” il concetto, creando così una sorta di “causa-effetto” generale:
“Prendiamo atto che (l’)essersi impegnati [non più femminile plurale, ma maschile] al massimo e (l’) aver applicato gli insegnamenti ricevuti negli anni, potrebbe non bastare per ottenere una valutazione sufficiente”.
RISPOSTA:
L’espressione da lei evidenziata si trova all’interno di una proposizione subordinata soggettiva retta dall’oggettiva non è bastato, che è impersonale; se la soggettiva condivide lo stesso soggetto della reggente essa deve essere ugualmente impersonale, quindi deve prendere la forma essersi impegnato, con il pronome si e il participio al singolare maschile. Tale soluzione risulta doppiamente controintuitiva, perché il soggetto logico è plurale e di sesso femminile (anche se il costrutto è grammaticalmente impersonale) e perché la proposizione che regge l’oggettiva è a sua volta dipendente dalla principale (per giunta collocata subito alla sinistra della soggettiva) costruita con il soggetto noi. Ne deriva un comprensibile rifiuto della forma che sarebbe corretta. Le alternative a questa soluzione sono: 1. la forma essersi impegnate, che a rigore è scorretta, perché è per metà impersonale (l’infinito essersi) e per metà personale (il participio concordato con il soggetto logico plurale femminile); 2. la forma esserci impegnate, che è internamente ben formata, ma sintatticamente scorretta perché costruisce la proposizione dipendente da una proposizione impersonale con un soggetto logico personale; 3. la costruzione personale, ma esplicita, della soggettiva: che ci siamo impegnate, corretta da tutti i punti di vista ma resa impossibile dalla coincidenza della presenza di un altro che subito prima (“Prendiamo atto che che ci siamo impegnate al massimo…”). Insomma, presupponendo di voler scartare la costruzione impersonale essersi impegnato e l’alternativa 3, bisogna ammettere che scegliere una delle altre due comporta una scorrettezza tutto sommato veniale; in particolare la soluzione 2 sarebbe la più facilmente giustificabile, vista la costruzione personale della proposizione principale. Una soluzione del tutto corretta e priva di controindicazioni è ovviamente possibile, ma comporta una riorganizzazione sintattica della frase; per esempio: “Prendiamo atto che non è bastato che ci siamo impegnate al massimo e abbiamo applicato, laddove possibile, gli insegnamenti ricevuti nel corso del tempo per ottenere una valutazione almeno sufficiente”, oppure “Prendiamo atto che non è bastato il nostro massimo impegno e l’applicazione, laddove sia stata possibile, degli insegnamenti ricevuti nel corso del tempo per ottenere una valutazione almeno sufficiente” (che ha il vantaggio di evitare la sgradevole ripetizione di che a breve distanza).
A margine aggiungo che la virgola tra tempo e non non è richiesta, e anzi è al limite dell’errore, perché separa due parti non separabili della frase (prendiamo atto che… non è bastato) per il solo fatto che si trovano collocate a distanza.
In ultimo, la sua ipotesi di “spersonalizzazione” è valida, purché la forma sia quella corretta, ovvero essersi impegnato.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Tutte queste frasi e alternative sono corrette?
“Mi ha chiesto che cosa significasse quel gesto”
“Mi ha chiesto che cosa significhi quel gesto”
“Mi ha chiesto che cosa significherebbe quel gesto”
“Mi ha chiesto che cosa significa quel gesto”
“Un bambino che legga / leggesse / legge per bene una enciclopedia(,) imparerebbe tutto ciò che una scuola può / potesse / possa / potrebbe offrirgli”.
“Un amico che diffami / diffama / diffamasse non è / sarebbe un buon amico”.
Attenendomi, per esempio, a queste tabelle della “Treccani”, una frase del genere sarebbe agrammaticale: “Credo che l’avesse visto”?
A che attenersi per sapere se si sta (o stia?) costruendo una frase che rispetta (o rispetti?) la concordanza dei tempi verbali?
RISPOSTA:
Tutte le varianti dei tre gruppi sono corrette. Nel primo gruppo la subordinata è una interrogativa indiretta, che è strettamente vincolata alla consecutio temporum; non tutte le varianti presentate, però, hanno a che fare direttamente con il sistema della consecutio. Le varianti con significa / significhi sono semanticamente equivalenti; in questo caso la differenza tra l’indicativo e il congiuntivo è di tipo diafasico, cioè di registro (lo stesso vale per sta / stia e rispetta / rispetti della frase finale della sua domanda). Quella con il condizionale contiene, ovviamente, una sfumatura di condizionalità; presuppone, cioè, che ci sia una condizione (espressa altrove o implicita) per l’avverarsi dell’evento del significare (per esempio “…che cosa significherebbe quel gesto se lui lo facesse“). In alternativa (ma la corretta interpretazione dipende dal contesto), il condizionale può essere interpretato come un segnale di cortesia, ovvero come una variante indiretta di significa. Per quanto riguarda la consecutio temporum, queste tre varianti esprimono tutte la contemporaneità con il presente; il passato prossimo (qui ha chiesto), infatti, può funzionare da passato ma anche da presente, se descrive un evento che è ancora in corso (ha chiesto comporta che la domanda è ancora valida nel momento in cui l’emittente parla). Diversamente da queste tre, la variante all’imperfetto esprime (anche qui l’interpretazione dipende dal contesto) la contemporaneità con il passato, l’anteriorità rispetto al presente o anche l’anteriorità rispetto al passato; per esempio “L’ho incontrato ieri e mi ha chiesto (passato) che cosa significasse (contemporaneità con il passato) il nostro incontro”; “L’ho appena incontrato e mi ha chiesto (domanda ancora valida = presente) che cosa significasse il mio discorso di ieri (anteriorità rispetto al presente)”; “L’ho incontrato ieri e mi ha chiesto (passato) che cosa significasse (anteriorità rispetto al passato) il mio discorso del giorno prima”.
La seconda e la terza frase contengono subordinate relative, che non sono strettamente legate alla consecutio temporum; le varianti legge / legga funzionano come significa / significhi del gruppo precedente; leggesse qui non è interpretabile come passato, per via del verbo della reggente (imparerebbe), che è presente; esso va, quindi, interpretato come una variante di legga favorita dalla sovrapposizione del modello del periodo ipotetico: che leggesse …imparerebbe = se leggesse …imparerebbe. Si noti che se il verbo della reggente fosse passato, leggesse sarebbe interpretato come passato (per esempio “Un bambino che cinquant’anni fa leggesse per bene una enciclopedia avrebbe imparato…”).
Per “…tutto ciò che una scuola può / potesse / possa / potrebbe offrirgli” vale quanto appena detto, tranne che qui è ammesso sia il congiuntivo imperfetto, con la stessa sfumatura ipotetica della prima relativa, sia il condizionale presente (non ammesso nella prima relativa per via della sovrapposizione del modello del periodo ipotetico), attratto dal condizionale della proposizione reggente. A margine sottolineo che la virgola tra enciclopedia e imparerebbe non va inserita, perché si configurerebbe come virgola tra il soggetto (Un bambino che legga / leggesse / legge per bene una enciclopedia) e il verbo.
Per la relativa della terza frase vale tutto quello che è stato detto per la prima relativa della seconda. Chiaramente, se si opta per diffamasse la reggente prenderà il condizionale sarebbe per via della sovrapposizione del modello del periodo ipotetico.
La frase “Credo che l’avesse visto” non è affatto agrammaticale, ma descrive una situazione in cui un parlante riferisce di un evento passato precedente un altro; per esempio “Luca ieri è rimasto a guardare il film per pura gentilezza; credo che l’avesse già visto”. Lo schema presentato nella pagina a cui lei rimanda contiene soltanto i casi più comuni di relazione temporale tra reggente e subordinata completiva; i tanti casi non contemplati non sono esclusi, ma solo tralasciati per brevità. Sulla consecutio temporum in generale rimando alle tante risposte dell’Archivio di DICO che contengono la parola consecutio; in particolare la scelta dei tempi nelle relative è al centro di questa.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Vi propongo un altro quesito.
- Cercò di riattivare una memoria/quella memoria che non gli venne in soccorso.
Domando se sia normale (e anche corretto), in questo caso, sostituire l’articolo determinativo “la” o con l’indeterminativo o con l’aggettivo dimostrativo. È evidente che la “memoria” sia sempre e soltanto una, non necessitando dunque di essere distinta da altre; mi sembra tuttavia che, nell’esempio segnalato, l’articolo indeterminativo o l’aggettivo dimostrativo si prestassero bene al legame con la proposizione successiva.
Il concetto si sarebbe potuto formulare, a mio avviso, anche mantenendo l’articolo determinativo e lavorando con la punteggiatura:
- Cercò di riattivare la memoria, che (però) non gli venne in soccorso.
- Cercò di riattivare la memoria. Che (però) non gli venne in soccorso.
Ma mi sento più incline verso le prime due soluzioni.
Nella speranza di aver espresso chiaramente il fulcro della questione, nonché le ragioni che mi hanno spinta a operare le scelte sopraindicate, vi ringrazio di nuovo per la vostra preziosa attenzione.
RISPOSTA:
Sia l’articolo (determinativo o indeterminativo) sia l’aggettivo dimostrativo svolgono la funzione di determinante, cioè servono a meglio circoscrivere il senso e l’ambito dei nomi che precedono, per es. specificando se indicano elementi generici, categorie astratte, elementi di un insieme, elementi già nominati o mai nominati prima, noti o ignoti all’interlocutore ecc. Con termini come memoria, che indicano elementi non numerabili, non è frequente l’articolo indeterminativo, se non in casi particolari («ha una memoria eccezionale»). Nella sua frase 1 quindi opterei per l’articolo determinativo la, preferibile anche rispetto a quella, perché il valore forico (cioè la memoria ripresa subito dopo tramite il pronome relativo che) è già reso dall’articolo determinativo. Non a caso, infatti, l’articolo determinativo italiano deriva proprio da un dimostrativo (latino): ILLAM (o, al maschile, ILLUM). Le alternative interpuntive proposte sono altrettanto corrette, ma non indispensabili, a meno che non si voglia sottolineare il fatto che (la memoria) non venga in soccorso. Del resto, come giustamente osserva lei, la memoria è sempre una, e dunque qui non ha senso la distinzione tra relativa limitativa (senza virgola) o esplicativa (con la virgola). Pertanto la presenza o no di un segno interpuntivo che distacchi la subordinata relativa dalla reggente è dovuta soltanto all’esigenza di conferire maggiore autonomia (e dunque rilievo semantico) al mancato soccorso della memoria.
Fabio Rossi
QUESITO:
Il testo che segue è la parte di una favola. Vorrei sapere se la punteggiatura e i verbi sono corretti:
«In una grande prateria ci vivevano bufali, cavalli e insetti. Tra questi un bellissimo bufalo: forte, bello, veloce… Però con tutte queste qualità era diventato superbo, si credeva chissà chi è proprio per questo non gli parlava più nessuno.
Un giorno un insetto decise di sfidare il bufalo e gli disse: “Sei così lento che non riesci a prendermi!”. Perciò il bufalo si arrabbiò, prese una rincorsa molto lunga e fece uno scatto che però finì male, infatti, il piccolo insetto si era messo davanti a un albero che così appena gli sarebbe venuto incontro, sarebbe bastato spostarsi e si sarebbe preso una botta/crapata e così andò».
RISPOSTA:
In brano presenta svariate inesattezze, che commenterò sotto.
«In una grande prateria ci vivevano [il ci è pleonastico: indica infatti il complemento di luogo già espresso da in una grande prateria; ci va dunque eliminato] bufali, cavalli e insetti. Tra questi un bellissimo bufalo: forte, bello, veloce… [eviterei i due punti che spezzano inutilmente il discorso; li sostituirei con una virgola] Però con tutte queste qualità era diventato superbo, si credeva chissà chi è [refuso per e congiunzione] proprio per questo non gli parlava più nessuno.
Un giorno un insetto decise di sfidare il bufalo e gli disse: “Sei così lento che non riesci a prendermi!”. Perciò il bufalo si arrabbiò, prese una rincorsa molto lunga e fece uno scatto che però finì male, [prima di infatti va un segno di punteggiatura forte, come un punto e virgola] infatti, il piccolo insetto si era messo davanti a un albero che [eliminare il che e aggiungere due punti] così [virgola] appena gli sarebbe [fosse: qui il condizionale è sbagliato perché è come se fosse un periodo ipotetico: se gli fosse venuto incontro, sarebbe bastato…] venuto incontro, sarebbe bastato spostarsi e [manca il soggetto, altrimenti il lettore crede che si tratti sempre dell’insetto, mentre invece qui il soggetto cambia ed è il bufalo] si sarebbe preso una botta/crapata [crapata è troppo informale/regionale e stona in un racconto; anche il generico botta non è il massimo; meglio testata, o gran testata, seguito da un punto] e così andò».
Quindi il brano corretto sarebbe come segue:
«In una grande prateria vivevano bufali, cavalli e insetti. Tra questi un bellissimo bufalo, forte, bello, veloce… Però con tutte queste qualità era diventato superbo, si credeva chissà chi e proprio per questo non gli parlava più nessuno.
Un giorno un insetto decise di sfidare il bufalo e gli disse: “Sei così lento che non riesci a prendermi!”. Perciò il bufalo si arrabbiò, prese una rincorsa molto lunga e fece uno scatto che però finì male; infatti, il piccolo insetto si era messo davanti a un albero: così, appena gli fosse venuto incontro, sarebbe bastato spostarsi e il bufalo si sarebbe preso una gran testata. E così andò». Oppure: «così, appena il bufalo gli fosse venuto incontro, sarebbe bastato spostarsi e quello si sarebbe preso una gran testata».
Fabio Rossi
QUESITO:
Quando scrivo utilizzo molto spesso la virgola insieme alla congiunzione, sempre con una specifica motivazione determinata dal senso che desidero attribuire alla frase. Talvolta, nemmeno così raramente, mi capita di usare la virgola anche negli elenchi in cui è presente una “e”.
Mi sento spesso dire che non so scrivere, che non conosco l’uso della punteggiatura. Solitamente sorrido, ascolto, mi stanco. Mi piacerebbe capire se ho torto, ed ammettere i miei limiti.
Faccio degli esempi: “pane, pasta, e pomodoro” ha un significato diverso da “pane, pasta e pomodoro”. Lo stesso vale anche per “l’amava, e l’odiava”. Anche questa espressione è diversa e differente da “l’amava e l’odiava”. Così “Dio, patria e famiglia” non è esattamente lo stesso di “Dio, patria, e famiglia”. Giusto?
RISPOSTA:
Ha ragione lei su tutta la linea: questa del divieto della virgola prima della congiunzione è una delle tante regole di fantagrammatica (come la chiama Sgroi, o, per essere più generosi, di norma sommersa, come la chiama Serianni) inventate senza alcuna ragione dai maestri di scuola. A volte l’errore, come in molti dei suoi begli esempi, è proprio nel non metterla, la virgola prima della e.
Fabio Rossi
QUESITO:
Vorrei sapere se nel seguente testo è corretto l’uso dei verbi e della punteggiatura: 1) «Ci siamo incontrati al corso di musica quando avevano tre o quattro anni: al primo impatto volevo stargli alla larga, perché era scatenato quasi come le persone che entrano in campo da calcio durante una partita. Con il passare delle lezioni capii (ho capito) che era un bravo bambino ed è da lì che diventammo (siamo diventati) amici».
Inoltre è meglio scrivere: 2) «oltre ad essere/oltre a essere»; 3) «io sto/sono simpatico a lui e viceversa»?
RISPOSTA:
1) Tutto corretto, sia al passato remoto sia al prossimo, e con la giusta punteggiatura. In alternativa ai due punti si possono usare il punto e virgola o il punto. 2) Del tutto equivalenti. 3) Sono è la scelta più formale.
Fabio Rossi
QUESITO:
Vorrei sapere se le seguenti frasi sono corrette e ben scritte, e se non lo sono, perché. Tra parentesi inserisco i punti che mi interessano:
1) Avere un’amica, come riteneva necessaria la madre, ecc. (necessaria)
2) Chi è senza, non usa le dovute maniere. (La virgola).
3) Piuttosto che: “Il lavoro nobilita l’uomo”, dovresti dire ecc. (Il “piuttosto che” con discorso diretto)
4) La scuola non solo ti insegna tante cose, ma ti dà la possibilità di conoscere tante persone. (Nessuna virgola dopo “scuola”).
5) Gli uomini hanno costruito le strade per spostarsi. (Hanno costruito).
6) Nel mondo di oggi la vita è pervasa da ecc. (L’assenza della virgola dopo “oggi).
RISPOSTA:
Su alcune si queste abbiamo già pubblicato una risposta, ma la ripetiamo in sintesi.
1) Necessario: qui l’accordo non è con amica, ma con avere un’amica.
2) La virgola può andare, per segnalare l’ellissi, che tuttavia è strana (per l’ellissi e per l’adiacenza senza non), quindi sarebbe bene evitarla (l’ellissi e conseguentemente anche la virgola) prima di aver nominato l’oggetto in forma piena. Per esempio: «Chi è senza cappello dovrebbe indossarne uno», in questo caso senza virgola, per non separare il soggetto dal predicato.
3) Va bene ma elimini i due punti, perché non è né un vero e proprio discorso diretto (piuttosto la citazione di un proverbio) né un elenco, sibbene una frase linearizzata, senza bisogno di staccarne i costituenti.
4) Senza dubbio senza virgola: mai separare il soggetto dal predicato.
5) Corretta. Costruite sarebbe ridicolmente pomposo e arcaico.
6) Senza virgola, per carità: mai separare il soggetto…
Fabio Rossi
QUESITO:
vorrei sapere la differenza tra in frigorifero e nel frigorifero.
Inoltre, se nella frase «Chi è senza, dovrebbe indossare un cappello», la virgola sia errata.
RISPOSTA:
In è più adatto a espressioni generiche (come conservare in frigorifero, da tenere in frigorifero, mettere la spesa in frigorifero), mentre nel è più indicato per espressioni specifiche, in cui si sottolinei il luogo o l’azione di riporre qualcosa di specifico nel luogo: ho messo il latte nel frigorifero (ma anche in frigorifero); nel frigorifero non c’è niente (ma anche in frigorifero) ecc. Come vede dagli esempi, in (in quanto più generico) è molto più comune di nel, che invece è usato in un numero minore di frasi: nessuno direbbe mai (o quasi) il vino bianco va tenuto nel frigorifero. Una piccola prova di frequenza relativa: in Google adesso in frigorifero conta oltre 6 milioni di occorrenze, a fronte delle 277 mila di nel frigorifero.
La frase da lei segnalata si può scrivere con o senza la virgola; anche se sarebbe più elegante e più chiaro fare l’ellissi dopo (e non prima) che si è nominato l’elemento pieno: «Chi è senza cappello dovrebbe indossarlo» (oppure «indossarne uno»), che è meglio scrivere senza virgola. Nel primo caso la virgola può andare (pur contravvenendo alla regola di non separare mai il soggetto dal predicato) proprio per arginare la stranezza dell’adiacenza di senza con dovrebbe e segnalare dunque una forte ellissi.
Fabio Rossi
Quesito:
Vorrei sapere se, dopo i due punti, sono richieste le virgolette anche se non viene riportato il discorso di una persona diversa dallo scrivente. Per esempio: gli dissi: il tuo discorso non lo condivido.
Risposta:
No, non sono obbligatorie. Dipende se si vuole sottolineare il tono dialogico (quasi teatrale), oppure ci si concentra soltanto sul contenuto delle parole dette. In quest’ultimo caso, naturalmente, c’è sempre la possibilità di usare anche il discorso indiretto: gli dissi che non condividevo il suo discorso.
Fabio Rossi
QUESITO:
Vorrei sapere se con piuttosto che si possano usare i due punti, come nel caso: «Piuttosto che: “L’occasione fa l’uomo ladro”, si dovrebbe dire…».
Inoltre, se nella frase “Avere un’amica, come riteneva necessaria la madre”, sia giusto mettere “necessaria” e non “necessario”.
RISPOSTA:
No, nel primo caso non si tratta di un elenco, ma di una frase legata, che come tale non richiede i due punti.
Nel secondo caso, l’accordo corretto è al maschile (necessario), perché l’aggettivo non si riferisce all’amica, bensì all’azione (e alla proposizione) avere un’amica.
Fabio Rossi
QUESITO:
Vorrei sapere se sia sempre errato inserire una virgola prima o dopo un complemento («Hai lasciato altre cose in macchina», «Qui, nevica», «Parte anche lui dall’Australia, per poi arrivare in Cambogia», «Con il vocativo, ci va la virgola», «Andrò in Svizzera, partendo dalla Germania, ecc.), oppure prima del che («L’automobile di Luca è un vecchio catorcio, che quindi a volte può avere dei problemi»).
Mentre sono certo che una frase del genere è agrammaticale: «Il gatto di Luca, è un persiano.», «È un persiano, il gatto di Luca.»
RISPOSTA:
L’uso della punteggiatura, poco sistematico nelle trattazioni grammaticali, risponde a una molteplicità di funzioni, almeno sintattiche, pragmatiche, testuali, espressive, stilistiche, mimetiche dell’intonazione.
Quindi in molti degli esempi da lei riportati la virgola può esserci, oppure no, a seconda del contesto e della sfumatura pragmatico-semantica da dare al testo. Vediamoli in dettaglio.
1) «Hai lasciato altre cose, in macchina»: la presenza della virgola prima di in macchina attribuisce al sintagma il valore di informazione condivisa, per esempio perché è stata già introdotta: so che sai di aver lasciato alcune cose in macchina, ma ti faccio notare che ne hai lasciato anche altre (in macchina).
2) «Qui, nevica»: efficace nei casi di contrasto: qui, nevica, mentre da te in Sicilia immagino ci sia un sole che spacca, beato te!
3) «Parte anche lui dall’Australia, per poi arrivare in Cambogia»: la virgola prima di dall’Australia mette lui in relazione con qualcun altro che parte dall’Australia (per es. “Non saremo gli unici australiani alla riunione; domani parte anche lui, dall’Australia”).
4) «Con il vocativo, ci va la virgola»… mentre col soggetto no.
5) «Andrò in Svizzera, partendo dalla Germania»: la virgola attribuisce pari importanza a entrambe le proposizioni.
6) «L’automobile di Luca è un vecchio catorcio, che quindi a volte può avere dei problemi»: con le relative la virgola ne segnala la natura esplicativa, anziché limitativa. Cioè, se c’è la virgola la relativa aggiunge un particolare accessorio, non determinante ai fini dell’identificazione di qualcosa, come in: «La macchina, che può avere dei problemi, è di Luca»: c’è solo una macchina, che è di Luca e che può avere dei problemi; «La macchina che può avere dei problemi è di Luca»: ci sono almeno due macchine, una con problemi (e di Luca) e l’altra no.
7) «Il gatto di Luca, è un persiano»: mai separare il soggetto dal predicato con una virgola, a meno che non si voglia mettere in evidenza il soggetto, come in «È un persiano, il gatto di Luca», che va benissimo.
Fabio Rossi
QUESITO:
Vorrei sapere se le seguenti frasi sono corrette per quanto riguarda la punteggiatura e la grammatica:
– Quest’estate mi sono svegliato alle tre di mattina per andare a Linate; qui ho preso l’aereo che mi ha portato a Roma.
– Arrivati, siamo saliti su un pullman per andare in centro, dove siamo arrivati alle ore 15:00.
– La casa era poco spaziosa, però ci siamo arrangiati, perché stavamo tutto il tempo in spiaggia.
– Siamo andati in spiaggia: era vuota e il mare era calmo.
– Purtroppo di pomeriggio non c’era il problema delle meduse, ma quello dei turisti, perché arrivavano in tanti.
– L’ottavo giorno, che era il più importante, perché saremmo saliti sul vulcano.
RISPOSTA:
Sì, tutte le frasi sono perfettamente corrette, sia nella punteggiatura sia nella grammatica e nel lessico.
Naturalmente, come quasi sempre accade soprattutto con la punteggiatura, sarebbero possibili anche alternative diverse:
– Quest’estate mi sono svegliato alle tre di mattina per andare a Linate. Qui ho
preso l’aereo che mi ha portato a Roma
– Per evitare la ripetizione di arrivati, si potrebbe eliminare il primo: Siamo poi saliti su un pullman per andare in centro, dove siamo arrivati alle ore 15:00. O, ancora più agilmente: Siamo poi andati in centro in pullman. Siamo arrivati alle 15:00.
– Purtroppo di pomeriggio non c’era il problema delle meduse ma quello dei
turisti, perché arrivavano in tanti.
Fabio Rossi
QUESITO:
Volevo sapere quale delle seguenti frasi è scritta meglio dal punto di vista interpuntivo. So benissimo che non ci sono regole ferree nella punteggiatura, però volevo un vostro consiglio su quale delle due fosse migliore, come pure conoscere la differenza fra entrambe. Inoltre desideravo sapere se nei rispettivi casi fosse meglio usare il corsivo oppure le virgolette, nonché se fosse necessaria la maiuscola per il testo tra gli apici o quello scritto in corsivo. Se poi conoscete un modo migliore per formulare la frase, non esitate a suggerirmelo.
Ecco le seguenti frasi:
1) Quando hai effettuato la ricarica postepay inviami la foto della ricevuta, con su scritto a penna la seguente causale: “acquisto bitcoin da xxxx@gmail.com“
2) Quando hai effettuato la ricarica postepay, inviami la foto della ricevuta con su scritto a penna la seguente causale: “acquisto bitcoin da xxxx@gmail.com“
RISPOSTA:
Entrambe le frasi da Lei proposte vanno bene.
Nello specifico: la virgola dopo una subordinata premessa alla reggente (Quando hai effettuato la ricarica postepay,) si può mettere, ma non è mai obbligatoria. Anche la virgola prima del complemento (, con su scritto…) si può mettere o no.
In generale, la presenza delle virgole (entrambe quelle segnalate) ha come risultato quello di dare maggiore rilievo semantico, in certo qual modo maggiore autonomia, alle due componenti separate dalla virgola stessa.
Quanto all’alternativa virgolette/corsivo, decisamente meglio le virgolette, dal momento che si tratta di una citazione diretta della frase scritta o da scrivere. Il corsivo, comunque, non sarebbe del tutto errato, dal momento che segnalerebbe, metalinguisticamente, l’oggetto della citazione.
Quanto all’iniziale maiuscola o minuscola all’interno della citazione, anche in questo caso entrambe le soluzioni sarebbero accettabili: di solito si preferisce la minuscola quando la citazione è integrata sintatticamente alla frase citante (per es.: la frase “scrivi il tuo nome” è corretta), la maiuscola quando la frase citata è sintatticamente autonoma dal contesto (come nel suo caso, dopo i due punti). Un’altra ratio è quella filologica: cioè si usa la minuscola o la maiuscola a seconda che nell’originale citato (o nell’esempio fornito) vi sia, o debba esservi, la minuscola o la maiuscola.
Fabio Rossi
QUESITO:
Vorrei proporvi questa frase: “Ho avuto modo di apprezzare, oltre alla sua competenza professionale, anche la sua sensibilità”. Le due virgole che delimitano l’inciso (oltre alla sua competenza professionale) è preferibile porle oppure no? Mi faccio questa domanda perché, tolto l’inciso, la frase dovrebbe mantenere una sua scorrevolezza, ma, in questo caso, ciò non accade (ho avuto modo di apprezzare anche la sua sensibilità). Quell’anche non ci sta, acquista un senso solo In dipendenza al contenuto dell’inciso. In definitiva, in questo caso, le virgole vanno poste oppure no?
RISPOSTA:
Il sintagma va messo tra virgole; è, infatti, un’espansione e può, pertanto, prendere molte posizioni (purché, appunto, racchiusa tra virgole):
Oltre alla sua competenza professionale, ho avuto modo di apprezzare anche la sua sensibilità.
Ho avuto modo di apprezzare, oltre alla sua competenza professionale, anche la sua sensibilità.
Ho avuto modo di apprezzare anche la sua sensibilità, oltre alla sua competenza professionale.
Chiaramente, anche è inserito perché si suppone che l’espansione ci sia, qualsiasi posizione essa prenda: bisogna, quindi, distinguere il piano sintattico, sul quale la frase “Ho avuto modo di apprezzare anche la sua sensibilità” è corretta, da quello semantico, sul quale la stessa frase è leggermente strana proprio perché privata di un pezzo.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Ho scritto un altro testo dei miei e desideravo ricevere consigli in
merito alla ripresa pronominale. In particolar modo, volevo sapere quale
pronome dimostrativo fosse corretto fra *questo* e *quell*o e *lo stesso. *Io
sarei più propenso per gli ultimi due, visto che l’ultimo sintagma non è
naso, bensì* l’interno.* In più, volevo sapere se fosse corretta la
perifrasi [non so se sia giusto definirla così]* fai finta per qualche
minuto di voler infilarmici dentro. *Per quanto riguarda la punteggiatura,
volevo sapere se fosse corretta la virgola prima di *dicendomi. *Se, poi,
avete ulteriori suggerimenti in merito all’interpunzione, sarò felice di
accettarli.
“Nonostante ciò non demordi, e finalmente, dopo diversi sforzi, riesci a
catturarmi: una volta che mi hai acciuffato mi porti un’altra volta a
pochissima distanza dal tuo viso, facendomi osservare bene il tuo naso
gigantesco e, in particolar modo, l’interno di quello. Oltre a ciò, fai
finta per qualche minuto di voler infilarmici dentro. Infine – dopo avermi
stuzzicato abbastanza – ti rivolgi a me in modo minaccioso, prepotente,
deciso e sprezzante, dicendomi che non ho alcuna via di scampo e che non
posso più fuggire dalle tue grinfie”.
RISPOSTA:
Tutte le scelte sono corrette, sia la perifrasi, sia la virgola (che separa la subordinata gerundiva dalla reggente) sia quello, meglio del pesante e burocratico stesso. In realtà, il testo potrebbe essere alleggerito, dal momento che certe precisazioni lo rendono un po’ prolisso: è ovvio che l’interno sia del naso, di che altro potrebbe essere? Anche i quattro aggettivi di seguito sono decisamente troppi e inutili: la prepotenza e la decisione sono inclusi nella minaccia e nell’atteggiamento sprezzante.
Eccone una possibile scrittura alleggerita e più adatta alla narrativa:
Nonostante ciò non demordi, e finalmente, con fatica, riesci a catturarmi: dopo avermi acciuffato mi porti un’altra volta a pochissima distanza dal tuo naso gigantesco, facendomene vedere bene l’interno. Poi fai finta per qualche minuto di voler infilarmici dentro. Infine – dopo avermi stuzzicato abbastanza – ti rivolgi a me con tono minaccioso e sprezzante, dicendomi che non ho alcuna via di scampo e che non posso più fuggire dalle tue grinfie.
Fabio Rossi
QUESITO:
Desidero sottoporre alla vostra attenzione un altro testo dei miei. Volevo
sapere se questo testo fosse ben scritto (anche a livello della
punteggiatura) e se è necessario migliorare il riferimento
pronominale. Inoltre volevo sapere se nel testo si intuisce che la ragazza
si tiene il naso tappato dal momento in cui mi ci infila dentro fino a che
non raggiunge la sua abitazione. Per quanto riguarda l’ultima frase, volevo
sapere se questa fosse ben scritta, oppure se posso formularla ancora
meglio. In altre parole, ciò che voglio dire è che la ragazza fa le ultime
due azioni per tirarmi fuori dal suo naso.
*Successivamente provi ad acciuffarmi, però non ci riesci: sono troppo
piccolo. Ritenti una seconda volta e anche una terza, ma non c’è verso: è
troppo complicato per te. Tuttavia non ti arrendi, e alla fine, dopo aver
fatto quasi l’impossibile, hai successo: a questo punto usi le dita per
infilarmi nel tuo naso; dopodiché continui a tenerti sempre il naso tappato
per intrappolarmici dentro. Ormai non perdi più altro tempo ed esci di
soppiatto dal mio appartamento, e cammini a passo spedito verso casa tua:
che è lontanissima dalla mia. Non appena arrivi, entri subito in camera tua
e chiudi la porta della stanza. Adesso usi sempre le tue stesse dita per
tirarmi fuori dal tuo naso, così come provi a soffiarti, di nuovo, il naso
con la mano: una volta che mi hai espulso fuori da quello, non fai
nient’altro che posarmi con estrema delicatezza sul cuscino del tuo letto.*
Vi ringrazio come sempre per i vostri preziosi suggerimenti. Ne sto facendo
tesoro, e posso dire che grazie ai vostri consigli sto evitando un sacco di
errori. Ancora grazie per il magnifico servizio che offrite.
RISPOSTA:
I riferimenti pronominali sono corretti e quanto vuole esprimere si capisce benissimo. Forse si potrebbero migliorare un paio di cose che segnalo sotto nel testo tra parentesi quadre. Ciò che contribuirebbe a rendere il testo un po’ meno faticoso, tra l’altro, è l’eliminazione dei continui aggettivi possessivi tuo: è ovvio che una parte del corpo (naso) sia della persona di cui si fa riferimento, non c’è alcun bisogno di sottolinearlo, di norma. Questa abitudine (sbagliata) di dire continuamente mio naso, tue mani ecc. è invalsa dall’inglese (per es. del doppiaggio), in cui invece i possessivi sono sempre obbligatori: my nose, my finger, my house ecc.
Ecco qui il brano con alcune proposte di correzione:
Successivamente provi ad acciuffarmi, però non ci riesci: sono troppo piccolo. Ritenti una seconda volta e anche una terza, ma non c’è verso: è troppo complicato per te. Tuttavia non ti arrendi, e alla fine, dopo aver fatto quasi l’impossibile, hai successo: a questo punto usi le dita per infilarmi nel tuo naso [qui tuo è corretto ed efficace, perché in effetti il contesto è davvero insolito: complimenti per la vivida fantasia!]; dopodiché continui a tenerti sempre il naso tappato per intrappolarmici dentro. Ormai non perdi più altro tempo ed esci di soppiatto dal mio appartamento, e cammini a passo spedito verso casa tua: [qui sarebbe meglio una virgola al posto dei due punti] che è lontanissima dalla mia. Non appena arrivi, entri subito in camera tua e chiudi la porta della stanza. Adesso usi sempre le tue stesse dita per tirarmi fuori dal tuo [eliminare tuo: ormai è chiaro di chi sia il naso] naso, così come provi a soffiarti, di nuovo, il naso con la mano: una volta che mi hai espulso fuori da quello [da quello è inutile e pesante: eliminarlo!], non fai nient’altro che posarmi con estrema delicatezza sul cuscino del tuo [sta a casa sua, è ovvio che il letto sia il suo: eliminare suo] letto.
Fabio Rossi
QUESITO:
Vorrei esporvi queste frasi:
1)Roma, che è capitale d’Italia, è una città vicina al mare.
2)Le rendo noto che, se non salderà il suo debito, passerò a vie legali.
Sia il primo inciso (che è capitale d’Italia) che il secondo (se non salderà il suo debito), qualora vengano sottratti, permettono alla frase di avere un senso compiuto (Roma è una citta vicina al mare / le rendo noto che passerò a vie legali).
Nella prima frase, però, l’inciso dà informazioni irrilevanti rispetto al senso della frase, nella seconda, invece, l’inciso fornisce informazioni sostanziali (io passerò a vie legali solo se si realizzerà una ben precisa condizione: il suo mancato pagamento).
Mentre il primo inciso va posto sicuramente fra le virgole, il secondo non lo porrei fra di esse, perché le virgole farebbero risultare l’affermazione ” se non salderà il suo debito” come marginale, anziché di centrale importanza.
RISPOSTA:
Va distinta la funzione di inciso da quella di parentetica. Una parentetica contiene di solito, come dice lei, un’informazione marginale (“che è la capitale d’Italia”). Per inciso, invece, si intende semplicemente la collocazione dell’informazione tra due pause, o virgole, ma non la sua marginalità. Le virgole che isolano la protasi del periodo ipotetico nell’esempio “Le rendo noto che, se non salderà il suo debito, passerò a vie legali” sono necessarie (e dunque se le eliminasse commetterebbe un errore!), perché indicano la spezzatura del rapporto assai vincolante tra reggente e completiva (…rendo noto che passerò…) mediante l’intromissione della protasi del periodo ipotetico. La posizione di inciso, cioè la segnalazione di tale intromissione, non implica in alcun modo la minore importanza della protasi. Aggiungo che, qualora non vi fosse stata intromissione, e vi fosse dunque stato soltanto il periodo ipotetico, si sarebbe potuta usare la virgola oppure no (“se non salderà il suo debito[,] passerò a vie legali”) senza alcun cambiamento di significato. La virgola, infatti, in questo caso è un semplice retaggio del passato, quando si soleva separare quasi sistematicamente la premessa dalla conseguenza.
In generale, faccia attenzione a non caricare la punteggiatura di valori logicistici che le sono estranei: la virgola non indica quasi mai una riduzione di importanza (tranne, e non sempre, nel caso delle parentetiche di cui sopra), bensì denota una frattura sintattica (in molti casi), una transizione di piano testuale o informativo (cioè il passaggio da un’informazione all’altra, in molti altri casi), la riproduzione di una piccola pausa o curva intonativa (più raramente e soltanto nei testi mimetici del parlato), la messa in evidenza di un’informazione (e dunque l’esatto contrario di quel che dice lei, cioè conferisce maggiore importanza a qualcosa: “Mario, ho incontrato, non Luca”, con focalizzazione di Mario), oppure uno stilema (stile di un certo autore, consuetudine scrittoria ecc.).
Fabio Rossi
QUESITO:
Ho scritto un altro testo e volevo sapere se va migliorato il riferimento pronominale nella seconda frase, oppure se va meglio così. Se non erro, c’è un sintagma preposizionale, giusto? Quindi ho fatto bene a riprendere il sintagma in maniera piena? Poi desideravo sapere se, secondo voi, l’espressione attorno a me richiede un incasso interpuntivo, oppure se è meglio non inserire alcuna virgola.
Trascorso qualche minuto, smetti di sbavarmi attorno e ti avvicini a me scrutandomi con fare malizioso. Tutt’a un tratto cominci a metterti insistentemente le dita nel naso e a soffiarti molte volte il naso con la mano, e appiccichi intorno a me sia il tuo muco gelatinoso che le tue caccole giganti.
Nel caso in cui abbiate altri suggerimenti per migliorarlo, non esitate a correggermi.
RISPOSTA:
Il testo non presenta alcun errore né alcuna improprietà o irregolarità né di ripresa né di interpunzione.
Fabio Rossi
QUESITO:
Vi scrivo riguardo un dubbio riguardo l’uso delle virgolette a inizio frase.
Nello specifico, mi riferisco all’uso delle virgolette per enfasi, per esempio in uno scambio:
A) Non è una soluzione, è un disastro!
B) “Disastro” mi sembra un’esagerazione…
In questo caso, nella frase pronunciata da B “disastro” andrebbe scritto con la maiuscola?
RISPOSTA:
Certamente “Disastro” nel secondo turno dialogico va scritto con l’iniziale maiuscola, indipendentemente dalle virgolette, visto che si tratta della parola inziale della frase.
Le virgolette, tuttavia, in questo caso, non hanno valore di enfasi bensì metalinguistico o di citazione, cioè sono identiche al corsivo e servono soltanto a segnalare che ci si sta riferendo a una parola citata da una frase precedente, cioè, per l’appunto, la parola “disastro”.
Sarebbero virgolette d’enfasi se per caso fossero state usate nel primo turno: Non è una soluzione, è un “disastro”! E sarebbero state da evitarsi, dal momento che non c’è alcun bisogno di sottolineare una parola che ha già di per sé, in quel contesto, un chiaro valore estensivo e iperbolico.
Fabio Rossi
QUESITO:
Quando si scrive una lettera o una mail (come questa ad esempio), dopo l’intestazione, andando a capo io sono abituato a scrivere la parola successiva con prima lettera in minuscolo.
Tuttavia vedo che molti nelle lettere altamente formali procedono mettendo la lettera maiuscola.
Es: Gentile Rossi Mario,
Con la presente sono ad informarLa…
Anche in Cordiali Saluti molti mettono entrambe le parole maiuscole…
RISPOSTA:
Poche sono le regole certe sull’iniziale maiuscola; il suo uso è legato soprattutto a convenzioni più o meno stabili e deduzioni ragionevoli. A proposito delle e-mail formali, che possiamo assimilare alle lettere cartacee, iniziare il corpo della lettera, subito sotto l’intestazione, con la lettera miniscola è coerente con la presenza, alla fine dell’intestazione, della virgola, che non è seguita di norma dalla lettera maiuscola. C’è da considerare, però, l’a capo che separa l’intestazione dal corpo della lettera, tipicamente seguito dalla maiuscola. Tra le due motivazioni direi che più forte è la virgola, che implica l’iniziale minuscola; non mi sentirei, però, di condannare come scorretta l’iniziale maiuscola. Per quanto riguarda la doppia maiuscola in Cordiali Saluti (senza considerare l’eventuale precedenza del punto fermo, che ovviamente richiederebbe la maiuscola per Cordiali), siamo di fronte a un uso enfatico di questo tratto grafico, del tutto soggettivo e legato allo stile personale; si tratta di una scelta non impossibile (proprio perché l’uso della maiuscola è poco regolato), ma difficilmente giustificabile.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Ho un dubbio sull’uso della parola ore. In un elenco di attività quale forma è corretta?
• H 12.00-13.00 SAGGIO DI CHITARRA
• H 15.30 SAGGIO PIANOFORTE, ECC.
oppure
• 12.00-13.00 SAGGIO DI CHITARRA
• 15.30 SAGGIO PIANOFORTE, ECC.
Ne approfitto per chiarire un altro dubbio: se in un testo si elencano i tempi scuola di un Istituto, il titolo dovrà essere al singolare o al plurale, precisamente:
Tempo scuola / Tempi scuola
– Scuola Carducci dal lunedì al sabato dalle ore 8.00 alle 16.00
– Scuola Falcone dal lunedì al venerdì dalle ore 8.30 alle 16.30
RISPOSTA:
Per la verità nei suoi esempi la parola ore non appare, ma appare H, che sta per l’inglese hour ed è entrato stabilmente nell’uso. La presenza dell’intervallo di tempo rende non necessario specificare che si tratta, appunto, di un orario, ma niente vieta di specificarlo ugualmente, come fa lei oppure con ore 12:00-13:00 saggio di chitarra… Nella stringa 15.30 SAGGIO PIANOFORTE, ovviamente, sarebbe bene indicare anche l’orario di chiusura dell’attività. Aggiungo che negli orari in italiano si preferisce separare i minuti dalle ore non con il punto, come fa lei (uso che rimanda al mondo anglofono), ma con la virgola o i due punti.
L’espressione polirematica tempo scuola indica i limiti temporali massimi all’interno dei quali possono essere organizzati schemi orari diversi, a seconda delle attività offerte e selezionate dalle famiglie degli studenti. Ne consegue che la forma più calzante sia il singolare nel caso ci si riferisca a un istituto, plurale, ma anche singolare, se ci si riferisce a più istituti (o più plessi dello stesso istituto).
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Scrivo per chiedere se, secondo voi, nel contesto della frase sotto riportata la congiunzione ebbene ha più valore avversativo o conclusivo.
“Gli avevo chiesto se poteva farmi un favore, ebbene ha rifiutato”.
Io ritengo che abbia più un senso avversativo, è più facile sostituirla con ma, però, tuttavia rispetto che con quindi o pertanto, ma mi interessa capire anche il vostro punto di vista.
Ho consultato il dizionario Sabatini-Coletti in cui, a proposito di ebbene si legge che tale congiunzione può essere utilizzata “con valore anche avversativo, per segnalare una decisione o una circostanza contrarie all’aspettativa”. Vi è inoltre la seguente frase a mo’ di esempio: “la sua proposta è che io mi dimetta; ebbene, non ci sto”. Mi sembra molto simile a quella da me proposta: in entrambi i casi, infatti, vi sono sottese un’aspettativa (la proposta di una persona che io mi dimetta; la mia richiesta di farmi un favore) e una decisione o una circostanza contraria all’aspettativa (io non voglio dimettermi; una persona ha rifiutato la mia richiesta di favore).
RISPOSTA:
La domanda è più insidiosa di quanto sembri a prima vista. Innanzitutto escludo che ebbene sia sostituibile con tuttavia o simili, perché tale sostituzione (per quanto grammaticalmente possibile) modificherebbe il significato della frase. La frase, infatti, non mette in contrapposizione due eventi, ma presenta prima un evento e poi un altro che ne rappresenta l’esito. Il significato che tale esito sia contrario alle speranze dell’emittente non è contenuto in ebbene, ma è inferito dal ricevente sulla base della sua conoscenza del mondo: la frase “Gli avevo chiesto se poteva farmi un favore, ebbene ha accettato” sarebbe ugualmente coerente nel contesto adeguato. Dal punto di vista testuale, ebbene ha la funzione di segnale discorsivo metatestuale che serve a introdurre la conclusione di un racconto; il valore che meglio lo descrive, anche se in termini non tecnici, è pertanto quello conclusivo (ebbene si avvicina qui a insomma: “Gli avevo chiesto se poteva farmi un favore, insomma ha rifiutato”).
Possiamo considerare l’esempio del Sabatini-Coletti analogo alla sua frase; non condivido, però, l’interpretazione data dal dizionario. Aggiungo che il valore avversativo per ebbene non è menzionato né dal Sabatini-Coletti on line, né dal GRADIT, né dallo Zanichelli, né dal Devoto-Oli, né dal Dizionario Garzanti.
Sulla base dell’analisi condotta – si noti – la frase risulta formata da due enunciati giustapposti, tant’è che richiederebbe un segno di interpunzione forte prima di ebbene (… se poteva farmi un favore; ebbene, ha rifiutato o anche … se poteva farmi un favore. Ebbene, ha rifiutato), proprio come nell’esempio del Sabatini-Coletti.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
La mia domanda riguarda la traduzione del seguente testo in lingua inglese.
“Having worked with any number of students through the years, I feel that meditators should follow the breathing where it seems most vivid and comfortable to them, where it is most likely to hold their attention. None of these places will always, in every sitting, remain the most vivid. But it is important not to keep jumping from one to another, feeding an already restless mind”.
Nella frase None of this places will always, in every sitting, remain the most vivid l’avverbio always non significa ‘in tutte le sedute’, sta solo dicendo che sempre in ogni seduta accade questo? Per spiegarmi meglio, non sta spiegando tra le parentesi cosa intende per always.
RISPOSTA:
La parte tra virgole, in every sitting, contraddice il verbo remain, perché il fatto che i posti non rimarranno vividi nel ricordo riguarda certamente la vita futura oltre le sedute, non le sedute di meditazione future. La traduzione che mi sembra più plausibile è questa: “Nessuno di questi posti sperimentati nelle sedute rimane mai più vivido degli altri”.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Vorrei sapere se nella frase “L’istituto comprensivo… nelle persone della Dirigente, i docenti, il personale ATA desiderano…” è scorretto l’uso del verbo al plurale.
RISPOSTA:
Il soggetto della frase è L’istituto comprensivo, quindi il verbo va concordato al singolare. La concordanza al plurale è accettabile soltanto in un contesto informale (quale non sembra essere quello in questione). Attenzione: bisogna anche chiudere il complemento incidentale con una virgola, pertanto: “L’istituto comprensivo… nelle persone della Dirigente, i docenti, il personale ATA, desidera…”
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Ho bisogno di un chiarimento circa l’uso dei due punti e le congiunzioni. Ho letto che i due punti possono svolgere la funzione di connettivo e possono essere usati al posto di congiunzioni dichiarative (infatti, tant’è vero che) oppure al posto di quelle conclusive (perciò, quindi, dunque, pertanto) o quelle esplicative (cioè, vale a dire, in altre parole). È corretto ciò che ho letto?
Alcune fonti dicono che nulla esclude la possibilità di usare contemporaneamente i due punti e la congiunzione. Secondo questi ultimi usarli entrambi renderebbe più particolarmente evidente il nesso logico. Altre, invece, asseriscono che l’uso di entrambi non sia giusto dal punto di vista stilistico, poiché la congiunzione finisce per smorzare l’effetto di immediatezza perseguito con i due punti.
Volevo un vostro parere al riguardo.
Oltre a ciò, volevo chiedere se i due punti possono precedere il ma. Su questo non ho trovato niente in rete, però nella scrittura giornalistica è abbastanza usato. Voi che ne pensate? In quali casi è possibile farlo?
RISPOSTA:
I due punti possono fare le veci di un connettivo: è tardi, quindi sbrigati = è tardi: sbrigati. Si può dire, pertanto, che possono avere la funzione di un connettivo. L’uso dei due punti insieme a un connettivo è un fatto, come lei stesso scrive, di stile: in questo ambito ogni scelta è ammissibile e deve essere commisurata al gusto personale. I due punti inseriti prima di ma sono insoliti; questo segno, infatti, introduce una spiegazione, un’informazione aggiuntiva, una conseguenza, mentre ma stabilisce un’opposizione. Non si può escludere che ci siano contesti in cui l’accostamento sia sensato, ma in generale può essere considerato una forzatura.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Volevo chiedervi se questo testo è ben scritto:
“La ladra conosce bene la vittima, le sue abitudini e progetta di fare il furto da diverso tempo. Ha pianificato tutto nei minimi dettagli, con tanto di lunghi sopralluoghi volti a individuare il momento giusto per entrare in azione. In breve, lei è già pronta per entrare in azione”.
Volevo sapere se la seconda frase è scritta in maniera comprensibile o se ci fosse un altro per formularla, magari anche con altri termini. Ho usato il tempo presente e anche il passato. Volevo sapere se è corretta l’espressione “sopralluoghi volti a individuare” oppure se era meglio un altra locuzione, come “sopralluoghi per individuare”. Io ho omesso quest’ultima per evitare di ripetere la parola “per”, perché da quanto so le ripetizioni possono stonare o risultare sgradevoli al lettore. Un’altra cosa che volevo domandarvi è se l’ultima frase ci sta e si collega bene al resto del discorso.
RISPOSTA:
Dal punto di vista grammaticale, il testo non contiene errori; anche se due punti sono migliorabili. Si tratta della finta elencazione della prima frase (conosce bene la vittima, le sue abitudini e progetta di fare il furto) e del soggetto dell’ultima frase (lei).
Per quanto riguarda l’elencazione, le sue abitudini è un secondo complemento oggetto retto da conosce, mentre progetta… è una seconda proposizione giustapposta alla prima. I tre elementi, quindi, devono essere sistemati in modo da distinguere il diverso rapporto reciproco; per esempio così: conosce bene la vittima e le sue abitudini, e progetta di fare il furto.
Il soggetto pronominale dell’ultima frase dovrebbe essere omesso, perché coincide con quello della frase precedente (quindi In breve, è già pronta…). Se lo si esprime, sembra che rimandi a qualcun altro.
Per il resto, i sui dubbi riguardano scelte stilistiche che dipendono dal gusto personale e dal registro scelto. Per esempio, volti a è più formale di per, mentre l’espressione entrare in azione è un po’ trita.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Vorrei sapere se tra un discorso diretto e un successivo disse ci vuole o no la virgola, e, se è opzionale, che differenza c’è. Esempio: “Voglio andare al parco”, disse Andrea.
RISPOSTA:
La virgola è necessaria.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Queste due frasi sono scritte correttamente, anche a livello di punteggiatura? In particolar modo, mi interessa sapere se la congiunzione causale perché è appropriata per la frase oppure se ci sono altri modi per formularla meglio. La stessa cosa per quanto riguarda la seconda, cioè se anche quest’ultima è scritta correttamente o se si può formulare meglio. Inoltre mi interessa sapere se la virgola prima di fino a quando sia corretta oppure facoltativa. Nel caso in cui fosse opzionale, vorrei sapere quale sia la differenza fra le due varianti.
1a) In seguito la ragazza tenta di afferrare lo spillo, ma inizialmente non ci riesce perché è eccessivamente minuscolo; tuttavia non si arrende, e finalmente dopo diversi sforzi riesce ad afferrarlo.
1b) In seguito la ragazza tenta di afferrare lo spillo, ma inizialmente non riesce: è eccessivamente minuscolo. Tuttavia non si arrende, e finalmente dopo diversi sforzi riesce ad afferrarlo.
2a) La ragazza lascia che l’olio coli giù dalla bottiglia fino a quando la pozzanghera d’olio diventa così grande che inizia ad allagare tutta la cantina. Va avanti così per 2 minuti.
2b) La ragazza lascia che l’olio coli giù dalla bottiglia, fino a quando la pozzanghera d’olio diventa così grande che inizia ad allagare tutta la cantina. Va avanti così per 2 minuti.
RISPOSTA:
Tutte le varianti sono possibili e tutto sommato ben scritte, con qualche sbavatura nella prima frase. In questa, il perché è appropriato: alternative ugualmente valide sono in quanto, dal momento che, poiché, visto che, dato che. Aspetti migliorabili della frase sono altri: l’omissione del soggetto nella proposizione causale è inappropriata perché il soggetto della proposizione reggente è diverso; l’espressione eccessivamente minuscolo, inoltre, è ridondante, visto che minuscolo è semanticamente un superlativo (sarebbe come dire troppo minuscolo); l’espressione dopo diversi sforzi richiede un incassamento interpuntivo, perché è un’espansione, ovvero un dettaglio aggiuntivo, inserita in mezzo alla frase. L’espressione riesce ad afferrarlo, infine, è ripetitiva rispetto allo sviluppo precedente della frase: poco prima, infatti, è scritto tenta di afferrare… non ci riesce. Quest’ultima osservazione è di natura stilistica: la ripetizione è, in questo caso, sgradevole ma grammaticalmente legittima.
La prima versione della prima frase, pertanto, può essere migliorata così:
In seguito la ragazza tenta di afferrare lo spillo, ma inizialmente non ci riesce perché esso / questo è minuscolo / troppo piccolo; tuttavia non si arrende, e finalmente, dopo diversi sforzi, lo prende / ha successo.
Per la seconda versione della prima frase valgono le stesse osservazioni fatte per la prima versione. Per quanto riguarda la punteggiatura alternativa, è una soluzione valida tanto quanto la prima. I due punti svolgono qui la funzione di anticipare una spiegazione di quanto è stato detto prima; in questa versione, pertanto, la proposizione è eccessivamente minuscolo è esplicativa, non causale (come se fosse infatti è eccessivamente minuscolo). Si noti che il collegamento giustappositivo (ovvero la coordinazione tramite punteggiatura) tra la proposizione precedente e quella seguente i due punti rende più accettabile l’omissione del soggetto di quest’ultima: non è, quindi, necessario inserire al suo interno un pronome con la funzione di soggetto.
Il punto prima di tuttavia separa più nettamente la prima parte dalla seconda, creando due frasi, quindi due informazioni, distinte, mentre nella prima versione il punto e virgola separava le due parti mantenendo un collegamento logico più stretto. Allo stesso modo, la virgola prima di e tuttavia crea una piccola frattura logica tra l’informazione non si arrende e quella che segue, per cui la frase andrà interpretata come una sequenza di due informazioni tra loro collegate, non come un’unica informazione. Alla luce dell’aggiunta delle virgole che racchiudono dopo diversi sforzi è sensato non inserire questa virgola, per evitare la sequenza , e finalmente, dopo diversi sforzi, (si tratta, comunque, di una scelta stilistica: in nessuno dei due casi si incorre in errore).
La virgola prima di fino a quando nella seconda frase opera allo stesso modo della virgola prima di e finalmente: produce una piccola frattura logica tra la parte precedente e quella successiva, indicando che la frase contiene due informazioni tra loro strettamente collegate, non un’unica informazione complessa. Senza virgola l’azione del lasciar colare è vista nell’ottica dell’allagare la cantina: la ragazza lascia colare l’olio proprio con questo scopo; con la virgola, invece, l’azione del lasciar colare è autonoma e l’allagamento è rappresentato come una conseguenza collegata, ma non insita nell’azione.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Ho un dubbio in merito all’uso della virgola, per quanto riguarda le congiunzioni correlative (sia, nè, neppure).
Ho letto che normalmente non si mette se la prima congiunzione (‘sia’ o ‘né’) lega la parte che la segue direttamente a ciò che precede ( es. La casa è confortevole sia d’inverno sia d’estate). Altrimenti dicono che si possa mettere (es. Lucia ha portato il nipote in riva al mare, sia per farlo giocare con la sabbia sia per fargli respirare un po’ d’aria pura). Io non riesco a capire come fare questa distinzione. Questi sono degli esempi che ho preso da qualche sito web, però, non avendo capito, ho preferito chiedere a voi, perché siete più preparati in fatto di punteggiatura e grammatica.
Ad esempio, se scrivo la frase: “Mi piace guardare una ragazza sia quando fa l’azione A, sia mentre fa l’azione B. E’ giusto oppure dovrò scrivere: “Mi piace guardare una ragazza, sia quando fa l’azione A sia quando fa l’azione B. E come ci si comporta se ci fossero più membri ( es. Mi piace guardare una ragazza sia quando fa l’azione A, sia quando fa l’azione B, sia mentre fa l’azione B). In questo caso ho messo 3 virgole, ma secondo voi è giusto? Oppure ne basta una finale?
Riconosco che potrebbero non esserci delle regole ferree, però volevo un vostro parere a riguardo.
RISPOSTA:
Non ci sono regole ferree, in effetti. Quasi mai sono ferree le regole di punteggiatura.
Il suggerimento è di non appesantire troppo i periodi con coordinate correlative troppo lunghe. Dunque eviterei, in primo luogo, più di due sia, a favore di:
“Mi piace guardare una ragazza quando fa l’azione A, quando fa l’azione B e mentre fa l’azione C”.
Metterei la virgola tra i due sia quando il primo membro è troppo lungo: “mi piace andare al mare sia quando il tempo è bello e il sole rende insopportabile stare fuori dall’acqua, sia nelle cupe giornate invernali”.
Infine, la presenza o meno della virgola prima del primo sia dipende dal grado di indipendenza che si vuol attribuire a ciò che precede:
– “Mi piace guardare una ragazza, sia quando fa l’azione A sia quando fa l’azione B”, ciò che viene messo in rilievo, indipendentemente dal resto, è che a lei piaccia guardare una ragazza.
– Invece in “Mi piace guardare una ragazza sia quando fa l’azione A sia quando fa l’azione B” il suo piacere di guardarla è subordinato al fatto che faccia determinate azioni e, poniamo, potrebbe non essere interessato a guardarla se ne facesse delle altre.
Quindi, sì, è corretto quel che ha letto: dipende dal grado di coesione e di autonomia rispetto a quanto precede. Dipende, dunque, più che dal contesto, dal punto di vista di chi usa quella frase.
Fabio Rossi
QUESITO:
Mi chiedo se una citazione possa avere o no la maiuscola a seconda di come è scritta. Per esempio: se scrivo: “Qualcuno ha detto: ‘La vita non è aspettare che passi la tempesta, è imparare a danzare sotto la pioggia’”, so che ci vuole la maiuscola, ma mi capita di leggere invece: “Qualcuno ha detto che ‘la vita non è aspettare che passi la tempesta, è imparare a danzare sotto la pioggia’”. È corretto? la seconda frase si scrive così perché è un discorso indiretto?
RISPOSTA:
Uno dei pochi punti fermi dell’ortografia nell’ambito della punteggiatura è che il discorso diretto deve cominciare con la lettera maiuscola. Si noti, a parte, che questa convenzione, in teoria utile per distinguere il discorso riportato dalla cornice che lo inquadra, va accolta senza dogmatismo: in pratica, infatti, non è affatto necessario segnalare con la maiuscola la alterità del discorso riportato rispetto alla cornice quando il discorso riportato ha già una sua precisa segnalazione introduttiva (: ” oppure : –) e conclusiva (” oppure –).
Tornando al tema centrale, le citazioni letterali di parole altrui possono essere assimilate a un discorso diretto oppure no; nel primo caso si ricade nell’obbligo della lettera maiuscola, nel secondo caso, invece, no. Che cosa distingue il primo caso dal secondo? La presenza, nel secondo caso, di un connettivo (come nella sua frase che) che integra la citazione all’interno della sintassi della cornice. Anche in questo caso, va ricordato, è bene mantenere le virgolette intorno alla citazione, per segnalare che quelle parole provengono da un’altra fonte.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Vorrei sapere se in queste due frasi è d’obbligo l’uso delle virgolette e della maiuscola dopo i due punti:
1 – Ama la vita. Ma spesso sarebbe meglio dire: attento che non ti combini
qualcosa!
2 – Vorrei dire a chi mi critica: potrei dir peggio io di voi!
RISPOSTA:
A rigore sì, trattandosi di normalissimi casi di discorso diretto introdotto dal verbo dire (ancorché attribuito alla voce pensiero dello/a stesso/a narratore/narratrice). Però in letteratura i casi di voce pensiero o voce riprodotta espressi senza virgolette e senza maiuscola sono numerosissimi, per cui sarei molto elastico al riguardo. Certo, con tutto il rispetto per l’estro creativo degli autori e delle autrici, la chiarezza e l’agevolazione della comprensione dei lettori e delle lettrici sono sempre da mettersi al primo posto, quando si scrive (letteratura o no), per cui io le suggerirei di utilizzare sia le virgolette sia l’inziale maiuscola.
Fabio Rossi
QUESITO:
Volevo chiedervi alcune delucidazioni in merito alla punteggiatura, in particolar modo riguardo alla virgola prima delle preposizioni in, con o per. Vi chiedo di controllare se queste frasi sono state scritte correttamente.
1) Salta la fila, con la nostra app.
2) Effettua il pagamento, in contanti o con carta.
3) Puoi pagare in contanti oppure direttamente sul nostro sito, con la tua carta di credito.
4) Oggi vado in montagna, per rilassarmi.
Io so perfettamente che, come regola, si mette la virgola prima di tali preposizioni, quando queste ultime non si riferiscono alla parola che precede (es. “Vado al mare, in vacanza”), oppure nel caso di un inciso alla fine della frase. Inoltre so che può essere messa la virgola anche per creare effetti stilistici particolari, ma non credo che ciò sia permesso al di fuori della scrittura creativa.
RISPOSTA:
Nessuna preposizione richiede una certa punteggiatura. L’unica regola, piuttosto ovvia, che bisogna rispettare è che non si può separare la preposizione dal nome con cui essa costituisce un sintagma (*in, barca), o dalla proposizione che essa introduce, tranne nel caso di incisi (*per, fare pace, ma per, una volta per tutte, fare pace). Nei suoi esempi, la virgola è del tutto corretta, come corrette sarebbero le varianti senza virgola. In questi casi, infatti, l’inserimento della virgola è una scelta legittima, che modifica il senso della frase, separando due informazioni che altrimenti sarebbero lette unitariamente. Con la separazione, le informazioni assumono pari importanza, mentre senza virgola la seconda, quella alla destra della frase, sarebbe più pregnante di quella alla sinistra. Prendiamo il primo esempio:
1a. Salta la fila con la nostra app = ‘usa la nostra app per saltare la fila’.
1b. Salta la fila, con la nostra app = ‘salta la fila, ma fallo non in un modo qualsiasi bensì con la nostra app’.
Nel secondo esempio l’effetto è lo stesso, mutatis mutandis:
2a. Effettua il pagamento in contanti o con carta = ‘paga in un modo o nell’altro‘.
2b. Effettua il pagamento, in contanti o con carta = ‘paga, e inoltre scegli tu in che modo’.
E così via per gli altri.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Se nel mezzo di un periodo scrivo, usando le virgolette, frasi tipo “il lavoro nobilita l’uomo”, devo preferire la maiuscola o la minuscola?
RISPOSTA:
Sia che si riferisca all’articolo il, sia che si riferisca a uomo, la variante da usare è la minuscola; non c’è, infatti, nessuna circostanza che giustifichi l’uso della maiuscola.
La maiuscola dopo le virgolette è convenzionalmente usata all’inizio di un discorso diretto (… disse: “Domani pioverà”). Sempre possibile è la maiuscola enfatica per uomo, per dare risalto all’universalità del riferimento. Una scelta del genere, si badi, sarebbe propria di uno stile ampolloso.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Vorrei presentarvi quattro quesiti sul punto interrogativo.
1) Quando vi sia una sequenza di domande, in particolare se queste siano connesse tra di loro, è possibile usare la minuscola dopo il nostro segno, oppure è obbligatoria la maiuscola?
1a) «Hai mangiato? hai bevuto? ti sei riposato un po’?»
1b) «Hai mangiato? Hai bevuto? Ti sei riposato un po’?»
2) Quando in una frase vi siano più domande riconducibili, per così dire, a un’unica struttura logico-sintattica, il punto interrogativo può essere posto soltanto una volta a fine frase, o è possibile anche la scelta opposta?
2a) «Che cosa è successo di così importante, puoi dirmelo?»
2b) «Che cosa è successo di così importante? puoi dirmelo?»
2c) «Lui come sta adesso, si sa qualcosa?»
2d) «Lui come sta adesso? si sa qualcosa?»
2e) «Che cosa vuoi fare: parlargli o ignorarlo?»
2f) «Che cosa vuoi fare, parlargli o ignorarlo?»
2g) «Che cosa vuoi fare? parlargli o ignorarlo?»
3) Quando in una frase interrogativa si propongano più alternative, il nostro segno può essere collocato alla fine, o è meglio spezzare la frase?
3a) «Si può parlare apertamente? Oppure preferite che diciamo mezze verità o che tacciamo?»
3b) «Possiamo parlare, oppure preferite che diciamo mezze verità o che tacciamo?»
4) Dal punto di vista della punteggiatura, qual è la forma migliore per sintagmi come «perché no», «che so io», «che ne so» e simili, quando questi si trovino in date frasi sotto forma di inciso?
4a) «Vorrei parlare e, perché no, anche scrivere»
4b) «Vorrei parlare e, perché no? anche scrivere»
4c) «Vorrei parlare e, perché no?, anche scrivere»
5a) «Si può, che so io, contattarlo?»
5b) «Si può, che so io? contattarlo?»
5c) «Si può, che so io?, contattarlo?».
RISPOSTA:
I casi da lei prospettati non sono codificati, ma ammettono in teoria tutte le varianti, perché ognuna è giustificabile sulla base di una certa finalità espressiva. Ci sono, però, delle tendenze d’uso. Nella frase 1 è senz’altro più comune la lettera maiuscola, perché il punto interrogativo è assimilato al punto fermo. La lettera minuscola può essere usata per sottolineare che il punto interrogativo serve soltanto a indicare un’inflessione della voce, ma sintatticamente la frase va avanti. Per esempio, la lettera minuscola potrebbe essere usata nelle frasi 4b e 5b. Rimanendo sulle frasi 4 e 5, va comunque detto che le forme più comuni sono la 4a e la 5a, perché l’intento interrogativo emerge chiaramente anche senza punto interrogativo, e per evitare proprio di inserire un punto interrogativo in mezzo alla frase. Le frasi del punto 2 sono tutte possibili: la preferenza per l’una o l’altra variante dipenderà dallo stile personale (per esempio, la sequenza ravvicinata di due o più punti interrogativi potrebbe essere giudicato inelegante). Lo stesso vale per le frasi del punto 3.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
vorrei domandarvi se e quanto le proposizioni incidentali condizionano, a livello di accordo (e di scelta) dei modi verbali, le altre proposizioni alle quali si legano.
Presento alcuni esempi per chiarire:
1) Marco, credo, ha realizzato un buon lavoro.
2) Marco, e con lui tutti i tuoi amici, è (sono) andato (andati) al mare.
3) Marco, nonché i suoi amici, è (sono) andato (andati) al mare.
Per la frase 1 non riuscirei a immaginare un modo diverso; il congiuntivo mi parrebbe fuori luogo.
Per le frasi 2 e 3 l’accordo è al singolare, al plurale o sono permessi entrambi?
Limitatamente all’ultimo esempio, se eliminassimo le virgole e perdessimo dunque l’inciso (Marco nonché i suoi amici…) il plurale sarebbe d’obbligo (sono andati al mare)?
RISPOSTA:
Nelle sue frasi l’unica proposizione incidentale è quella inserita nella prima frase, perché contiene un verbo (anzi, in questo caso coincide con un verbo). Come detto da lei, l’unica forma possibile per il verbo della proposizione reggente è ha realizzato, perché è chiaro che la proposizione credo è sintatticamente autonoma (ha come soggetto io), sebbene si possa considerare subordinata a Marco ha realizzato…
Nella seconda e nella terza frase i sintagmi (non proposizioni) incidentali modificano il soggetto dell’unica proposizione presente nella frase, perché trasformano Marco in Marco e i suoi amici e in Marco nonché i suoi amici (assimilabile a Marco e i suoi amici). Con questi soggetti il verbo richiesto è alla terza plurale,
quindi Marco, e con lui tutti i suoi amici, sono andati… e Marco, nonché i suoi amici, sono andati…
Al contrario, l’accordo sarebbe al singolare in una frase come Marco, con i suoi amici, è andato…, perché con i suoi amici non rientrerebbe nel sintagma del soggetto.
La prova dell’accordo corretto si ottiene spostando l’inciso (anche costituito da una proposizione) dopo il verbo:
1) Marco ha realizzato un buon lavoro, credo.
2) Marco è andato al mare, e con lui tutti i tuoi amici.
3) Marco è andato al mare, nonché i suoi amici.
Come si può vedere, nella prima frase la sintassi non ha sbavature; nella seconda il sintagma finale si giustifica soltanto ipotizzando un verbo sottinteso, ovvero trasformando il sintagma in una proposizione, a dimostrazione che tutti i suoi amici è soggetto: “Marco è andato al mare, e con lui sono andati tutti i tuoi amici”.
Nella terza, infine, il sintagma finale non si può proprio giustificare, quindi si deve per forza associare al soggetto Marco.
L’eliminazione delle virgole nell’ultima frase non cambierebbe niente nell’accordo con il verbo. Va detto, però, che la congiunzione nonché richiede preferibilmente la virgola; ma se inseriamo la virgola prima di nonché siamo giocoforza indotti a inserire anche la seconda, per non trovarci con uno strano soggetto diviso in due dalla virgola e da una congiunzione. La stranezza salta meglio agli occhi se sostituiamo nonché con e: Marco, e tutti i suoi amici sono andati…
Ne consegue che o scriviamo Marco nonché tutti i suoi amici sono andati… (variante sconsigliata perché nonché preferisce la virgola), oppure Marco, nonché tutti i suoi amici, sono andati… Difficile da giustificare, invece, Marco, nonché i suoi amici sono andati al mare.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Come faccio a capire quando usare la virgola prima di e congiunzione senza alterare il senso della frase? E per quanto riguarda la congiunzione disgiuntiva o?
La virgola va sempre utilizzata prima del se?
La virgola va utilizzata quando si usa il gerundio? O è facoltativa?
Quando si utilizzano quindi, perciò, si utilizza una virgola o se ne utilizzano due?
Quando si utilizzano espressioni tipo vale a dire oppure anche congiunzioni come ovvero, la virgola viene usata quasi sempre?
RISPOSTA:
Innanzitutto le consiglio di consultare la sezione Lo sapevate che? del sito di DICO (http://www.dico.unime.it/category/lo-sapevate-che/), che contiene diversi interventi sull’uso della punteggiatura.
Le sue domande non possono essere risolte in poche parole, perché la punteggiatura è legata a ragioni diverse, grammaticali, testuali, convenzionali, stilistiche. Come conseguenza, i casi di uso obbligato sono pochissimi, e quasi ogni scelta produce un cambiamento di significato della frase.
Per quanto riguarda la virgola prima della e, essa è fortemente richiesta quando i due pezzi di frase uniti dalla congiunzione non sono sullo stesso piano; quasi sempre, però, è proprio la virgola che permette di stabilire se i due pezzi sono o non sono sullo stesso piano: il suo inserimento, pertanto, è una scelta dello scrivente legata al significato che vuole dare alla frase, non un obbligo. Mettiamo a confronto le seguenti frasi: “Ho comprato le mele e sono tornato a casa” / “Ho comprato le mele, e sono tornato a casa”. Sono entrambe corrette, ma la virgola produce un cambiamento di significato: nella prima frase le due azioni sono sullo stesso piano, come se l’emittente dicesse ‘ho fatto l’azione 1 e l’azione 2’, senza gerarchizzazione tra le due; nella seconda frase la seconda azione è rappresentata come separata dalla prima, come se l’emittente dicesse ‘ho fatto l’azione 1, dopodiché (ma la relazione logica potrebbe anche essere di consecuzione: di conseguenza) ho fatto l’azione 2′. In una frase isolata come quella usata qui la differenza può sembrare trascurabile, ma se inseriamo la frase in un testo si noterà l’importanza del dettaglio:
“- Che cosa hai fatto ieri?
– Ho comprato le mele e sono tornato a casa (= ‘ho fatto due cose’)”.
“- Che cosa hai fatto ieri?
– Ho comprato le mele, e sono tornato a casa (= ‘ho fatto una cosa sola’)”.
La differenza è talmente importante che la prima risposta potrebbe essere addirittura considerata incoerente con la domanda. Se qualcuno mi chiede che cosa ho fatto, infatti, di certo non elencherò tra le cose fatte anche il tornare a casa; al contrario, se il tornare a casa serve a concludere l’elenco (come se dicessi e non ho fatto altro), allora ha senso che io lo inserisca nella risposta.
La stessa spiegazione data per la e vale per la o.
Con se la virgola rappresenta la condizione e la conseguenza come in qualche modo autonome l’una dall’altra. Prendiamo una frase come esempio: “Vieni se vuoi” / “Vieni, se vuoi”. La prima frase mette tutto il peso informativo sulla condizione della volontà del ricevente, quindi subordina fortemente l’informazione relativa all’evento del venire a quella relativa alla volontà; nella seconda le due informazioni sono autonome, come se si dicesse ‘Vieni. Sempre che tu voglia’. Come si vede da quest’ultima parafrasi, non è escluso neanche il punto fermo tra la proposizione reggente e la condizionale, per sottolineare ulteriormente la separazione tra le due informazioni.
Quanto detto per la proposizione condizionale vale anche per le proposizioni con il gerundio.
Per la virgola (o il punto e virgola) con quindi, perciò, infatti, tuttavia ecc. rimando a questo articolo. Ovvero e vale a dire come segnali discorsivi si comportano come le parole elencate in precedenza (quindi, perciò…), tranne per il fatto che possono apparire soltanto all’inizio della proposizione o della frase, e non in inciso (ovvero tra due virgole, trattini o parentesi).
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Vorrei sapere se nel testo “Concluso il triennio, si parte per un nuovo viaggio per raggiungere nuove destinazioni. Spero che nella vostra valigia ci sia sempre spazio per…” la punteggiatura è corretta e se è possibile iniziare con una forma impersonale (Si parte) e poi continuare con Spero che.
RISPOSTA:
La punteggiatura è corretta. La costruzione, inoltre, può cambiare, visto che si tratta di due frasi separate da un punto fermo.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Potreste indicarmi se nelle due espressioni sottostanti la data si riferisce all’inizio del pagamento del mantenimento o all’inizio della rivalutazione Istat?
1. In ordine all’entità di detto assegno, che la ricorrente ha chiesto determinarsi nella somma di euro XXX, si ritiene congruo, anche tenuto conto dell’attuale condizione lavorativa del marito, di determinarlo nella somma di euro YYY mensili, importo da rivalutare annualmente secondo indici Istat, a decorrere dall’1.6.2022.
2. … determina il contributo al mantenimento dei minori da parte del padre, nella somma di euro YYY mensile, da versare alla moglie entro il giorno cinque di ogni mese importo da rivalutare annualmente secondo indici Istat, a decorrere dall’1.6.2022.
RISPOSTA:
La data si riferisce all’inizio del pagamento. Non solo è più logico che sia così (sarebbe, infatti, stranamente pignolo richiedere che la rivalutazione parta da un momento intermedio dell’anno e non dall’inizio dell’anno, come, del resto, suggerisce l’aggettivo annualmente), ma è anche la punteggiatura che lo chiarisce. Nel primo stralcio, la parte che si trova tra due virgole (, importo da rivalutare annualmente secondo indici Istat,) va considerata un inciso, quindi potrebbe anche essere estratta, lasciando determinarlo nella somma di euro YYY mensili a decorrere dall’1.6.2022. Vero è che la mancanza di un verbo che regga a decorrere dall’1.6.2022 rende un po’ forzata la costruzione e induce quindi a collegare la proposizione a rivalutare, ma tale collegamento sarebbe indebito. Il secondo stralcio ha una costruzione meno chiara, ma in compenso presenta il verbo versare, che regge a decorrere dall’1.6.2022. Quest’ultima proposizione, inoltre, è separata con la virgola da rivalutare annualmente secondo indici Istat, a rafforzare la separazione tra le due informazioni.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
1) Pensieroso per il suo futuro, che gli appariva fumoso; in ansia per il suo presente il noto imprenditore ha preso la decisione di… (non sarebbe comunque consigliata una virgola prima di il noto imprenditore?)
2) Quando tua madre, sempre attenta all’educazione, avrà perso la pazienza; quando tuo padre, intento com’è a garantirti un futuro, avrà perso le speranze tu sarai chiamato a misurarti con i tuoi errori.
(Non sarebbe anche qui consigliata una virgola prima di sarai chiamato?)
RISPOSTA:
Effettivamente nelle frasi è preferibile inserire la virgola tra il complesso di proposizioni anteposto alla proposizione principale e la principale stessa. Quando la principale è preceduta da una o più proposizioni subordinate o da uno o più sintagmi che hanno una funzione simile (in ansia per il suo presente = essendo in ansia per il suo presente), è buona norma inserire la virgola prima della principale stessa. Tale virgola si omette di solito se le proposizioni sono logicamente strettamente collegate alla principale, come accade per le ipotetiche (“Se mi chiami non rispondo”) e le completive (“Che sia simpatico si sa”). Le causali (usate nella frase 1) e le temporali (usate nella frase 2) richiedono di solito la virgola se, per esempio, il loro soggetto non coincide con quello della principale (è il caso della frase 2), oppure se sono implicite (come nella frase 1). Negli altri casi, la virgola può essere omessa: “Quando sono arrivato ho visto tutti”; “Siccome sono generoso ti perdono”. Non è impossibile, però, omettere la virgola anche quando i soggetti sono diversi e le proposizioni sono implicite: “Quando sono arrivato tutti gli invitati mi hanno salutato”; “Essendo generoso ti perdono”. Non è impossibile, altresì, inserire la virgola nei casi che non lo richiedono espressamente: “Quando sono arrivato, ho visto tutti”; “Siccome sono generoso, ti perdono”; e inserirle persino con le ipotetiche e le completive: “Se mi chiami, non rispondo”, “Che sia simpatico, si sa”. Moltissimi casi, insomma, rimangono aperti a entrambe le possibilità; la virgola, allora, si inserirà se si intendono rappresentare le due proposizioni, la subordinata e la principale, come informativamente autonome, quindi dare all’informazione veicolata dalla subordinata un lieve risalto rispetto a quello che avrebbe senza la virgola.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
il punto e virgola è sempre stato il mio segno di punteggiatura preferito: tanto utile, a mio avviso, quanto marginalizzato negli ultimi anni.
Ho elencato una serie di esempi per sapere se il suo impiego sia corretto (tra parentesi, per chiarezza, ho aggiunto, talvolta, il motivo del relativo dubbio):
1) Disse: “Arrivo subito”; quindi, prese le sue cose, chiuse la porta e se ne andò.
(corretto dopo le virgolette di chiusura?)
2) Pensieroso per il suo futuro, che gli appariva fumoso; in ansia per il suo presente, privo di affetti sincero in cui rifugiarsi; il noto imprenditore ha preso la decisione di…
(Si può separare il soggetto dalle apposizioni che lo precedono?)
3) Parlerò ai ragazzi del doposcuola, alle loro mamme, ai loro insegnanti; a tutti coloro che hanno aderito, affinché nessuno ne resti escluso.
4) Mi guardava con occhi tristi, specie quando mi raccontava i miei trascorsi; o con occhi vitali, vispi, tutte le volte che…
5) La scena del martirio, perpetrato dai soldati inumani; la disperazione dei presenti, sconvolti dalla dignità dei martiri; il silenzio colpevole delle autorità colpirono l’opinione pubblica.
(Il predicato coinvolge tre soggetti “la scena”, “la disperazione” e “il silenzio”: è corretto che i primi due ne siano separati dal punto e virgola?)
6) Quando tua madre, sempre attenta all’educazione, avrà perso la pazienza; quando tuo padre, intento com’è a garantirti un futuro, avrà perso le speranze; tu sarai chiamato a misurarti con i tuoi errori.
7) Il suo gesto era freddo; anzi, era gelido.
Per quanto riguarda i casi numero 3, 4, 6 e 7, suppongo che il punto e virgola avrebbe potuto essere sostituito con una virgola; la mia scelta è legata all’intenzione di creare, per così dire, dei blocchi all’interno del periodo, per distinguere e separare sia a livello di ritmo sia a livello sintattico determinati sintagmi o proposizioni.
In conclusione, nei sette esempi portati alla vostra attenzione, ci sono impieghi errati del segno?
RISPOSTA:
Nelle frasi 2, 3, 4, 5, 6 il punto e virgola assolve una delle sue funzioni più tipiche: separare membri di elenchi complessi, ovvero a loro volta internamente divisi in parti, sintagmatiche o proposizionali. In particolare, nella frase 2, a parte il refuso affetti sincero per affetti sinceri, è indebito l’ultimo punto e virgola, perché il noto imprenditore non è un membro dell’elenco, ma è il sintagma che regge tutto l’elenco. Al posto del punto e virgola qui è richiesta la virgola, che chiude la parte incidentale privo di affetti sinceri in cui rifugiarsi. Se non ci fosse l’incidentale non sarebbe richiesto nessun segno; questo è il caso della frase 5, nella quale correttamente si legge il silenzio colpevole delle autorità colpirono…, ed è anche il caso della frase 6, nella quale, però, si fa la scelta sbagliata: avrà perso le speranze; tu sarai chiamato per avrà perso le speranze tu sarai chiamato.
Nella frase 3 evidentemente si separa il membro tutti coloro che hanno aderito dagli altri, ma non si chiarisce, né è autoevidente, perché si operi tale separazione. Qui è preferibile o continuare con la virgola o chiarire qual è la ragione della distinzione. Per esempio, se la ragione della distinzione è che il membro tutti coloro che hanno aderito raccoglie in sé tutti i membri precedenti si può scrivere … ai ragazzi del doposcuola, alle loro mamme, ai loro insegnanti; a tutti coloro che hanno aderito, insomma, affinché… In questo modo il punto e virgola assume un’altra delle sue tipiche funzioni, quella di precedere un cambiamento di direzione del discorso, per esempio il passaggio da un elenco alla sua sintesi rappresentata dal segnale discorsivo insomma. La stessa funzione riconosciamo nella frase 7, nella quale invece che insomma c’è anzi, che segnala comunque un cambio di direzione del discorso. In questa frase la sostituzione del punto e virgola con la virgola ridurrebbe la forza oppositiva di anzi, facendo apparire la precisazione come meno convinta, quindi suggerendo che freddo non sia da dimenticare completamente come opzione per descrivere lo sguardo. Inoltre, se si usasse la virgola la seconda virgola risulterebbe fuori luogo, perché renderebbe incidentale il solo segnale discorsivo: dovrebbe, pertanto, essere eliminata.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
La punteggiatura del seguente periodo è corretta?
“L’estate aveva anche scatenato l’ansia di un’economia aggressiva e impaziente, intenzionata a riavviare incondizionatamente consumi e incassi, penalizzati dalle restrizioni governative messe in atto per arginare i contagi da covid”.
RISPOSTA:
Corretta. Come sempre con la punteggiatura ci sono delle alternative, che però modificherebbero il senso della frase.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Una collega mi contesta la correttezza della seguente frase: “Anche se Daniela riuscirebbe a vendersi bene al colloquio, non è così facile per lei trovare un nuovo lavoro”.
Quello che voglio dire è che il soggetto della prima frase è sicuramente in grado di vendersi bene al colloquio: è una certezza e non un’ipotesi. La collega mi dice di usare il congiuntivo (se riuscisse a vendersi), ma allora sarebbe un’ipotesi e non più qualcosa che io ritengo certamente vero. Chi ha ragione?
RISPOSTA:
La situazione è più complicata di come sembri.
La proposizione concessiva sintatticamente integrata nella stessa frase della reggente non ammette il modo condizionale, al pari della proposizione ipotetica. Da questo punto di vista sembrerebbe aver ragione la sua collega, che, però, sbaglia nel proporre come soluzione la sostituzione del condizionale con il congiuntivo (riuscirebbe > riuscisse); così facendo, infatti, si stravolgerebbe il senso della frase, trasformando un’affermazione incerta (anche se riuscirebbe) in una concessione (anche se riuscisse). La soluzione, invece, è la separazione della concessiva dal resto della frase attraverso il punto fermo (o al limite il punto e virgola): “Non è così facile per Daniela trovare un nuovo lavoro. Anche se riuscirebbe a vendersi bene al colloquio”. In questo modo la concessiva diviene una pseudo-subordinata, ovvero una proposizione indipendente che sembra una subordinata. In quanto indipendente, può prendere qualsiasi modo e tempo utile a esprimere quello che l’emittente intende, senza vincoli sintattici.
L’espressione anche se, quindi, ha la funzione di locuzione congiuntiva all’interno della stessa frase, di connettivo (o segnale discorsivo) se introduce una frase autonoma.
Proprio qui sta il suo errore, nell’aver usato il connettivo come una congiunzione. Si tratta di un errore meno grave di quello che scaturirebbe dalla sostituzione del condizionale con il congiuntivo, perché nella forma usata da lei il senso della frase è ricostruibile dal ricevente con un po’ di sforzo, mentre nella forma proposta dalla sua collega il senso sarebbe irrimediabilmente falsato.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Quale delle tre frasi è corretta?
1. “Gent.le dottore, Le comunico che ieri ho chiamato in Regione per informazioni in merito al vaccino anti COVID, ho anche sentito il sindaco che mi confermato che posso prenotarmi”.
2 “Gent.le dottore, Le comunico che ieri ho chiamato in Regione per informazioni in merito al vaccino anti COVID, ho anche sentito il sindaco, ENTRAMBI (Regione e sindaco) mi hanno confermato che posso prenotarmi”, però la regione non è una persona!?
3. “Gent.le dottore, ieri ho chiamato in Regione in merito al vaccino anti COVID, mi è stato detto (= persona con la quale ho parlato) che posso prenotarmi; ciò mi è stato confermato anche dal sindaco”.
RISPOSTA:
Le tre frasi differiscono in diversi punti e sono tutte migliorabili nella composizione, sebbene nessuna contenga errori grammaticali evidenti.
Nella prima frase si attribuisce l’autorizzazione al solo sindaco (il verbo confermare non è sufficientemente esplicito circa il ruolo della Regione); se, però, la fonte dell’autorizzazione è anche la Regione è consigliabile chiarire questa informazione.
Nella seconda frase il pronome entrambi è effettivamente innaturale se riferito a un’istituzione.
L’espressione chiamare per informazioni, inoltre, è fortemente burocratica: più comune sarebbe chiamare per chiedere / avere / ricevere informazioni.
La terza frase risulta, in conclusione, la migliore; questa può essere, però, migliorata nella punteggiatura: “Gent.le dottore, ieri ho chiamato in Regione in merito al vaccino anti COVID: mi è stato detto che posso prenotarmi; ciò mi è stato confermato anche dal sindaco”.
Un’altra piccola limatura si potrebbe fare sul piano della coesione: “Gent.le dottore, ieri ho chiamato in Regione in merito al vaccino anti COVID e mi è stato detto che posso prenotarmi per la somministrazione. L’informazione mi è stata confermata anche dal sindaco”. In alternativa alla forma impersonale mi è stato detto (che comunque va bene), infine, si può esplicitare il riferimento: la persona con cui ho parlato / il responsabile del servizio mi ha detto o altro.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Vi propongo tre frasi, nelle quali ci sono dei punti per me dubbi.
Le contraddizioni interne, l’incapacità di raggiungere onorevoli compromessi con gli alleati di governo e con i loro sostenitori più intransigenti (,) avevano generato un caos tale da spingere… (la virgola va messa?)
Sinistra Ecologia Libertà (SEL); Rifondazione Comunista; il Partito Comunista d’Italia; Azione Civile; Sinistra Critica; il Partito Comunista dei Lavoratori; gli arancioni di Luigi De Magistris; ”Possibile” il nuovo partito di Civati; i gruppi di Fassina “Futuro a Sinistra”; MDP (movimento democratico e progressista) di cui è coordinatore Roberto Speranza e Campo Progressista di Pisapia (,) costituiscono la zona paludosa creatasi a sinistra del Pd… (la virgola va messa?)
Abbiamo fatto di tutto affinché la scuola rimanga / rimanesse aperta.
RISPOSTA:
Per quanto riguarda la virgola, nella prima frase non è richiesta, visto che tutto il complesso Le contraddizioni interne, l’incapacità di raggiungere onorevoli compromessi con gli alleati di governo e con i loro sostenitori più intransigenti rappresenta il soggetto di avevano generato ed è buona norma non separare il soggetto dal predicato se non ci sono incisi in mezzo. Aggiungo che essendo il complesso formato da due membri, le contraddizioni interne e l’incapacità, è preferibile usare la congiunzione e (o una locuzione congiuntiva più complessa) per unirli, non la virgola; quindi Le contraddizioni interne e / nonché / come anche l’incapacità di raggiungere onorevoli compromessi con gli alleati di governo e con i loro sostenitori più intransigenti avevano generato. La virgola si usa per separare membri di un elenco quando questi sono almeno tre.
La seconda frase presenta lo stesso problema della prima, quindi la virgola non è necessaria neanche in questo caso. È, però, necessaria in altri punti del brano:
Nella terza frase sono corretti entrambi i tempi del congiuntivo; la scelta tra i due comporta una differenza di significato della frase. Il presente descrive il rimanere come attuale, l’imperfetto lo riporta al momento in cui abbiamo fatto. In altre parole, abbiamo fatto affinché rimanesse indica che l’impegno è stato mirato a far rimanere la scuola aperta in quel momento e non specifica (ma neanche lo esclude) se esso ha avuto effetti sul presente; abbiamo fatto affinché rimanga riguarda, invece, il presente, con una proiezione nel futuro.
Va anche detto, però, che il passato prossimo (abbiamo fatto) è un tempo sì passato, ma fortemente ancorato nel presente, per cui anche abbiamo fatto affinché rimanesse può essere interpretato come riguardante il presente. In considerazione di questo, la differenza semantica tra i due tempi del congiuntivo risulta molto sfumata in questa frase.
In sintesi, l’imperfetto risulta più ambiguo, perché si può interpretare come legato sia al passato sia al presente; il presente, invece, non provoca difficoltà interpretative. Ovviamente, se il rimanere è effettivamente situato nel passato, non nel presente, l’imperfetto è l’unica soluzione valida.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Vorrei porvi un quesito di natura semantica. La parola chiave può essere usata correttamente in un contesto di questo tipo, nel quale si vogliono descrivere le penose sofferenze di un soggetto in preda ad una crisi di panico?
“Decodificava tutti gli aspetti della realtà, che cadevano sotto il dominio delle sue percezioni, IN CHIAVE di morte”.
Intendo dire che tutto ciò che vedeva, sentiva, toccava gli evocava l’idea di morte.
RISPOSTA:
Per la precisione, la sua domanda riguarda non la parola chiave, ma l’espressione idiomatica in chiave ‘dal punto di vista, secondo il criterio, in accordo con il quadro di riferimento’. Questa espressione, derivata dalla terminologia musicale (nel pentagramma la chiave indica come devono essere interpretate le note poste in una certa posizione), è quasi sempre seguita da un aggettivo (in chiave umoristica, in chiave religiosa) e meno frequentemente da di + nome senza articolo, come nella sua frase. Si noti che proprio quest’ultima costruzione, meno frequente nella lingua comune, coincide con quella originaria musicale (in chiave di sol). I nomi che possono essere aggiunti all’espressione in chiave di (ma anche gli aggettivi che completano l’espressione in chiave) devono indicare un modo di vedere o di fare, un’ideologia, un insieme di principi, altrimenti l’espressione risulta innaturale; nel suo caso, la morte è un fenomeno, non un modo di vedere un fenomeno, quindi l’espressione non è ben formata. Le suggerisco un’alternativa più semplice, ma comunque elegante: come presagi di morte. Se volesse mantenere l’espressione in chiave, invece, potrebbe modificarla in in chiave mortifera. Si potrebbe pensare che mortifero equivalga a di morte, ma non è così; di morte equivale, infatti, a mortale e in chiave mortale sarebbe malformato al pari di in chiave di morte. Mortifero, invece, significa ‘che porta morte’ o, come in questo caso, ‘che fa pensare alla morte’ (quindi in chiave mortifera ha lo stesso significato di come presagi di morte).
A margine, le suggerisco anche di eliminare le virgole che racchiudono la proposizione relativa; questa, infatti, è limitativa, non esplicativa (su questo concetto può vedere la risposta n. 2800599 dell’archivio di DICO).
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Nel brano seguente FURONO SALITI è concordato correttamente?
“Il treno finalmente arrivò: il padre prese la valigia, la madre la borsa, i bambini più grandi il necessario per il picnic. All’improvviso dopo che FURONO SALITI il treno si fermò”.
RISPOSTA:
La scelta del trapassato remoto è corretta, anche se oggi questo tempo è in disuso e gli si preferisce sempre il trapassato prossimo: dopo che erano saliti il treno si fermò. Suggerisco, a margine, di racchiudere la temporale tra due virgole, visto che è una incidentale che divide in due parti la proposizione reggente (all’improvviso il treno si fermò).
Fabio Ruggiano
QUESITO:
In un elenco in cui gli elementi sono separati dal punto e virgola, è ammisibile che tale segno di punteggiatura preceda la congiunzione e che introduce l’ultimo della serie?
1) La ragazza aveva begli occhi, scuri, profondi; una bocca carnosa, armoniosa; e una cascata fluente di capelli d’ebano.
Posto che la congiunzione in questo esempio si potrebbe omettere, l’accostamento con il punto e virgola è scorretto?
La virgola, inoltre, prima della proposizione relativa è obbligatoria, facoltativa o errata?
2) Ha salutato i suoi amici, i cui figli sono in vacanza.
3) Ha salutato i suoi amici, i figli dei quali sono in vacanza.
E un’ultima cosa.
Ho la tendenza a inserire la virgola all’interno di frasi in cui credo che essa potrebbe essere tralasciata. Due esempi:
4) Lei osservava il suo riflesso sul lago, e l’autunno accendeva di colori il parco deserto.
5) Mi piacerebbe conoscere la sintassi italiana, e, inoltre, studiare l’etimologia delle parole più diffuse.
La virgola, a differenza della sola congiunzione, mi sembra che segnali meglio lo stacco tra le due proposizioni. È un uso sconsigliato?
RISPOSTA:
In astratto l’inserimento di un segno di punteggiatura prima della congiunzione e è legittimo, quando la costruzione e il senso della frase lo richieda; quando, cioè, la e introduca una parte della frase costruita in modo diverso rispetto alla parte precedente e l’informazione veicolata da questa parte sia solo indirettamente legata a quelle precedenti. Ad esempio: “L’ho invitato per farti un favore; e ti ricordo che non mi sta simpatico”; e anche “L’ho invitato per farti un favore. E ti ricordo che non mi sta simpatico”.
Con la e questo succede non frequentemente (perché questa congiunzione solitamente unisce sintagmi o proposizioni molto solidali): per questo si è generalizzata la falsa regola che non sia possibile far precedere la e da un segno di punteggiatura.
Nella sua frase 1 il caso è diverso: la e conclude un elenco omogeneo, con membri nominali, ma che al loro interno sono articolati in segmenti più piccoli separati da virgole. Questa situazione giustifica sintatticamente la separazione dell’ultimo membro dell’elenco con il punto e virgola; la solidarietà tra i membri dell’elenco, però, potrebbe suggerire di evitare non la punteggiatura, ma proprio la e: “La ragazza aveva begli occhi, scuri, profondi; una bocca carnosa, armoniosa; una cascata fluente di capelli d’ebano”. Si tratta, comunque, di una scelta libera.
La virgola che precede la proposizione relativa è stata più volte trattata nelle risposte di DICO: la rimando alla risposta “Quel ragazzo che parlava a vanvera” o “Quel ragazzo, che parlava a vanvera”?” , ma potrà trovarne altre cercando le parole chiave esplicativa e limitativa nell’archivio.
Per le frasi 4 e 5 vale quanto detto per la 1: la virgola è possibile, ma bisogna valutare quanto si vogliono rappresentare come autonome semanticamente le proposizioni coordinate. Il cambiamento sintattico (del soggetto della proposizione, del tipo di sintagma preposizionale…) è un segnale di autonomia: è il caso della frase 4, nella quale la proposizione coordinata ha un soggetto diverso da quella precedente. Anche se la sintassi non cambia, però, è sempre possibile lasciare intendere che la parte introdotta dalla e sia da considerarsi semanticamente non solidale con quella precedente. La frase 5, quindi, può ammettere la virgola prima della e, per rappresentare i due eventi come non strettamente collegati (come a dire vorrei fare la prima cosa, e poi vorrei fare anche l’altra cosa).
Bisogna, comunque, chiedersi sempre che cosa si vuole rappresentare, e selezionare gli strumenti adatti di volta in volta allo scopo (si noti in questa stessa frase la virgola prima della e).
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Vorrei sapere quale delle tre costruzioni indicate di seguito è quella più rispondente alle regole grammaticali, e, inoltre, se la congiunzione o tra parentesi sia consigliata o sconsigliata e se sia preferibile far precedere la suddetta congiunzione, a prescindere dagli esempi, dalla virgola, dal punto e virgola oppure no.
1) È richiesta una quota d’adesione(,) o l’acquisto di un numero minimo di copie?
2) È richiesta una quota d’adesione(,) o è richiesto l’acquisto di un numero minimo di copie?
3) Sono richiesti (o) una quota d’adesione(,) o l’acquisto di un numero minimo di copie?
RISPOSTA:
Le tre varianti sono tutto sommato corrette; dovendo metterle in una scala di corrispondenza alle regole, però, direi che la 1 è al terzo posto, cioè è la meno corretta, la 2 è al secondo e la 3 è al primo.
La congiunzione o configura un’alternativa tra due elementi, che possono essere considerati autonomi oppure uniti. Nel primo caso, se i due elementi sono soggetti della frase richiedono ciascuno un verbo (è la costruzione della variante 2); nel secondo concordano con un unico verbo al plurale (è la costruzione della variante 3). Nel primo caso, inoltre, è possibile sottintendere il secondo verbo, se coincide con il primo (è la costruzione della variante 1). Il problema della variante 1 è che i due soggetti, una quota e l’acquisto, sono di genere diverso, quindi il primo e il secondo verbo non coincidono esattamente (lo si vede nella variante 2). Si tratta di un difetto veniale, che in un contesto di media formalità anche scritto passerebbe inosservato.
La 2 e la 3 non presentano problemi, ma la 3 è preferibile in astratto perché la ripetizione del verbo appesantisce la sintassi. La ripetizione della congiunzione nella 3 è una possibilità lasciata allo stile dello scrivente.
Per quanto riguarda la virgola, la variante 3 la esclude, perché i due soggetti sono considerati molto solidali, tanto da concordare con un unico verbo. Più plausibile, ma comunque non necessario, è il suo inserimento nella variante 2, che presenta un’alternativa più marcata.
Più marcata è l’alternativa, sintatticamente e semanticamente, più la virgola diviene necessaria: “Paga quello che devi, o sarò costretto a denunciarti”. Il punto e virgola diviene necessario quando i due elementi sono sintatticamente diversi e semanticamente opposti: “Ho visto Maria in quel negozio; o forse me lo sono sognato”.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Quale fra le due affermazioni è corretta da un punto di vista grammaticale?
“Gentile cliente desidero informarti DI AVERE a disposizione”, oppure “CHE HO a disposizione”?
RISPOSTA:
Entrambe le varianti sono corrette. La prima è più formale perché rispetta la norma, che non è obbligatoria in questo caso, di usare l’infinito nella subordinata oggettiva quando il suo soggetto coincide con quello della reggente (come in questo caso); la seconda è accettabile, ma meno appropriata, perché, come detto, l’uso dell’infinito non è obbligatorio (anzi nella comunicazione parlata e nello scritto poco sorvegliato si preferisce l’indicativo) e perché la forma della reggente è simile a quella tipica dei verbi di comando (richiedere, ordinare, imporre…), con i quali vige l’obbligo di usare l’infinito nella subordinata, ma quando il soggetto di quest’ultima coincide con il destinatario dell’ordine (quindi non in questo caso). In altre parole, desidero informarti di avere a disposizione si confonde con desidero richiederti di avere pazienza, nella quale l’inifinito è richiesto perché il soggetto è tu, non io.
Nella frase c’è un altro problema: la formula allocutiva gentile cliente stride con il pronome tu; ci si aspetterebbe, invece, il lei (informarla). Dopo il complemento di vocazione iniziale, inoltre, è richiesta la virgola. Le forme più coerenti, in conclusione, sono “Gentile cliente, desidero informarla di avere a disposizione” (più formale), oppure “Caro cliente, desidero informarti che ho a disposizione” (amichevole).
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Vorrei sapere se le frasi che seguono sono corrette in contesti formali:
– Da quando era piccola adoravo l’ospedale.
– Come credo già sai / Come credo che tu già sappia.
– Credo che lo stai facendo anche tu / Credo che lo stia facendo anche tu.
– Da quello che mi ha raccontato mio fratello è una scuola molto bella, dice (oppure mi
dice) che i professori sono molto bravi.
RISPOSTA:
Nella prima frase, visto che il soggetto della subordinata è diverso da quello della reggente è bene esplicitarlo: “Da quando lei era piccola adoravo l’ospedale”.
Nella seconda e nella terza la variante più formale è quella con il congiuntivo.
Nella quarta c’è un problema di punteggiatura: la virgola deve essere sostituita dai due punti o dal punto e virgola (al limite anche da un punto fermo). Inoltre è preferibile sostituire sono con siano (per la stessa ragione della seconda e della terza frase), anche se il verbo dire è costruito più spesso con l’indicativo che con il congiuntivo. Dice o mi dice, invece, non influiscono sul livello di formalità. Quindi: “Da quello che mi ha raccontato mio fratello è una scuola molto bella; dice / mi dice che i professori siano molto bravi.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Vorrei porvi una serie di interrogativi circa il che relativo. Partiamo con il primo dei due esempi:
1. Parlai alla moglie di Marco che dormiva.
a) Suppongo che il pronome relativo si colleghi alla moglie di Marco anziché a quest’ultimo. L’inserimento di una virgola o di un altro segno di punteggiatura potrebbe invece produrre l’effetto opposto?
b) La grammatica è arbitraria nell’individuazione del referente, oppure il lettore può risalire a esso mediante gli elementi della frase (alludo in special mondo alle parti variabili). Mi spiego meglio: se l’esempio fosse più dettagliato: “Parlai alla moglie di Marco, che dormiva, beato, sul divano”, sarebbe lecito ricondurre il pronome a Marco, unico elemento maschile della frase.
Secondo esempio:
2. Fece una carezza al proprio figlio. Che si scansò bruscamente.
L’esempio è di mia creazione; costruzioni del genere, con il che a inizio frase, sono tuttavia abbastanza frequenti in letteratura.
c) Una sola domanda: questo genere di costruzione – se valido – deve collegarsi esclusivamente all’ultimo complemento della frase precedente? “Fece una carezza al proprio figlio. Che non fu gradita”. In questo caso il che “risale” fino al complemento oggetto, anziché “fermarsi” al complemento di termine.
RISPOSTA:
Riguardo alla prima frase, sottolineo che un nome proprio non può essere seguito da una relativa limitativa, perché è perfettamente identificativo di un individuo, senza che debba essere aggiunto altro. Se sostituiamo Marco con un sintagma nominale comune, però, la relativa limitativa diviene senz’altro riferita a quest’ultimo: “Parlai alla moglie del vicino di posto che dormiva”. Il pronome relativo, infatti, rimanda all’antecedente più vicino tra quelli possibili (Marco, pur essendo più vicino a che rispetto a la moglie, non è un antecedente possibile; il vicino di posto è un antecedente possibile).
La virgola rimette in gioco anche Marco come antecedente, perché la relativa esplicativa aggiunge informazioni sull’antecedente, non lo identifica. Per la regola della vicinanza dell’antecedente, anzi, dobbiamo propendere senz’altro per l’interpretazione che fosse Marco a dormire, non la moglie (per quanto un minimo di dubbio potrebbe permanere). Ovviamente l’ambiguità sarebbe risolta (come lei stesso suppone) dalla presenza nella proposizione relativa di un’informazione riferibile soltanto a uno dei due possibili antecedenti: “Parlai alla moglie di Marco, che è bionda”, o, al contrario, “Parlai alla moglie di Marco, che è un mio carissimo amico”.
Nella seconda frase il punto fermo è legittimo: un punto che interrompe una sequenza sintattica in modo insolito, separando, per esempio, una subordinata da una reggente, oppure un complemento dal verbo che lo richiede, o altri componenti sintattici in teoria non separabili, è detto punto anomalo ed è una caratteristica sfruttata da alcuni scrittori e giornalisti per focalizzare l’attenzione su singole parole o singoli sintagmi isolandoli. Dal punto di vista della coerenza, comunque, non c’è differenza tra “Fece una carezza al proprio figlio. Che non fu gradita” e “Fece una carezza al proprio figlio, che non fu gradita”. Il riferimento di che a una carezza è possibile non perché ci sia il punto fermo, ma perché una carezza è il più vicino degli antecedenti possibili di fu gradita.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Vorrei sapere se l’uso dei due punti e anche dell’iniziale maiuscola di alcune parole nel seguente testo vanno bene.
“Come deliberato dal Collegio Docenti (Collegio docenti) in data 12 settembre 2020, la macrounità interdisciplinare “Diritti e Costituzione” sarà sviluppata dai docenti del Consiglio di Classe (Consiglio di classe) tenendo conto dei seguenti argomenti:
• Lettere (lettere): Orientamento formativo
• Inglese (inglese): Diritti umani e minoranze
• Scienze (scienze): Dipendenze
• Tecnologia (tecnologia): Infrastrutture e innovazione”.
RISPOSTA:
L’uso delle maiuscole è scarsamente codificato e, di là da alcune funzioni cristallizzate, molto variabile a seconda del gusto. In generale può essere sensato seguire il principio che le istituzioni e le organizzazioni assimilabili funzionalmente a istituzioni vanno maiuscole, mentre i ruoli no; quindi Consiglio ma consigliere, Comune ma sindaco, Presidenza ma presidente, Parlamento ma onorevole ecc. Secondo questo principio si dovrebbe scrivere Collegio docenti, ma non si può dire che Collegio Docenti sia sbagliato. Sempre secondo lo stesso principio Consiglio di classe è meglio di Consiglio di Classe, perché la classe non è assimilabile a un’istituzione, ma è piuttosto un insieme di persone.
Il titolo della macrounità, Diritti e Costituzione, può andar bene, proprio perché è un titolo. La maiuscola di Costituzione si giustifica perché il termine rappresenta il titolo della costituzione italiana (anche se si può scrivere anche minuscolo). Non è, invece, necessario scrivere con la maiuscola tutti i nomi dei titoli, e infatti i titoli degli argomenti conclusivi vanno bene così come sono.
Il nome delle materie può andare maiuscolo, perché in questo modo si distingue, ad esempio, la materia scolastica Tecnologia dalla tecnologia in senso lato.
L’uso dei due punti è corretto. Può essere giudicato poco elegante l’inserimento di un elenco introdotto dai due punti all’interno di un elenco introdotto dai due punti (seguenti argomenti: • Lettere: Orientamento formativo…); in questo caso, però, non vedo alternative a questa soluzione, che comunque, lo ripeto, è corretta.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Vi propongo frasi sulle quali vorrei dei suggerimenti circa la punteggiatura. Tra parentesi ho inserito le alternative per sottoporle al vostro giudizio.
1. Non vorrei essere invadente: (;) spero che il tuo problema si sia risolto.
2. Ho saputo della tua malattia: (;) (.) come stai adesso?
3. Il ricordo di lei, bellissimo; le passeggiate di primavera; il sapore dei gelati, gustosi; (,) e l’amore dei nonni.
4. Scusa se ti disturbo di nuovo; (:) vorrei chiederti un favore.
5. Ti ho lasciato un messaggio in casa. Non so se lo leggerai. Comunque: (,) per cena, scongela il pane e riscalda la minestra.
6. Tutto avveniva secondo la scaletta preorganizzata: (,) (;) non serviva a niente affrettarsi.
RISPOSTA:
La scelta della punteggiatura raramente è esclusiva; quasi sempre ci sono almeno due possibilità di punteggiare i testi, che producono sfumature semantiche ora sottili, ora evidenti. Tra le opzioni che lei propone le uniche discutibili sono le seguenti:
3. … il sapore dei gelati, gustosi; e l’amore dei nonni. Sebbene il punto e virgola sia correlato con gli altri precedenti, sembra superfluo prima della congiunzione copulativa, mentre la virgola è richiesta per chiudere l’inciso , gustosi,. Un’alternativa che salverebbe tutte le esigenze sarebbe … gelati, gustosi; l’amore dei nonni.
6. … scaletta preorganizzata, non serviva… La virgola non è adatta a separare due unità totalmente autonome dal punto di vista sintattico, tanto da poter essere identificate come due enunciati diversi (potremmo, infatti, separarle con il punto fermo).
Per il resto, i segni sono pienamente legittimi, ognuno con la sua specifica funzione: i due punti introducono una spiegazione (anche in forma di elenco) o la conseguenza di quanto detto prima; il punto e virgola separa due unità informative logicamente e sintatticamente autonome, o due enunciati; il punto fermo separa due enunciati o due unità testuali più ampie.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Le frasi “Quando puoi, chiamami, così da poterti spiegare la situazione” e “Quando puoi, chiamami, così posso / potrò, spiegarti la questione” sono equivalenti dal punto di vista del messaggio e sono tutte e due corrette?
Inoltre, la frase “Quando puoi, chiamami, così da essere informato sulla questione” può essere intesa, grosso modo, come “Quando puoi, chiamami, così potrai (affinché tu possa) essere informato sulla questione”?
RISPOSTA:
Tutte le frasi sono simili; ognuna, però, presenta qualche sfumatura di differenza, nella forma o nel significato. La prima ha un difetto sintattico, perché contiene una subordinata finale implicita il cui soggetto (tu) non coincide con quello della reggente (io). Per questo motivo, la seconda frase, con la subordinata esplicita, è preferibile. In questa seconda frase, la scelta tra posso e potrò dipende dalla formalità del contesto: il futuro è più preciso, quindi più formale, del presente. Ancora più formale sarebbe il congiuntivo presente (così che io possa spiegarti…). Un difetto in questa frase, da eliminare senz’altro, è la virgola tra il verbo servile e l’infinito da questo retto. Infine si noti che nella prima frase si parla di situazione, nella seconda (e nelle successive) di questione, che sono ovviamente oggetti diversi.
La differenza maggiore tra la terza e la quarta frase è la presenza, nella quarta, del servile, che sottolinea la potenzialità dell’evento dell’essere informato, laddove la terza lo descrive come fattuale. In altre parole, nella terza si dice se chiami sarai informato, nella quarta se chiami potrai essere informato. Le due frasi possono essere accorpate per sfruttare la costruzione implicita della terza (preferibile vista l’identità di soggetto tra la finale e la reggente) e la sfumatura potenziale: così da poter essere informato. In questo modo si costruisce una finale implicita passiva, particolarmente complessa, quindi adatta a un contesto molto formale.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Ho letto in un testo due periodi che a mio parere non sono propriamente corretti. Riporto il primo: “C’erano diverse persone, uno solo era uomo”. Non mi convincono né la sintassi né la punteggiatura. Avrei scritto: “C’erano diverse persone: tra queste c’era solo un uomo”, oppure “C’erano diverse persone: tra di esse c’era solo un uomo”.
RISPOSTA:
La sua critica è fondata: la coesione della frase che ha letto è imprecisa, visto che uno solo rimanda a persona, quindi dovrebbe essere femminile. Dobbiamo sottolineare che si tratta di una imprecisione non grave, perché non intacca la coerenza (non si crea ambiguità ed è facile capire il senso della frase). L’imprecisione, inoltre, non è immotivata, ma è indotta dall’accordo “logico” di uno solo con uomo, referente profondo del pronome.
Neanche la scelta della virgola al posto di un segno di interpunzione più forte, che sarebbe più adatto, impedisce la comprensione della frase.
In conclusione, la frase che lei ha letto è costruita in modo trascurato e sarebbe adatta a un contesto informale, specie se parlato.
Le sue due riscritture sanano l’imprecisione e rendono la frase più formale.
A margine faccio notare che sarebbe possibile anche sostituire i due punti con un punto e virgola, per sottolineare il passaggio a una nuova unità informativa senza implicare che essa sia da considerarsi la conseguenza logica della prima. La separazione tra le due unità potrebbe essere anche più netta, con un punto fermo, che creerebbe due enunciati distinti.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
È corretto dire che nella frase “Quali caramelle vuoi?” quali caramelle è complemento oggetto?
Quale sarebbe, invece, l’analisi logica di una frase che inizia con un aggettivo esclamativo come “Che bella ragazza sei!” o come “Quante bugie hai raccontato!”?
RISPOSTA:
La sua analisi della prima frase è corretta, e si applica allo stesso modo alle altre frasi. Nella seconda che bella ragazza è il soggetto di sei, accompagnato da due attributi, che e bella; nella terza quante bugie è complemento oggetto con attributo.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
È corretto usare i due punti all’interno di un discorso diretto articolato, dove si racconta qualcosa, come da esempio?
: «… Se esilio doveva essere, meglio per scelta volontaria. Non è stata una passeggiata: ho lavorato per pagarmi studi e libri; …».
RISPOSTA:
Certamente: all’interno del discorso diretto valgono tutte le regole della cornice (con gli accorgimenti dovuti al cambiamento di prospettiva tra il primo e la seconda).
Fabio Ruggiano
QUESITO:
L’espressione La vedo stanco è corretta? La prima lettera dentro le virgolette va maiuscola? E quella dopo le virgolette? Comunque stanco può essere usato al maschile dando del lei?
RISPOSTA:
Per l’iniziale della prima parola all’interno delle virgolette c’è una convenzione molto radicata che la vuole maiuscola sempre se le virgolette contengono un discorso diretto (disse: “Vieni”.). Se le virgolette non contengono un discorso diretto non richiedono la lettera maiuscola (il tuo “mal di testa” è molto sospetto). All’esterno delle virgolette (quindi anche dopo) vigono le regole comuni: la maiuscola è, quindi, regolata dalla punteggiatura (disse: “Vieni” e le fece un cenno / disse: “Vieni”. E le fece un segno).
Per la concordanza del pronome di cortesia rimando alla FAQ “Lei”, “voi”, “loro” dell’archivio di DICO.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Le virgolette richiedono uno spazio di solito?
RISPOSTA:
Le virgolette si separano dalla cornice, mentre si uniscono al discorso in esse contenuto; per esempio disse: “Lo sapevo” e se ne andò. Si noti che lo spazio prima è richiesto anche se le virgolette iniziali sono precedute da un segno di punteggiatura; l’eventuale segno di punteggiatura successivo alle virgolette di chiusura, invece, non vuole lo spazio: disse: “Lo sapevo“.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Ho un dubbio sull’analisi della seguente frase: “Non credevo che saresti arrivato in tempo, ma evidentemente c’era poco traffico e così non hai avuto problemi”.
Non credevo = principale.
che saresti arrivato in tempo = subordinata oggettiva (1° grado);
ma evidentemente c’era meno traffico = coordinata avversativa alla subordinata oggettiva;
e così non hai avuto problemi = coordinata conclusiva alla coordinata.
È corretto considerare la proposizione e così non hai avuto problemi come coordinata alla precedente coordinata avversativa?
RISPOSTA:
Sì, è corretto. Se, infatti, proviamo a escludere la prima coordinata (ma evidentemente c’era meno traffico), notiamo che la seconda non può collegarsi direttamente alla subordinata (*che saresti arrivato in tempo e così non hai avuto problemi) né alla principale (*non credevo e così non hai avuto problemi). Ne consegue che la seconda coordinata sia direttamente collegata alla prima coordinata e, attraverso questa, alle altre proposizioni.
Sottolineo che, per la precisione, la proposizione e così non hai avuto problemi non è conclusiva ma copulativa: la congiunzione, infatti, è e. Sarebbe conclusiva se mancasse la e: così non hai avuto problemi. In quel caso, però, dovrebbe essere preceduta da una virgola, un punto e virgola o i due punti.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Ho trovato questi suggerimenti in Internet; sono corretti?
Se devi scrivere un periodo composto dal solo discorso diretto, la punteggiatura va all’interno del dialogo.
«Vado a fare la spesa.»
«Vado a fare la spesa?»
«Vado a fare la spesa!»
Vado a fare la spesa…»
Se il dialogo è introdotto da una frase, la punteggiatura a quel punto riguarderà la frase e non dovrà essere inserita all’interno del dialogo.
Mi disse: «Vado a fare la spesa».
In presenza di punto esclamativo, interrogativo o puntini di sospensione, all’interno del dialogo non bisogna mai aggiungere il punto esterno.
Mi disse: «Vado a fare la spesa…»
Mi disse: «Vado a fare la spesa!»
Mi disse: «Vado a fare la spesa?»
Se il dialogo è inserito in un periodo più complesso, devi valutare se usare la virgola o no.
Mi disse: «Vado a fare la spesa», e prese la borsa.
In questo caso, visto che all’interno delle caporali non c’è nessun segno di punteggiatura è necessario inserire una virgola prima della fine del periodo. In questi altri casi, invece, poiché all’interno del dialogo c’è un segno di punteggiatura non bisogna inserire una virgola all’esterno della caporale di chiusura.
Mi disse: «Vado a fare la spesa?» e prese la borsa.
Mi disse: «Vado a fare la spesa!» e prese la borsa.
Mi disse: «Vado a fare la spesa…» e prese la borsa.
Se il dialogo è spezzato da un inciso bisogna seguire altre regole.
«Vado», disse, «a fare la spesa.»
In questo caso ciò che riguarda il dialogo vero e proprio, il punto, va messo all’interno delle caporali. Le virgole dell’inciso, poiché riguardano l’inciso stesso, restano fuori.
Se la virgola riguarda il dialogo vero e proprio rimane dentro alle caporali:
«Vado,» disse, «a fare la spesa.»
Nello stesso preciso modo si ragiona per quanto riguarda gli altri segni di punteggiatura:
«Vado?» disse. «A fare la spesa?»
«Vado!» disse. «A fare la spesa.»
«Vado…» disse. «A fare la spesa…»
In questi tre casi l’unica cosa che devi cambiare è la punteggiatura dell’inciso. Al posto della virgola va messo il punto.
RISPOSTA:
I suggerimenti sono ragionevoli, ma più rigidi del dovuto. In questo campo diverse scelte sono ugualmente giustificabili e non si può separare nettamente il corretto dallo scorretto.
Una questione discutibile è l’interazione tra i segni interni alle virgolette e quelli esterni. Da una parte è legittimo evitare la ripetizione, ma dall’altra la ripetizione può essere utile. Un caso in cui la ripetizione è giustificata è il seguente: “Mi disse: «Vado a fare la spesa!», e prese la borsa”. La virgola fuori dalle virgolette segnala che e prese la borsa è un’unità informativa diversa rispetto a quella che contiene il discorso diretto. In particolare, le interazioni più utili sono quelle tra ?, !, … (che chiamo punti intonativi) all’interno delle virgolette e qualsiasi altro segno fuori dalle virgolette: i punti emotivi, infatti, servono a veicolare una particolare modulazione del discorso diretto, mentre gli altri segni servono a segmentare il testo nel quale è inserito anche il discorso diretto, quindi riguardano un piano diverso. Se, invece, il discorso diretto termina con una virgola o un punto fermo, questi si possono tranquillamente inserire all’esterno delle virgolette e quindi riferire a tutto il testo, evitando la ripetizione.
Un caso possibile, ma raro, è il seguente: “«Vado a fare la spesa.», e prese la borsa”, nel quale il punto fermo serve a segnalare la perentorietà dell’affermazione, non a chiudere l’enunciato; in questo caso, quindi, il punto fermo è usato come se fosse un punto intonativo, quindi vige la riflessione fatta sopra su questo tipo di punteggiatura.
Un’altra questione discutibile è quella degli incisi, che possono essere separati dal discorso diretto in molti modi diversi ma ugualmente validi. Faccio notare che nei suoi esempi non ci sono incisi, perché la frase termina con il punto fermo. Si parla di inciso quando la proposizione o il sintagma divide in due una proposizione o un sintagma, ovviamente all’interno di un sola frase; per questo motivo l’inciso non può essere preceduto o seguito dal punto fermo, ma viene, invece, racchiuso tra due virgole, due trattini lunghi, due parentesi (raramente due punti e virgola).
Nei seguenti esempi osserviamo alcune delle possibilità per segnalare l’inciso che fa da cornice di un discorso diretto:
«Vado» disse «a fare la spesa?».
«Vado», disse, «a fare la spesa».
«Vado… – disse – a fare la spesa…».
– Vado – disse – a fare la spesa.
Possibili anche:
«Vado,» – disse – «perché sono stanco».
«Vado, – disse – perché sono stanco».
«Vado,» disse «perché sono stanco».
In questi casi la virgola va riferita al solo discorso diretto e non al testo in generale. Questi sono gli unici casi in cui può essere utile inserire un segno di punteggiatura intermedio (il trattino) fuori dalle virgolette dopo un segno di punteggiatura non intonativo all’interno delle virgolette. In ogni caso, comunque. eviterei una sequenza del genere, pure in astratto lecita: «Vado,», disse, «perché sono stanco».
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Le espressioni anche se e come se possono, in taluni casi, accettare il condizionale passato? Se la risposta è affermativa, potrei sapere quando?
Porto alcuni esempi alla vostra attenzione.
1) Ero sicura di farcela, anche se mi avrebbero osteggiato.
2) Era vestita di tutto punto, come se il giorno dopo si sarebbe dovuta mostrare al suo pretendente
(Scrivendo dovesse o fosse dovuta presentare, potrei comunque indicare posteriorità?).
Da una parte, il condizionale nella mia mente suona infatti compatibile con la posteriorità dell’azione espressa, dall’altra sarei propensa a impiegare il congiuntivo (trapassato o imperfetto), specie nel secondo esempio in cui non si potrebbe sospettare l’anteriorità dell’azione grazie alla preposizione dopo, pur se si usasse il trapassato.
RISPOSTA:
Il condizionale, presente e passato, è compatibile con anche se soltanto se la proposizione da esso introdotta non è subordinata, bensì giustapposta, e quindi anche se non è un connettivo ma un segnale discorsivo.
Nella sua frase 1, per esempio, anche se mi avrebbero osteggiato è sullo stesso piano di ero sicura, un po’ come se dicesse ero sicura, ma mi avrebbero osteggiato. Si noti che, in questo caso, alla virgola si preferisce il punto e virgola (o anche il punto): ero sicura di farcela; ma mi avrebbero osteggiato.
Se, invece, la proposizione è una subordinata concessiva, allora non ammette il condizionale, ma soltanto il congiuntivo o, al presente, anche l’indicativo: “Ero sicura di farcela, anche se mi avessero osteggiato”, “Sono sicura di farcela, anche se mi osteggiano / osteggeranno / osteggiassero “.
Il connettivo come se non ammette il condizionale in nessun caso, perché la proposizione comparativa ipotetica è più strettamente ipotetica, quindi subordinata, della concessiva. Per questo la sua frase 2 non è mai corretta, ma richiede sempre il congiuntivo. Il tempo del congiuntivo da usare dipende dal grado di probabilità dell’evento del mostrarsi: l’imperfetto implica che esso sia probabile; il trapassato che esso sia improbabile, se non impossibile.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Nella frase “Ha seguito un percorso di alfabetizzazione della lingua italiana (,) conseguendo buoni risultati” è necessario inserire la virgola prima del gerundio?
RISPOSTA:
La virgola è facoltativa e influisce sul senso generale della frase. Senza la virgola, la frase risulta un’unità informativa unica, con il focus sul conseguimento di buoni risultati; con la virgola, l’unità informativa viene separata in due focus, la frequenza del corso, con una sua importanza autonoma, e il conseguimento di buoni risultati, ugualmente rilevante.
Sottolineo che il sintagma alfabetizzazione della lingua italiana non è ben formato, sebbene sia piuttosto diffuso nello “scolastichese”. La diffusione di questa espressione è dovuta al suo depotenziamento semantico, che la assimila a insegnamento della lingua italiana o, in modo ancora più approssimativo, a apprendimento della lingua italiana.
Ovviamente, c’è una sostanziale differenza tra insegnamento e alfabetizzazione, mentre davvero impossibile è confondere l’alfabetizzazione, che procede dall’insegnante verso l’apprendente, con l’apprendimento, che procede al contrario.
Soprattutto, però, il nome alfabetizzazione ha un comportamento sintattico particolare. Come il verbo alfabetizzare non può reggere il complemento oggetto dell’ambito del processo (nessuno direbbe mai *alfabetizzare la lingua italiana), ma può reggere il complemento oggetto del destinatario del processo (alfabetizzare gli stranieri), così il nome derivato dal verbo, alfabetizzazione, non ammette il complemento di specificazione dell’ambito, della lingua italiana, mentre ammette il complemento di specificazione del destinatario: “La scuola deve farsi carico dell’alfabetizzazione degli stranieri”.
Questa restrizione riguarda tutti i verbi in -izzare e i nomi in -izzazione con base nominale:
– sponsorizzare una squadra (non *sponsorizzare un contributo per le magliette) e sponsorizzazione di una squadra (non *sponsorizzazione di un contributo per le magliette);
– parcellizzare gli sforzi (non *parcellizzare le piccole quantità) e parcellizzazione degli sforzi (non *parcellizzazione delle piccole quantità);
– categorizzare i propri amici ‘dividere in categorie’ (non *categorizzare le classificazioni) e categorizzazione dei propri amici (non *categorizzazione delle classificazioni);
ecc.
Come si vede, questi verbi indicano la realizzazione della propria base: alfabetizzare ‘insegnare l’alfabeto’, sponsorizzare ‘attribuire un finanziamento’ ecc.; non possono, quindi, ammettere un complemento oggetto che ribadisca la base: *alfabetizzare la lingua italiana ‘insegnare l’alfabeto la lingua italiana’. I nomi derivati da questi verbi, come appunto alfabetizzazione, trasferiscono al complemento di specificazione questa restrizione relativa al complemento oggetto.
I verbi in -izzare e i nomi in -izzazione con base aggettivale si comportano esattamente al contrario, perché indicano la qualità che apportano al complemento oggetto: estremizzare la tensione ‘far diventare la tensione estrema’ (estremizzazione della tensione), realizzare un progetto ‘far diventare un progetto reale’ (realizzazione di un progetto), concretizzare le idee ‘far diventare le idee concrete’ (concretizzazione delle idee), ufficializzare una decisione ‘far diventare una decisione ufficiale’ (ufficializzazione di una decisione) ecc.
Alfabetizzazione della lingua italiana deve essere, quindi, evitato. Alfabetizzazione si può tranquillamente lasciare senza specificazione, oppure accompagnare con l’aggettivo linguistica (alfabetizzazione linguistica) o, al limite, con un complemento di limitazione: alfabetizzazione in lingua italiana.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
«Non voglio tormentarti,» si scusò Marco, «però, mi sono chiesto spesso se fosse corretto sostenere, come qualcuno fa, che i figli dei genitori single, dei separati o divorziati crescono meglio e più responsabilmente di quelli che vivono in una famiglia tradizionale. Tu cosa pensi?»
RISPOSTA:
Sul versante della punteggiatura, la virgola dopo tormentarti vale sia per il discorso diretto (non voglio tormentarti, però…) sia per la cornice («Non voglio tormentarti», si scusò Marco, «però,…). Sarebbe antieconomico e razionalistico inserire una doppia virgola («Non voglio tormentarti,», si scusò Marco, «però,…), ma consiglio di far prevalere il segno relativo alla cornice, quindi: «Non voglio tormentarti», si scusò Marco, «però,…
Diverso il caso del punto interrogativo, che va per forza inserito dentro le virgolette e può essere seguito da altri segni relativi alla cornice. Alla fine, quindi, scriverei Tu cosa pensi?». (con il punto fermo fuori dalle virgolette).
La domanda finale, per la verità, sarebbe espressa meglio se fosse completata con un complemento di argomento: tu cosa ne pensi?, oppure tu cosa pensi di questo argomento / tema / del mio dubbio? o simili, per sottolineare che si sta chiedendo il parere su un argomento specifico, quello introdotto subito prima della domanda. Senza il pronome la domanda perde di coesione, perché non è collegata all’argomento introdotto. Ovviamente qualunque interlocutore sarebbe in grado di riferire la domanda a quanto detto prima, quindi la coerenza non è a rischio, ma la mancanza dell’elemento coesivo rende meno felice il passaggio.
Aggiusterei anche l’elenco dei genitori single, dei separati o divorziati inserendo la preposizione anche davanti all’ultimo membro, per simmetria: dei genitori single, dei separati o dei divorziati. Ancora meglio sarebbe togliere la preposizione articolata dal secondo membro: dei genitori single, separati o divorziati. In questo modo separati e divorziati non sono sostantivati e rimangono correlati con single, tutti concordati con il primo genitori.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
È corretto e leggibile questo brano?
Già! Il famoso sesto senso delle madri. Carmela a volte vi faceva ricorso, in altre circostanze ne era vittima e questo la rendeva un’anima sempre in pena, tormentata dalla sua stessa sensibilità; frutto anche del forte vincolo naturale che la univa ai suoi grandi amori, che nemmeno il taglio del cordone ombelicale era riuscito a spezzare. Acuta osservatrice di ogni variazione nell’umore, nello sguardo, nell’espressione del volto e nel linguaggio del corpo delle figlie, Carmela viveva con ansia anche il più piccolo segnale d’allarme. Quando le attività extrasensoriali e il dialogo non le bastavano a calmare ansia, sensazioni negative e stato di massima allerta, si lasciava tentare da metodi che, in altro contesto, sarebbero stati giudicati deprecabili: come origliare quando i figli parlano con gli amici di persona o al telefono, oppure cercare affannosamente un diario dove trovare risposte che potrebbero dissipare ogni dubbio. Metodi da considerare pericolosi se scoperti; non certo ortodossi e consigliabili ma classificabili fra le cose sbagliate messe in atto a fin di bene. Così Carmela viveva i suoi giorni, scossa da strane sensazioni e ne aveva ben donde; a breve avrebbe capito il perché.
RISPOSTA:
Il brano è certamente leggibile e corretto. Un punto debole potrebbe essere il contrasto tra il condizionale passato sarebbero stati giudicati e la scelta del presente nella porzione successiva: “come origliare quando i figli parlano con gli amici di persona o al telefono, oppure cercare affannosamente un diario dove trovare risposte che potrebbero dissipare ogni dubbio”. Il condizionale passato lascia credere che i metodi siano stati effettivamente messi in pratica dal personaggio, quindi ci si aspetta che costei origliasse quando i figli parlavano e cercasse risposte che avrebbero potuto dissipare i dubbi. Il passaggio al presente, invece, descrive i metodi in generale. Consiglio di sostituire sarebbero stati giudicati con sarebbero giudicati se il personaggio non mette in pratica i metodi, oppure i presenti evidenziati con i passati indicati sopra se, invece, i metodi sono stati messi in pratica.
Un’altra sbavatura riguarda alcune scelte lessicali: l’aggettivo pericoloso non va bene se collegato alla condizionale se scoperti. Il pericolo, infatti, coincide con la possibilità di essere scoperti e cessa di esistere se si viene scoperti. I metodi potrebbero essere dannosi, dalle conseguenze terribili, controproducenti (o simili) se scoperti. Eviterei anche l’uso della parola generica cose in un contesto linguisticamente formale come questo.
Nell’ultima frase, infine, bisogna inserire una virgola prima di e ne aveva ben donde, che introduce una informazione sullo stesso piano di viveva i suoi giorni, scossa da strane sensazioni. Senza la virgola, invece, sembra che e ne aveva ben donde si unisca al sintagma strane sensazioni.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Come distinguere le relative limitative dalle esplicative?
Per me nella seguente frase la relativa può essere di tutti e due i tipi:
“Ho parlato con il meccanico che / il quale mi ha detto che non riuscirà a riparare l’auto per giovedì”. Le seguenti, invece, mi sembrano tutte limitative:
“La macchina….. è arrivata e una Ferrari”.
“Questo è il libro….. ho comprato ieri”.
“Abbiamo conosciuto delle ragazze….. sono simpatiche”.
“La ragazza….. ha telefonato poco fa è mia cugina”.
RISPOSTA:
Nel caso della frase del meccanico, l’interpretazione più ovvia della relativa è esplicativa. Nella frase, infatti, l’emittente racconta di aver parlato con il meccanico e aggiunge che cosa il meccanico gli ha detto. La costruzione attesa, infatti, sarebbe “Ho parlato con il meccanico, che / il quale mi ha detto…” (con la virgola prima del pronome relativo).
L’interpretazione della relativa come limitativa è possibile, ma molto strana. Se la relativa fosse limitativa, infatti, l’emittente racconterebbe di aver parlato proprio con il meccanico che gli ha dato quell’informazione. In altre parole, la frase ha senso se la dividiamo in due parti: 1. ho parlato con quella persona; 2. quella persona mi ha detto... Ha meno senso se la interpretiamo come ho parlato con quella persona che mi detto…
Per quanto riguarda le altre frasi elencate, in tutte le relative sono sicuramente limitative.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Recentemente mi è sorto un dubbio per quanto riguarda i punti e le virgole alla fine dei dialoghi. I casi sono i seguenti (alla fine di ogni frase vi è un capoverso):
1. «Sono curiosa, di cosa si tratta?», chiesi.
2. «Non sembro la moglie di un miliardario?».
3. «Interessante argomentazione» disse con tono solenne «Sono sicuro che farà faville durante la presentazione».
Nel primo caso il mio dubbio riguarda la virgola dopo le prime virgolette, la ritengo superflua, ma vorrei sapere se si tratta di un vero e proprio errore o se può essere usata a discrezione dell’autore.
Il secondo caso è una citazione da un romanzo edizione Newton, il mio dubbio riguarda il punto alla fine, vista la presenza del punto interrogativo: è corretto o no?
Terzo e ultimo caso, il punto alla fine fuori dalle virgolette e non dentro. È accettato?
La posizione del punto è a discrezione dell’autore o vi è una regola?
RISPOSTA:
La punteggiatura in prossimità delle virgolette del discorso diretto è del tutto convenzionale; non ha quasi mai, cioè, una funzione testuale che la motivi. Questo comporta che in questo campo ci siano forti oscillazioni, dovute al gusto dello scrivente e alle convenzioni invalse nel periodo storico. Per questo bisogna essere molto cauti nell’individuare obblighi.
Facendoci guidare dal criterio dell’equilibrio tra chiarezza ed economia di segni, possiamo suggerire i seguenti usi.
1. Nel caso in cui il discorso diretto finisca con un punto esclamativo o interrogativo è bene segnalarlo prima delle virgolette. In questo modo si evita di riferire la domanda alla cornice (come, ad esempio, in: Non sei stanco di dire “Sono stanco”?). Se la frase continua dopo le virgolette, ferma restando la necessità di segnalare il punto emotivo all’interno delle virgolette, è necessario anche inserire la punteggiatura richiesta dopo. Se il discorso diretto non finisce con un punto emotivo e la frase continua dopo le virgolette, qualsiasi segno di punteggiatura può essere messo soltanto una volta dopo le virgolette.
2. Nel caso in cui il discorso diretto finisca con un punto esclamativo o interrogativo e la frase si interrompa dopo le virgolette, è bene segnalare entrambe le funzioni, come nel suo esempio.
3. Se la frase si chiude con la fine del discorso diretto (che non finisce con un punto emotivo), il punto fermo può essere messo una sola volta dopo le virgolette. Non c’è ragione di inserirlo sia dentro che fuori le virgolette, mentre inserirlo soltanto dentro le virgolette non chiarirebbe che esso va riferito a tutta la frase e non soltanto al discorso diretto. Certo, se la frase coincide con il discorso diretto, si può anche scegliere di mettere il punto fermo soltanto dentro le virgolette, ma per omogeneità consiglierei di metterlo sempre soltanto fuori.
Un caso problematico è quello in cui sia il discorso diretto sia la cornice necessitino di un punto emotivo: non sei stanco di chiedere “Mi ami?”?. Per quanto curiosa, questa forma è consigliabile perché chiarisce tutte le funzioni salienti. Si può evitare trasformando il discorso diretto in indiretto: Non sei stanco di chiedermi se ti amo?.
Nel suo esempio 3 si presenta un ulteriore problema: l’interpunzione dell’inciso. In presenza di un inciso ci sono diverse soluzioni possibili; vediamone alcune:
3a. «Interessante argomentazione», disse con tono solenne. «Sono sicuro…»;
3b. «Interessante argomentazione – disse con tono solenne -. Sono sicuro…»;
3c. «Interessante argomentazione – disse con tono solenne. – Sono sicuro…».
Si noti che la soluzione del suo esempio non è tra quelle che ho suggerito: ha, infatti, il difetto di non segnalare l’interruzione del periodo tra il primo pezzo di discorso diretto e il secondo. Che il periodo si interrompa è, del resto, evidente per via della sintassi. Nelle soluzioni proposte, non a caso, è sempre presente un punto fermo prima del secondo pezzo del discorso diretto.
Una precisazione: i trattini delle proposte 3b e 3c sono da considerarsi lunghi, equivalenti alla sequenza di due trattini corti (–).
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Ho dei dubbi sui tempi verbali da scegliere nelle seguenti frasi:
1. Verso mezzogiorno la mamma ha cominciato a cucinare e poi ci aspettava / ha aspettato per mangiare tutti insieme.
2. Il pomeriggio è stata / era libera anche lei per riposarsi.
3. Alle 11 sono usciti con la nonna per andare a messa, sono andati / andavano a piedi e la nonna li teneva / ha tenuti per mano.
4. Per pranzo sono tornati a casa per mangiare tutti insieme ma a loro i cannelloni non sono piaciuti / piacevano e hanno preferito / preferivano il secondo.
5. Hanno mangiato anche il mascarpone con il cacao che è stato / era davvero buono.
6. Nel pomeriggio mentre Eugenio giocava con i figli, Nicoletta preferiva / ha preferito restare a casa.
RISPOSTA:
Nelle frasi 1-4 e 6 è possibile usare entrambi i tempi, con la distinzione che è stata illustrata nella risposta 2800577.
In particolare, nella frase 1 la mamma ci aspettava non fa riferimento al momento finale dell’attesa, lasciando intendere che tale attesa non sia mai terminata (ovvero i figli non sono andati a mangiare con la madre); la mamma ci ha aspettato, al contrario, indica che a un certo punto l’attesa sia finita.
Nella 2 la soluzione più attesa è è stata libera; era libera andrebbe bene se si riferisse alla ripetizione dell’evento nel passato (per esempio: “Quando lavorarava come fioraia, il pomeriggio era libera anche lei…”).
Nella 3 sono andati e ha tenuti fa riferimento al fatto che alla fine tutti sono arrivati in chiesa; andavano e teneva, invece, fa pensare che sia successo qualcosa durante il processo, che potrebbe anche aver impedito la conclusione del processo (per esempio: “La nonna li teneva per mano, ma uno dei due è inciampato e si è sbucciato un ginocchio”).
Nella 4 ci sono due intrecci possibili: a loro i cannelloni non sono piaciuti e hanno preferito il secondo = ‘hanno provato sia i cannelloni sia il secondo, e tra i due piatti hanno preferito il secondo’; a loro i cannelloni non piacevano e hanno preferito il secondo = ‘normalmente a loro non piacevano i cannelloni, per cui non li hanno provati e hanno preferito provare soltanto il secondo’.
La frase 5 richiede l’imperfetto (e la virgola prima della proposizione relativa): il cacao, che era davvero buono. Un soggetto inanimato come il cacao non può essere costruito con il passato prossimo se il nome del predicato è un aggettivo come buono. Il cacao è stato buono significherebbe ‘si è comportato bene’. Al contrario, si può avere Luigi è stato buono = ‘Luigi si è comportato bene’.
Per la 6 vale la stessa spiegazione della 2.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Nella seguente frase, come faccio a riferire che lo hanno generato sia alle memorie sia alle convinzioni?
“Cancellazione di tutte le memorie e convinzioni che lo hanno generato”.
RISPOSTA:
Con questa costruzione, che rimanda a entrambi gli antecedenti, come da lei desiderato. Ciò è dovuto alla mancanza dell’articolo davanti a convinzioni, che induce a collegare senz’altro anche questo nome all’articolo le di memorie, creando un unico sintagma. Per la verità, anche se inserissimo l’articolo prima di convinzioni (cosa che sarebbe obbligatoria se al posto di convinzioni avessimo un nome di genere o numero diversi da memorie), il pronome relativo rimanderebbe comunque a entrambi gli antecedenti, per via del legame della congiunzione e, che mette i sintagmi sullo stesso piano.
Sarebbe, semmai, il contrario, la volontà di riferire che al solo convinzioni, a dover essere segnalato. Questa precisazione si potrebbe realizzare sfruttando la punteggiatura, per esempio così: le memorie, e le convinzioni che; oppure le memorie, nonché le convinzioni che; o anche: le memorie, ma anche le convinzioni che. Ancora più esplicita sarebbe la costruzione separata: le memorie. A cui si aggiungerebbero le convinzioni che (o simili).
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Come si può migliorare la seguente frase?
“Rilascio tutte le convinzioni e memorie emozionali collegate entrambe limitanti”, nel senso che sono limitanti sia le convinzioni che le emozioni.
RISPOSTA:
Innanzitutto le consiglio di mettere una virgola dopo collegate, perché la relativa implicita che segue è di tipo esplicativo (assimilabile a una causale: ‘perché sono limitanti’). Sulla relativa esplicativa si possono consultare le molte risposte nell’archivio di DICO usando la parola chiave esplicativa.
Inoltre, è meglio sostituire entrambe, perché questo aggettivo e pronome si riferisce a due oggetti singoli (significa ‘tutte e due’), mentre qui il riferimento è a due insiemi di oggetti. Per fare questo le soluzioni sono diverse. Si può usare un avverbio o una locuzione avverbiale: ugualmente limitanti, parimenti limitanti, limitanti allo stesso modo. Si può anche riformulare la frase: “Rilascio tutte le convinzioni e memorie emozionali collegate: sia le une che le altre, infatti, sono limitanti”, o ancora “Rilascio tutte le convinzioni e memorie emozionali collegate: sono limitanti sia le une che le altre”. E altro ancora.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
vorrei sapere se questo pensierino è scritto correttamente:
la vita è un viaggio (che originalità) alla fine del quale, invece di fare le valigie per tornare a casa, lasciamo tutto dov’è e ci spogliamo di ogni cosa: ricordi, desideri, averi. Ma va bene così. Se è questo il prezzo del biglietto, e anche se il viaggio non è in prima classe e non è emozionante e piacevole come
vorremmo che fosse, va bene così. Come potremmo rifiutare – un viaggio nel mondo?
In modo particolare vorrei sapere se è giusto l’uso della lineetta.
RISPOSTA:
La costruzione è corretta anche dal punto di vista della punteggiatura. Soltanto il trattino è fuori luogo, perché non se ne coglie la funzione. Il trattino dovrebbe servire a delimitare un inciso (va usato, quindi, in coppia, per precedere e concludere l’inciso) o a introdurre un discorso diretto al posto delle virgolette. Il trattino corto serve anche – ma non è il suo caso – a unire due parole per formarne una: franco-tedesco, fine-settimana, carro-armato ecc., o a indicare un intervallo: 9:00-13:00 ‘dalle 9:00 alle 13:00’.
Quello che lei cerca di fare con il trattino, probabilmente, è separare l’unità informativa come potremmo rifiutare da un viaggio nel mondo. Tale separazione non è prevista dal punto di vista della sintassi, perché un viaggio nel mondo è il complemento oggetto di rifiutare e non si può separare il complemento oggetto dal predicato con un segno di interpunzione.
Dal punto di vista testuale, però, la separazione può essere motivata, se si vogliono separare nettamente le due unità informative attribuendo a entrambe un uguale peso semantico. Nell’italiano contemporaneo, questo risultato si può ottenere legittimamente soltanto con il punto fermo, detto in questo caso punto anomalo: Come potremmo rifiutare. Un viaggio nel mondo? Il punto anomalo va usato con cautela, per non trasformarlo in un vezzo senza valore espressivo. Nel suo brano, per esempio, non sembrerebbe una scelta stilisticamente coerente. All’opposto, ci sono autori, come il politologo Ilvo Diamanti, che ne hanno fatto uno stilema distintivo, ben integrato in uno stile tendente alla lapidarietà.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Nella frase “Com’è noto, il codice di procedura penale stabilisce, che il perito solo dopo aver prestato giuramento può…” la virgola tra stabilisce e che a me suona male. Vorrei sapere se è un errore.
RISPOSTA:
Sì, è un errore. Così come non bisogna mai separare con una virgola il soggetto dal predicato, non bisogna separare con una virgola il predicato dal complemento oggetto, se non per inserire un sintagma o una proposizione incidentale (ma in quei casi le virgole devono essere due, una all’inizio, una alla fine dell’incidentale).
Nella sua frase il complemento oggetto è rappresentato non da un sintagma ma da una proposizione oggettiva (che il perito può…), ma la regola vale ugualmente.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
È corretta questa frase: “Non penso che Marco lo abbia fatto per farti del male, e mi pare evidente che non ti stia facendo nessun dispetto; ma ancora più assurda mi sembra l’idea che lui ti odi”?
Che ne dice riguardo all’uso del punto e virgola?
RISPOSTA:
La frase è ben formata da tutti i punti di vista. In particolare, il punto e virgola segmenta opportunamente il testo separando la prima parte, fortemente solidale al suo interno per il contenuto, dalla seconda parte, che aggiunge una considerazione riguardante tutta la prima parte.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Vi propongo due questioni riguardanti la scelta tra i modi indicativo e condizionale.
Prima questione.
1a. Spero che lei sia indisposta, altrimenti non vengo / verrò alla festa.
1b. Spero che lei sia indisposta, altrimenti non verrei alla festa.
Le frasi sono entrambe ben costruite?
Ci sono casi in generale in cui sia debba usare obbligatoriamente soltanto uno dei due modi (indicativo o condizionale) in frasi introdotte dalla congiunzione altrimenti?
Seconda questione.
2. Non ho intenzione di vendere la mia casa al mare. Se lo facessi, l’acquirente entrerebbe in possesso di un immobile che avrei ristrutturato da poco.
Il condizionale passato (avrei ristrutturato) potrebbe essere interpretato meramente come azione precedente a quella dell’entrare in possesso da parte dell’acquirente, oppure, sulla scorta del classico periodo ipotetico, porta con sé soltanto l’irrealizzabilità dell’evento?
Provo a snebbiare un po’ la domanda esplicando la base logica della frase: in questo contesto mi sentirei di adottare il condizionale passato per creare un rapporto temporale tra le due azioni (entrerebbe in possesso e avrei ristrutturato) distinguendole appunto sul piano della successione cronologica e non su quello semantico. L’azione eventuale del ristrutturare sarebbe difatti precedente a quella dell’entrare in possesso. Con un altro condizionale presente (ristrutturerei) tale stacco per me non sarebbe evidenziabile.
Avevo valutato anche due tempi dell’indicativo (passato prossimo e futuro anteriore), che però non mi sembrano adeguati al messaggio da trasferire all’interlocutore. Scegliendo tali forme verbali, a patto che siano valide, in che modo cambierebbe la semantica?
RISPOSTA:
Tutte le frasi sono legittime. Nella 1, la proposizione disgiuntiva introdotta da altrimenti può essere costruita con il presente indicativo (vengo), il futuro semplice (verrò) e il condizionale presente (verrei). La scelta fra le tre opzioni è determinata da fattori semantici e diafasici: l’indicativo presente e il futuro rappresentano l’alternativa come un fatto certo nel futuro immediato o lontano. Il presente è, a questo scopo, meno formale del futuro. Il condizionale rappresenta la stessa alternativa come una conseguenza condizionata da un altro evento. In assenza di altre indicazioni, tale evento sarebbe automaticamente fatto coincidere dal ricevente con l’indisposizione di lei: “Spero che lei sia indisposta, altrimenti (se lei non fosse indisposta) non verrei alla festa.
Nella frase 2, come ha giustamente notato lei, il valore del condizionale passato è relativo alla consecutio temporum, non al grado di possibilità della conseguenza di un evento. Il condizionale passato, cioè, indica che l’evento del ristrutturare è passato rispetto a quello di riferimento, cioè la vendita, ma futuro rispetto al momento dell’enunciazione, che è ora. Non va dimenticato, però, che il condizionale veicola sempre una sfumatura di potenzialità; dalla frase, infatti, traspare, per via del condizionale, che la ristrutturazione non sia stata ancora decisa.
Si noterà che il momento dell’enunciazione è considerato passato nella frase, perché è osservato dalla prospettiva futura del momento di riferimento; per questo si giustifica l’uso del condizionale passato, che, come è noto, esprime il futuro nel passato, cioè un evento futuro rispetto a un altro evento passato (qui coincidente, per l’appunto, con il presente). Non è necessario spostare il centro deittico, cioè il punto di vista, al futuro per costruire correttamente la frase: è possibile anche mantenere quello del momento dell’enunciazione. In questo modo, il momento in cui avviene la ristrutturazione è futuro rispetto al presente, ma passato rispetto alla vendita, ovvero è futuro anteriore: l’acquirente entrerebbe in possesso di un immobile che avrò ristrutturato da poco. Con l’indicativo, però, si perderebbe la sfumatura potenziale veicolata dal condizionale e la ristrutturazione apparirebbe concreta, già decisa.
Il condizionale presente (ristrutturerei) al posto del passato cambia il senso della frase perché la funzione temporale preminente nel condizionale passato sarebbe in questo caso esclusa ed emergerebbe soltanto quella potenziale: l’acquirente entrerebbe in possesso di un immobile che ristrutturerei (se potessi). Il condizionale presente, inoltre, impedisce l’uso della locuzione da poco, visto che indica un’azione ancora da venire (forse).
Con il passato prossimo (ho ristrutturato) la frase sarebbe ancora corretta, ma la ristrutturazione sarebbe rappresentata come già avvenuta al momento in cui l’emittente sta parlando.
Fabio Ruggiano
Raphael Merida
QUESITO:
“Caro amico, hai ragione che sono trascorse tante settimane da quando ci siamo visti”.
Il che quale funzione ha (credo nessuna)? Andrebbe eliminato e magari sostituito con una virgola?
RISPOSTA:
Il che ha una funzione completiva: sintetizza riguardo al fatto che o simili. Si può certamente sostituire con una virgola, o ancora meglio con due punti. Così facendo, però, si trasforma una subordinata in una coordinata per asindeto, rendendola sintatticamente più autonoma. Sul piano semantico, la diversa organizzazione sintattica produce qualche effetto: la subordinata si pone come completamento della reggente, che rimarrebbe sospesa se ne fosse privata, come a dire che la ragione è legata al fatto specifico descritto nella subordinata. La coordinata, invece, si pone come aggiunta: con la virgola mette il secondo fatto sullo stesso piano del primo, in una relazione di difficile interpretazione; con i due punti configura il secondo fatto come una spiegazione del primo (i due punti si interpretano come ciò che segue spiega il motivo per cui è stato detto ciò che precede).
Il che che sintetizza o sostituisce altri connettivi, come perché, cosicché, il fatto che ecc., prende il nome di che polivalente ed è una scelta da limitare a contesti poco formali. Per un approfondimento di questo argomento rimandiamo alla risposta 2800522 dell’archivio di DICO.
Fabio Ruggiano
Raphael Merida
QUESITO:
Potete verificare se l’analisi dei seguenti periodi è corretta?
1. Il problema dell’inquinamento atmosferico è concentrato soprattutto nelle aree metropolitane (principale) / dove il riscaldamento degli edifici, il traffico e gli impianti industriali hanno effetti dannosi sulla qualità dell’aria (subordinata) / e causano danni alla salute dei cittadini, (coordinata) / ragione per cui spesso si ricorre a misure di emergenza come il blocco del traffico dei veicoli più inquinanti (subordinata alla coordinata).
2. Il presidente della Repubblica ha accolto con gioia la delegazione degli sportivi (principale) / che hanno partecipato alle olimpiadi (subordinata) / e che hanno dato prestigio al nome dell’Italia (coordinata).
3. Tutti coloro che parteciperanno al viaggio di istruzione (principale) sono invitati ad alzare la mano, (subordinata 1° grado) / perché il numero esatto dei ragazzi venga comunicato in segreteria (subordinata 2° grado).
4. Una volta saliti sul treno ci accorgemmo (principale) che il biglietto non era stato obliterato (subordinata).
5. Ho pensato (principale) che la soluzione migliore sia (subordinata 1° grado) quella indicatami da Luigi (subordinata 2° grado).
6. Senza che lui lo sapesse, (subordinata 1° grado) / gli amici di Marco hanno organizzato una festa, (principale) / perché è tornato da un soggiorno all’estero che è durato più di un anno (subordinata 1° grado).
RISPOSTA:
1. L’analisi è sostanzialmente corretta, ma incompleta: la subordinata introdotta da dove è un relativa; la coordinata è coordinata alla subordinata relativa; la subordinata alla coordinata è anch’essa relativa. Quest’ultima è introdotta da un nesso relativo (ragione per cui), nel quale il nome tecnicamente fa parte della proposizione reggente, visto che è l’antecedente del pronome per cui. Può, però, essere considerato un tutt’uno con il relativo (si evita, così, di tagliare la proposizione reggente dopo ragione, lasciandola un po’ sospesa: e causano danni alla salute dei cittadini, ragione).
Esulando dall’analisi, rilevo che la virgola prima di ragione non va bene; l’uso di un incapsulatore (ovvero una parola che racchiude un intero enunciato) come ragione è uno dei tipici casi in cui è richiesto il punto e virgola (o, al limite, il punto fermo). La necessità di inserire un segno di interpunzione più forte della virgola rafforza l’idea che ragione faccia parte più della relativa subordinata che della reggente.
2. Analisi corretta. Manca, però, l’indicazione del tipo di subordinata, ovvero relativa, e dell’informazione riguardo alla coordinata, che è coordinata alla subordinata.
3. Scorretta. Ecco la versione corretta: “Tutti coloro sono invitati (principale) che parteciperanno al viaggio di istruzione (subordinata di 1° grado relativa) ad alzare la mano (subordinata di 1° grado oggettiva o finale), / perché il numero esatto dei ragazzi venga comunicato in segreteria (subordinata di 2° grado finale).
4. Scorretta. Ecco la versione corretta: “Una volta saliti sul treno (subordinata di 1° grado temporale implicita) ci accorgemmo (principale) che il biglietto non era stato obliterato (subordinata di 1° grado oggettiva).
5. Sostanzialmente corretta. La subordinata di 1° grado è oggettiva; la subordinata di 2° grado è relativa implicita. In questo caso non c’è dubbio che quella faccia parte della reggenre, quindi: che la soluzione migliore sia quella / indicatami da Luigi.
6. Scorretta. Ecco la versione corretta: “Senza che lui lo sapesse (subordinata di 1° grado esclusiva), / gli amici di Marco hanno organizzato una festa (principale), / perché è tornato da un soggiorno all’estero (subordinata di 1° grado causale) che è durato più di un anno (subordinata di 2° grado relativa).
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Quanti errori ho commesso?
2) Riguardo all’inferno, disse che l’aveva considerato una punizione solo per gli adulti; e se tutte le ragazze che si comportavano come lei fossero finite all’inferno, per stare calde, non ci sarebbe stato bisogno del fuoco eterno.
3) Sapevano che essere genitori comportasse anche subire grandi delusioni e provare forti dispiaceri.
4) Quando i ragazzi cominciarono a guardarla con interesse, capì che stava andando nella giusta direzione; o meglio, che lei immaginava fosse quella giusta.
5) Suor Teresa iniziò dicendo che il giorno dopo sarebbe partita per i ritiri spirituali e che [questo che si può togliere?] sarebbe stata assente per due giorni.
6) Si consolò pensando che l’esame saltato, in definitiva, era / fosse stato una fortuna, anche se dal retrogusto amarissimo: gli aveva permesso di scoprire le bugie raccontategli.
7) In quel momento entrò la sua segretaria che, vedendolo in quello stato, gli chiese preoccupata… [le virgole si possono togliere?]
8) Lo pestarono senza pietà, peggio di come lui aveva / avesse fatto con l’altro.
RISPOSTA:
1) Il che si può togliere. Facendolo, però, la struttura della frase, e il suo significato, cambiano leggermente, perché sarebbe diventato pericoloso si configura non più come subordinata di di capire ma come coordinata alla principale.
2) Corretta. Qui l’assenza del che introduttivo di non ci sarebbe stato bisogno del fuoco eterno non cambia quasi niente, perché la proposizione non può che essere subordinata a disse.
3) Corretta. Il congiuntivo imperfetto è usato secondo i modi della consecutio temporum per esprimere contemporaneità nel passato.
4) La seconda parte è poco coesa, perché che rimane a metà strada tra il pronome relativo e la congiunzione correlativa del primo che. Una possibile correzione è la seguente: o meglio, nella direzione che lei immaginava fosse quella giusta.
5) Come la 2.
6) Corrette entrambe le varianti. Il congiuntivo è la soluzione più formale. Dopo i due punti si potrebbe aggiungere un segnale discorsivo per maggiore chiarezza: gli aveva, infatti, permesso di scoprire le bugie raccontategli.
7) Le proposizioni incidentali, come la gerundiva vedendolo in quello stato, richiedono le virgole di apertura e chiusura.
8) Corrette entrambe le varianti. Il congiuntivo è la soluzione più formale.
Raphael Merida
Fabio Ruggiano
QUESITO:
La frase che segue è corretta?
“Sai che dopo il check-in, anziché mettermi in prima classe fui collocata in seconda a causa di un errore del personale?”.
RISPOSTA:
La frase non è corretta. L’uso dell’infinito (in questo caso mettermi) presuppone che il soggetto del verbo (in questo caso il personale) coincida con quello della proposizione reggente (in questo caso io). Non è difficile correggere la costruzione, modificando il soggetto della proposizione reggente o quello della subordinata all’infinito (di tipo avversativo). Nel primo caso avremo “Sai che dopo il check-in, anziché mettermi in prima classe, il personale mi collocò in seconda a causa di un errore?”; nel secondo “Sai che dopo il check-in, anziché essere messa in prima classe, fui collocata in seconda a causa di un errore del personale?”. Si noti anche che ho aggiunto la virgola tra la subordinata preposta alla reggente e la reggente; regola, comunque, non rigida.
La scelta tra la prima e la seconda soluzione dipenderà dall’informazione che si vuole mettere in evidenza: la variante con il soggetto il personale suona molto più accusatoria nei confronti di questa categoria, che è, invece, lasciata in secondo piano nella variante con io soggetto passivo.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
A proposito del congiuntivo: la congiunzione purché si usa come se?
“Sarei andato in macchina, purché (= se) avessimo diviso le spese” (contemporaneità nel passato);
“Andrei in macchina purché dividessimo le spese”
In questo contesto perché si usa il trapassato. Non basta il congiuntivo passato?
– Giorgio ieri sera ha fatto dei discorsi strani.
– Anche a me e sembrato che il suo comportamento non fosse normale.
– Che avesse bevuto troppo? (oppure Che abbia bevuto troppo?)
Qui invece del trapassato dell’indicativo si usa il trapassato del congiuntivo?
– Luisa non mi parló del suo progetto di cercare un altro lavoro.
– Che avesse cambiato idea?
E anche qui?
– Franco ha ripetuto ciò che mi aveva detto Giulio.
– Che si fossero messi d’accordo?
RISPOSTA:
La congiunzione purché è quasi sempre usata nel periodo ipotetico, come semplice variante di se, rispetto alla quale veicola una sfumatura restrittiva. Nella sua frase, per esempio, purché si può parafrasare con ‘soltanto se, soltanto nel caso in cui’.
Ha, però, anche un uso specifico, condizionale-restrittivo, con il quale indica la condizione che deve realizzarsi (o avrebbe dovuto realizzarsi) perché un evento possa verificarsi (o avesse potuto verificarsi). Quando è usata con questa funzione in riferimento a eventi presenti o futuri, non può essere sostituita perfettamente da se; ad esempio: “Farò come tu vuoi, purché tu me lo chieda per favore”. Se proviamo a sostituire purché con se in questa frase, otteniamo un risultato al limite dell’accettabilità: *”Farò come tu vuoi, se tu me lo chieda per favore”. Si noti anche che qui purché è preferibilmente preceduta dalla virgola, perché il legame logico tra condizione e conseguenza è percepito come meno diretto di quello tra ipotesi e conseguenza. Al passato, la specificità di purché si annulla in ogni caso, perché la condizione viene a confluire automaticamente nell’ipotesi: “Avrei fatto come tu volevi, purché / se tu me lo avessi chiesto per favore”. Si noti, però, che anche in questo caso purché richiede la virgola più fortemente di se.
Le proposizioni interrogative che esprimono un dubbio richiedono, come nota lei, il congiuntivo. Possiamo considerare queste proposizioni subordinate a una reggente sottintesa come è possibile… La sua prima frase, quindi, equivale a: “È possibile che abbia / avesse bevuto troppo”. Dal momento che l’evento del bere sarebbe avvenuto prima di un altro evento passato, corrispondente al comportamento non normale, il tempo può essere trapassato. Il passato non sarebbe comunque scorretto, perché l’evento del bere può essere rappresentato come semplicemente passato, senza il riferimento alla precedenza rispetto al comportamento non normale. In 4 la scelta del tempo del congiuntivo modifica sostanzialmente il senso della frase: “Che abbia cambiato idea?” implica che il cambiamento di idea sia ancora attuale, mentre “Che avesse cambiato idea?” lo riferisce solamente al passato (il che, però, non esclude che sia ancora attuale).
Fabio Ruggiano
Raphael Merida
QUESITO:
Le seguenti costruzioni ellittiche (tra parentesi le parti omesse) sono accettabili?
1) Aveva preso l’autostrada, (aveva) pagato il pedaggio, (aveva) raggiunto il lavoro.
2) Le lampade erano state spente e la musica (era stata) abbassata.
3) Lunghi pomeriggi d’estate, (noi/essi) distesi sulla spiaggia o sognanti sul molo.
4) Non era bello; ma, tuttavia, (era) affascinante.
RISPOSTA:
Le frasi 1) e 4) sono ben formate. In una sequenza di più participi costruiti con lo stesso ausiliare si esprime, generalmente, soltanto quello iniziale.
Se gli ausiliari sono diversi, anche nel caso in cui cambi soltanto la persona, come in 2), è preferibile esplicitarli tutti: “Le lampade erano state spente e la musica era stata abbassata”. L’ellissi dell’ausiliare nel caso in cui cambi solamente la persona è accettabile nel parlato o in uno scritto non sorvegliato.
In 3) l’ellissi del soggetto è da evitare, altrimenti distesi e sognanti viene concordato con lunghi pomeriggi e la frase cambia di senso. Quindi: “Lunghi pomeriggi d’estate, noi / loro distesi sulla spiaggia o sognanti sul molo”. Sarebbe possibile non esprimere il soggetto se la frase continuasse con un verbo di modo finito; ad esempio: “Lunghi pomeriggi d’estate; distesi sulla spiaggia o sognanti sul molo rimanevamo / rimanevano ore ad aspettare il tramonto”. Come si vede, anche in questo caso è meglio separare i due blocchi della frase con un punto e virgola o un punto fermo, in modo da prevenire l’ambiguità del riferimento di distesi e sognanti.
Raphael Merida
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Ho scritto la seguente frase umoristica su Facebook: “Certi individui attraversano la strada con un dinamismo vitale e una ‘joie de vivre’, al cui confronto Frankestein sembra un ginnasta dell’antica Atene”.
Dopo qualche ora mi è sorto il dubbio che quella virgola, l’unica presente nel testo, non dovesse essere posta. Solo che ormai tutti hanno letto e perciò temo di aver rovinato la reputazione di discreto scrittore che ho costruito con fatica.
RISPOSTA:
Nella frase la virgola non è richiesta perché la proposizione relativa introdotta da al cui confronto è di tipo limitativo, non esplicativo. Questa relativa è parte integrante dell’antecedente (un dinamismo vitale e una ‘joie de vivre’), che non ne può fare a meno; se, infatti, proviamo a eliminarla, il risultato risulta incompleto: “Certi individui attraversano la strada con un dinamismo vitale e una ‘joie de vivre'”. Si veda, invece, come cambia il rapporto tra reggente e relativa se rendiamo l’antecedente autonomo: “Certi individui attraversano la strada con un certo dinamismo vitale e una certa ‘joie de vivre'”; in questo caso la relativa, che pure può seguire, andrà preceduta da virgola, perché è esplicativa, aggiuntiva, non limitativa, ovvero identificativa dell’antecedente.
Per approfondire questo argomento può consultare diverse risposte nell’archivio di DICO (per esempio la FAQ Usi testuali della virgola).
Va detto che la sua frase presenta un problema di coesione tipico del parlato, da evitare nello scritto: il riferimento di al cui confronto sarebbe un dinamismo vitale e una ‘joie de vivre’, non certi individui. Nella frase, quindi, si confronta Frankenstein al modo di camminare di certi individui, mentre il confronto può essere fatto o tra il modo di camminare di Frankenstein e il modo di camminare di certi individui, o tra Frankenstein e certi individui che camminano in un certo modo. Il senso della frase è comunque chiaro, ma il testo risulta sconnesso.
Un modo semplice per riconnettere i due termini del confronto è questo: “Certi individui attraversano la strada con un dinamismo vitale e una ‘joie de vivre’ al cui confronto il modo di camminare di Frankestein sembra quello di un ginnasta dell’antica Atene”. Chiaramente, in questo modo la frase è meno diretta e probabilmente fa meno ridere, ma la coesione è migliore. In ogni caso, la relativa rimane limitativa, quindi senza virgola.
Fabio Ruggiano
Raphael Merida
QUESITO:
Richiedo il vostro parere sulla correttezza di questa frase: “Vi informo che il veicolo, abbia subito un danno”.
Sarebbe più corretto scrivere “Vi informo che il veicolo ha subito un danno”?
RISPOSTA:
La frase ha certamente un difetto, che è la virgola prima di che, da eliminare. Si può, inoltre, discutere su quale modo verbale sia meglio usare nella subordinata completiva. Quasi sempre le proposizioni completive ammettono l’alternanza tra indicativo e congiuntivo (penso che tu sei mio amico / penso che tu sia mio amico). In questi casi il congiuntivo si configura come la soluzione più formale, e il senso della frase non è intaccato dalla scelta. Nella sua frase, invece, il senso è talmente oggettivo da preferire senz’altro l’indicativo, in quanto modo della fattualità. Non si può giudicare Vi informo che il veicolo abbia… sbagliata, ma Vi informo che il veicolo ha… è più naturale ed è adatta a tutti i contesti.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Sono corrette queste frasi?
1. Se rappresentava il compenso per una settimana di lavoro, lo considerava inadeguato; se invece fosse stato un regalo per le sue prestazioni sullo yacht, significava che era stata considerata una puttana.
2. Se a te fa piacere, sarei felice di invitarti a prendere un gelato o se preferisci, potremmo andare al cinema.
3. Due giorni prima dell’esame, Marco ricordò alla sua ragazza l’impegno che si era preso/a? di accompagnarlo.
4. Inoltre, vista la mia situazione, un aumento di stipendio era proprio ciò che ci volesse / voleva?
5. Ci vorranno ancora secoli perché tutto questo cambi.
RISPOSTA:
1. Corretta; l’alternanza tra un periodo ipotetico con protasi all’indicativo imperfetto (rappresentava) e al congiuntivo trapassato (fosse stato) è ammissibile come scelta stilistica.
2. L’unica sbavatura è la mancanza delle virgole prima della coordinata disgiuntiva (non sempre richiesta, ma in questo caso preferibile perché la coordinata presenta un’alternativa netta rispetto alla prima proposizione), e in apertura dell’incidentale. Quindi, un gelato, o, se preferisci,.
3. l’impegno che si era presa. Il participio passato unito all’ausiliare essere concorda con il soggetto.
4. Corrette entrambe le varianti. Il congiuntivo è più formale.
5. Corretta.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Vi sottopongo i seguenti periodi (forma originaria e forme alternative) per analizzare le varie posizioni assunte dalla virgola, nonché, talvolta, l’omissione di quest’ultima.
1a: Suo marito era simile a lei, orgoglioso quando si manifestavano delle critiche alle sue radici.
1b: Suo marito era simile a lei, orgoglioso, quando si manifestavano delle critiche alle sue radici.
2a: Le voci penetravano nella stanza, e nel bosco vicino si moltiplicavano gli ululati del vento.
2b: Le voci penetravano nella stanza e nel bosco vicino si moltiplicavano gli ululati del vento.
2c: Le voci penetravano nella stanza e, nel bosco vicino, si moltiplicavano gli ululati del vento.
2d: Le voci penetravano nella stanza, e, nel bosco vicino, si moltiplicavano gli ululati del vento.
3a: Gli alberi del giardino avevano un aspetto lussureggiante, e anche invitante.
3b: Gli alberi del giardino avevano un aspetto lussureggiante e, anche, invitante.
3c: Gli alberi del giardino avevano un aspetto lussureggiante e anche invitante.
4a: L’obiettivo era ottenere un plauso, un consenso che ne confermasse il placet degli addetti ai lavori.
4b: L’obiettivo era ottenere un plauso, un consenso, che ne confermasse il placet degli addetti ai lavori.
5a: Doveva essere pieno di debiti, o forse di sensi di colpa.
5b: Doveva essere pieno di debiti o forse di sensi di colpa.
5c: Doveva essere pieno di debiti, o, forse, di sensi di colpa.
5d: Doveva essere pieno di debiti o, forse, di sensi di colpa.
RISPOSTA:
La virgola separa e rende autonome due unità informative. Di volta in volta, questa separazione produce sfumature semantiche diverse, evidenti oppure appena percepibili. Nella frase 1a il marito è descritto come orgoglioso nel caso in cui ricevesse critiche, al pari della moglie; nella 1b, invece, si dice che quando riceveva critiche era simile alla moglie, ovvero orgoglioso. La differenza, è evidente, è minima e riguarda il peso informativo dell’aggettivo orgoglioso: in 1b, a causa della seconda virgola, risulta ridotto a una chiosa esplicativa (come se fosse introdotto da ovvero), mentre risalta maggiormente il dato della somiglianza con la moglie.
Anche nella 2a la virgola prima della e separa due unità informative e rende le due descrizioni autonome (con varie possibili ragioni espressive). In 2c e 2d il luogo del bosco è rappresentato come di secondaria importanza rispetto all’informazione principale, la descrizione degli ululati.
La stessa analisi vale per la 3 e la 5.
La 4 presenta il tipico confronto tra la proposizione relativa limitativa (4a) e quella esplicativa (4b) Su questo argomento ci sono diverse risposte nell’archivio di DICO (da FAQ Usi testuali della virgola), a cui la rimando anche per consultare altri casi commentati di uso della virgola.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
“Dott.ssa, potrebbe indicarmi dove posso trovare il libro del Prof.? Sembra in molte librerie esaurito o non disponibile”.
La domanda è questa: è corretto mettere il punto interrogativo e ritenere la frase indipendente, oppure dipende da come formulo la frase e abbiamo anche una subordinata e quindi non inserisco il punto interrogativo?
RISPOSTA:
Il punto interrogativo va inserito alla fine della domanda, ovvero proprio dove l’ha inserito lei. Quella che segue è una frase affermativa che serve a giustificare la domanda precedente. Se non mettesse il punto interrogativo la frase sarebbe tutta affermativa, ma la forma stessa e il senso della prima parte rendono impossibile una interpretazione che non sia interrogativa.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Vi pongo alcuni dubbi e spero che possiate chiarirmeli.
1. Dire a loro oppure dire loro?
2. “Cara Lucia, come stai? E il piccolo Luca?”
Riguardo a questa frase chiedo se è corretta così com’è scritta.
3. “Scrivere a te che non conosco / ti conosco è bello”.
4. “Mi chiedo perché a ogni saggio qualcuno si rompe / rompa un braccio”.
5. “Una volta che i miei genitori si arrabbiano, solo dopo due giorni gli passa…”.
In questa frase è corretto l’uso di gli è corretto?
6. “A volte di domenica vado agli scout”.
Si può dire agli scout?
7 . “Oh cara / Oh, cara quando mi hai concesso quel ballo ero emozionato”.
RISPOSTA:
1. Vanno bene entrambe le soluzioni (la stessa possibilità si ha con cui / a cui).
2. La frase va benissimo in un contesto anche scritto di media formalità. Più formale, perché più precisa, è l’esplicitazione del secondo verbo, visto che cambia la persona.
3. La variante corretta è “Scrivere a te che non conosco è bello”. Il che, infatti, può riferirsi a tutte le persone, anche se è più comune che rimandi a un antecedente alla terza persona singolare o plurale. Da evitare la ripetizione del pronome, che non avrebbe alcuna funzione informativa, ma servirebbe solamente a esplicitare un riferimento già sufficientemente esplicito.
4. Vanno bene entrambe le varianti; quella con il congiuntivo è più formale.
5. Gli per (a) loro è ormai accettato in tutti i registri.
6. L’espressione sintetica è efficace e trasparente, ma adatta a un contesto colloquiale, perché non perfettamente formata secondo le regole standard. In italiano, la preposizione di moto a luogo quando il luogo è rappresentato da una persona è da, non a (per esempio: “Ogni domenica vado dai miei nonni”, non *”ai miei nonni”). Vado dagli scout, però, sarebbe inteso come ‘vado a trovare gli scout’, mentre qui si intende che si va a fare le attività degli scout. Da qui la soluzione abborracciata vado agli scout. Per risolvere la questione in linea con la lingua standard si dovrebbe sostituire scout con un luogo, per esempio: vado alla sede degli scout, oppure con un’azione: vado a partecipare alle attività degli scout, o simili. In questo modo, l’espressione si allunga e diviene faticosa, per cui è ovvio, e legittimo, che parlando tra amici si preferisca la variante sintetica.
7. Vanno bene entrambe le varianti. Obbligatoria, invece, la virgola dopo l’allocuzione (ovvero il complemento vocativo): “Oh cara, quando mi hai…”.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Il periodo successivo può dirsi lineare?
Certo, i ricordi brutti sono molti come lanciare una bomba, sentirsi un amico che muore alle tue spalle, partecipare a una missione del genere, ma i ricordi belli sono indelebili, come sentirsi dire “Congratulazioni lei è ufficialmente laureata”. Ma tu sei giovane e questa è solo una piccola parte della tua vita.
In particolare, la congiunzione ma dopo il punto fermo non mi sembra adatta.
RISPOSTA:
La seconda parte va bene, compreso il ma all’inizio del periodo, con funzione avversativa rispetto a tutto il periodo precedente, non solamente rispetto a un elemento. Nella prima parte l’elenco è incongruente (al netto di effetti retorici ricercati), perché una missione dovrebbe contenere, quindi precedere, lanciare una bomba e sentirsi un amico morire, non essere messo sullo stesso piano. Propongo la seguente riformulazione, con la rivisitazione anche della punteggiatura:
Certo, i ricordi brutti sono molti, come partecipare a una missione del genere, lanciare una bomba, sentirsi un amico che muore alle tue spalle; ma…
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Le seguenti frasi sono corrette ?
1. Diceva che nel matrimonio bisogna / bisognasse avere pazienza e saper perdonare; che fosse dannoso dare tutto per scontato e lasciare che la routine prendesse il sopravento. E che l’unica soluzione fosse mantenere il rapporto sempre vivo.
2. Quello che mi fece arrabbiare di più, oltre all’ennesimo probabile tradimento, fu che ti presentasti con giacca e camicia stropicciati, cravatta fuori posto e spettinato; una offesa alla mia intelligenza e una conferma, semmai ce ne fosse stato bisogno, del poco rispetto che tu portavi nei miei confronti. 3. Il proprietario dell’hotel gli chiese se, in caso di necessità, avrebbe / avesse potuto / potesse chiamarlo.
4. In un lungo e imbarazzante colloquio, la informò delle frequenti e brevi avventure amorose della figlia e che tutti o quasi ne erano / fossero a conoscenza.
5. La piccola non si aspettava certo un aiuto dalle sorelle, ma che almeno avessero taciuto sì, quello lo aveva sperato.
6. Quella frase di Marco, nonostante avesse capito perché l’avesse pronunciata, la riempì comunque di gioia.
7. Giulia scordò che proprio il giorno della sfilata, Marco avrebbe dato l’ultimo esame prima della tesi di laurea e che lei avesse / aveva promesso di accompagnarlo.
RISPOSTA:
Nella prima frase l’alternanza tra presente e imperfetto è possibile non solamente nel primo caso (bisogna / bisognasse), ma anche nei seguenti. Ovviamente, se si propende, come lei ha fatto, per l’imperfetto negli altri casi, ci si aspetta bisognasse, ma il passaggio dal presente all’imperfetto sarebbe giustificabile se si volesse ottenere una sfumatura di significato (apprezzabile solamente in uno scritto con aspirazioni letterarie). La differenza tra il presente e l’imperfetto è che il primo caratterizza il pensiero come generale, atemporale, sempre valido, il secondo lo riconduce al piano temporale al quale appartiene diceva, quindi allude al caso specifico di cui il soggetto di diceva stava parlando.
La seconda frase è corretta, tranne per l’accordo tra giacca e camicia e stropicciati (corretto stropicciate). Possibile, oltre a ce ne fosse stato bisogno, anche ce ne fosse bisogno.
Nella terza sono corrette le forme avrebbe potuto (condizionale passato per esprimere il futuro nel passato) e potesse (congiuntivo imperfetto che conferisce una sfumatura ipotetica alla proposizione interrogativa indiretta). Avesse potuto sarebbe la forma corretta solamente se il proprietario si riferisse non al futuro ma al passato (nel qual caso le altre due forme sarebbero scorrette).
Nella quarta sono corrette entrambe le forme; l’indicativo è più comune, il congiuntivo più formale.
La quinta è corretta.
Nella sesta le forme verbali sono corrette. Per maggiore chiarezza, è possibile, ma in fondo non necessario, aggiungere uno dei due soggetti pronominali nel gruppo proposizionale incidentale: nonostante lei avesse capito perché l’avesse pronunciata o nonostante avesse capito perché lui l’avesse pronunciata. Possibile, ma al costo di una certa ridondanza, anche aggiungerli entrambi: nonostante lei avesse capito perché lui l’avesse pronunciata.
Per la settima vale quanto detto per la quarta. Bisogna, però, intervenire sulla punteggiatura: “Giulia scordò che proprio il giorno della sfilata Marco avrebbe dato l’ultimo esame prima della tesi di laurea e che lei…”, oppure “Giulia scordò che proprio il giorno della sfilata Marco avrebbe dato l’ultimo esame prima della tesi di laurea, e che lei…”.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Ho seri dubbi, per non dire quasi un incubo, sulla punteggiatura. Come bisogna puntare la seguente frase?
“Hanno chiesto un intervento tempestivo da parte delle famiglie ed esplicitato che qualora si dovessero verificare altri episodi di “sottrazione impropria”, ricorreranno alle vie legali”.
RISPOSTA:
La frase può rimanere così com’è. In questa formulazione, la virgola non ha valore informativo, ma serve solamente a separare la subordinata anteposta alla reggente dalla reggente stessa. Per questo motivo, non è necessaria, sebbene sia attesa; sarebbe, inoltre, disorientante per il lettore lasciare un periodo così complesso senza punteggiatura.
Ci sono anche alcune alternative possibili:
1. “Hanno chiesto un intervento tempestivo da parte delle famiglie, ed esplicitato che qualora si dovessero verificare altri episodi di ‘sottrazione impropria’, ricorreranno alle vie legali” (si noti che le virgolette all’interno di altre virgolette divengono singoli apici).
2. “Hanno chiesto un intervento tempestivo da parte delle famiglie ed esplicitato che, qualora si dovessero verificare altri episodi di ‘sottrazione impropria’, ricorreranno alle vie legali”.
3. “Hanno chiesto un intervento tempestivo da parte delle famiglie, ed esplicitato che, qualora si dovessero verificare altri episodi di ‘sottrazione impropria’, ricorreranno alle vie legali”.
Nella prima la virgola separa i due momenti della richiesta di intervento e dell’esplicitazione, sottolineando l’autonomia dei due eventi.
Nella seconda, la proposizione ipotetica è resa incidentale, quindi semanticamente secondaria, come a suggerire che l’eventualità sia ritenuta improbabile.
La terza unisce le prime due.
La virgola tra subordinata e reggente può essere eliminata solamente nella prima riscrittura; nelle altre due è necessaria per chiudere l’incidentale.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Ho dei dubbi sulla punteggiatura e correttezza formale delle tre frasi seguenti:
1. Oggi sono andato al fiume con il mio amico Giulio, subito abbiamo iniziato a
pescare con il fluttuante. Sono elettrizzato ancora adesso; lui è già bravo e
subito ha preso una bella trota che purtroppo è riuscita a slamarsi. (Il punto e
virgola dopo “adesso” va bene?)
2. Ho preso una iridea di 37 cm, era sbalordito, era veramente un esemplare
gigante, subito mi sono trovato con la bocca spalancata e le pupille dilatate al
massimo. (Dopo la parola gigante è meglio una virgola o un punto e virgola?)
3. Naturalmente ho partecipato ad altri campeggi, ma non ero mai stata con dei
ragazzi molto più grandi di me. Infatti sento di aver compreso che ci si può
divertire anche stando con persone più grandi o più piccole, più simpatiche o
meno, che conosco già o che non conosco affatto. (La congiunzione “infatti” è
corretta).
RISPOSTA:
Rispondo sotto ciascun esempio, punto per punto.
1. Oggi sono andato al fiume con il mio amico Giulio, subito abbiamo iniziato a
pescare con il fluttuante. Sono elettrizzato ancora adesso; lui è già bravo e
subito ha preso una bella trota che purtroppo è riuscita a slamarsi. (Il punto e
virgola dopo “adesso” va bene?).
Sì, va bene, meglio della virgola, perché tra la prima proposizione (“sono elettrizzato”) e la seconda (“lui è già bravo”) c’è un notevole cambiamento di piano, da quello emotivo a quello narrativo.
2. Ho preso una iridea di 37 cm, era sbalordito, era veramente un esemplare
gigante, subito mi sono trovato con la bocca spalancata e le pupille dilatate al
massimo. (Dopo la parola gigante è meglio una virgola o un punto e virgola?).
Meglio il punto e virgola per motivo analogo a quello del punto 1. E c’è un refuso era > ero. Anche altri segni interpuntivi possono essere migliorati alla luce del cambiamento di piano dall’emotivo al narrativo o viceversa e simili. Provo a riformulare tutto il brano:
Ho preso una iridea di 37 cm; ero sbalordito: era veramente un esemplare
gigante. Subito mi sono trovato con la bocca spalancata e le pupille dilatate al
massimo.
3. Naturalmente ho partecipato ad altri campeggi, ma non ero mai stata con dei
ragazzi molto più grandi di me. Infatti sento di aver compreso che ci si può
divertire anche stando con persone più grandi o più piccole, più simpatiche o
meno, che conosco già o che non conosco affatto. (La congiunzione “infatti” è
corretta).
Non molto, perché non si sta deducendo qualcosa sulla base di quanto precede, bensì aggiungendo un nuovo elemento. Infatti [stavolta ci sta bene] si può non essere mai stati prima con ragazzi ecc. senza per questo aver compreso ecc. Sarebbe meglio eliminarlo e attaccare con “Sento…”.
Fabio Rossi
QUESITO:
Spesso vedo scritto “domenica, 5 ottobre 2019, ore 13.30”, altre volte “domenica 5 ottobre 2019, ore 13.30”. Mi piacerebbe sapere qual è la forma giusta.
RISPOSTA:
In una stringa di testo come una data, nella quale i collegamenti testuali sono appena accennati, la punteggiatura assume la stessa funzione che ha in un elenco: separarne i membri. Il punto in cui mettiamo la virgola, pertanto, segna il confine tra un membro dell’elenco e il successivo. La prima soluzione, a causa della separazione tra domenica e 5 ottobre 2019, dà maggiore peso al secondo elemento, e potrebbe essere più adatta al caso in cui 5 ottobre 2019 fosse particolarmente importante; la seconda, al contrario, è adatta al caso in cui si voglia dare pari importanza a entrambe le informazioni del giorno. Se si volesse far risaltare domenica, ancora, si potrebbe optare per “5 ottobre 2019, domenica, ore 13.30”.
In conclusione, entrambe le varianti vanno bene, ma la seconda è quella più neutrale e adatta a tutte le occasioni.
Faccio notare che la grafia 13.30 non è l’unica diffusa nell’uso: esistono anche 13:30 e 13,30. Tra le tre, quella con la virgola è la meno indicata, perché la virgola si usa in matematica per separare i numeri interi dalla parte decimale, che è una funzione pericolosamente simile a quella di separare l’ora dai minuti: le 11,30, per esempio, rapportate al sistema decimale sono le 11,50 (cioè le 11 e mezzo). Il punto, a sua volta, ha la funzione di separare gli enunciati, mentre le due informazioni sull’ora e i minuti sono sicuramente da tenere insieme; la variante preferibile, pertanto, è quella con i due punti.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Mi è capitato di leggere alcuni periodi all’interno dei quali avrei sostituito determinate virgole scelte dall’autore di turno con i due punti (che ho inserito tra parentesi).
Mi piacerebbe conoscere la vostra opinione in merito.
In fondo, sai, non c’è niente di recuperabile, (:) il tempo è volato via e le condizioni sono variate.
Era libera di uscire di casa, (:) i parenti erano tutti a dormire.
Ogni tre mesi cambiava città, (:) era questo l’unico modo di cui disponeva per non mettere radici.
Si sarebbe goduto la pensione, (:) leggere romanzi storici e passeggiare in campagna.
Federico guardò Davide negli occhi, (:) ne vide la paura.
Aprì la porta di casa, corse in giardino, (:) c’era il sole, era primavera.
Oggi sono andato al fiume con il mio amico Giulio, (:) subito abbiamo iniziato a pescare…
RISPOSTA:
Come immagina, il terreno della punteggiatura, soprattutto in stralci dì’ambito narrativo-letterario, come quelli da lei proposti, è sdrucciolevole e non si presta a risposte seccamente binarie sì/no, giusto/sbagliato, bianco/nero. Ciò detto, mi pare che in tutti i casi da lei segnalati i due punti vadano meglio della virgola. In particolare:
– 1) “In fondo, sai, non c’è niente di recuperabile, (:) il tempo è volato via e le condizioni sono variate”: la seconda parte del brano in effetti è conseguenza della (o discende come caso specifico dalla) prima e dunque i due punti sono la scelta migliore. Andrebbe bene anche il punto e virgola, meno bene la virgola, dato il cambiamento di piano, appunto dalla constatazione generale (la prima parte) al caso dimostrativo particolare (la seconda).
– 2) “Era libera di uscire di casa, (:) i parenti erano tutti a dormire”. qui vanno bene tutti e tre i segni: virgola, due punti, punto e virgola, ma io preferisco i due punti, sempre per il rapporto logico di consequenzialità tra i due membri.
– 3) “Ogni tre mesi cambiava città, (:) era questo l’unico modo di cui disponeva per non mettere radici”: come 1: la virgola non va bene.
– 4) “Si sarebbe goduto la pensione, (:) leggere romanzi storici e passeggiare in campagna”. Come 2.
– 5) “Federico guardò Davide negli occhi, (:) ne vide la paura”: come 1.
– 6) “Aprì la porta di casa, corse in giardino, (:) c’era il sole, era primavera”: come 1.
– 7) “Oggi sono andato al fiume con il mio amico Giulio, (:) subito abbiamo iniziato a pescare…”: come 1.
Fabio Rossi
QUESITO:
Nella frase “Vi auguriamo di vivere a pieno la bellezza di questo nuovo viaggio impregnato di conoscenza e relazioni positive”, vorrei sapere se prima di impregnato bisogna inserire una virgola.
RISPOSTA:
La virgola non è obbligatoria, ma probabilmente è la scelta migliore nel suo caso. Senza virgola, la frase suppone che il viaggio sia già di per sé impregnato, mentre con la virgola questa qualità diventa subordinata all’augurio. Per rendere più trasparente la differenza, è possibile esplicitare la proposizione relativa “contenuta” nel participio passato:
“Vi auguriamo di vivere a pieno la bellezza di questo nuovo viaggio che è impregnato di conoscenza e relazioni positive”.
“Vi auguriamo di vivere a pieno la bellezza di questo nuovo viaggio, che è impregnato di conoscenza e relazioni positive”.
Addirittura, la presenza del verbo augurare favorisce una interpretazione ancora più ottativa della variante con la virgola, come se dicesse:
“Vi auguriamo di vivere a pieno la bellezza di questo nuovo viaggio, che sarà certamente impregnato di conoscenza e relazioni positive”.
Detto questo, mi permetto di fare un appunto stilistico: il termine impregnato suona, in questa frase, un po’ troppo enfatico, quindi artificioso. Una riformulazione più sobria sarebbe, secondo me, più efficace.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Ho un dubbio sul significato o uso di alcune parole poste tra le virgole.
Questa è la frase: “Avendo lavorato nel corso degli anni con un certo numero di studenti, penso che i meditanti debbano seguire il respiro dove gli sembra più vivido e tranquillo, dove è più probabile che catturi la loro attenzione. Nessuna di queste aree rimarrà sempre, in ogni seduta, la più vivida.Ma è importante non continuare a passare da una all’altra, alimentando una mente già agitata.
La mia domanda è questa: quando scrive “in ogni seduta” tra le virgole, sta puntualizzando cosa significa l’avverbio “sempre”; oppure sta solo aggiungendo una informazione nel contesto della frase? Cioè una considerazione all’interno della frase.
RISPOSTA:
A rigor di logica, l’inciso in questione serva a meglio precisare l’avverbio precedente: sempre, cioè in ogni seduta. Dal contesto del brano da Lei riportato (in verità non chiarissimo), non sembrano potervi essere altre interpretazioni. In realtà sempre e mai, nella loro assolutezza, non richiederebbero alcuna precisazione né dunque alcun inciso, visto che c’è poco da chiarire su ciò che deve verificarsi tutte le volte (e dunque, implicitamente, in ogni seduta) o nessuna volta. Tuttavia spesso i parlanti (e dal tono del discorso il suo ha tutta l’aria di essere un brano di parlato trascritto, o quasi) tendono a svuotare di valore semantico gli avverbi sempre e mai e a usarli quasi come segnali discorsivi, come dimostrano esempi, assai frequenti, quali: “di solito ho sempre fame” o “di solito non ho mai caldo”; da un punto di vista logico, naturalmente, mai e sempre sono inconciliabili con di solito.
Fabio Rossi
QUESITO:
Tra le funzioni dei due punti, se non sbaglio, vi è anche quella di indicare – con la proposizione che li segue – le conseguenze della proposizione che li precede.
Nella frase “Mi ha chiamato Valentina: ha detto di volermi raggiungere e io, mentre ero impegnato con il lavoro, le ho fornito le indicazioni stradali” la proposizione “ha detto di volermi raggiungere” è una conseguenza della chiamata, ma l’atto di fornire le indicazioni stradali durante il lavoro non lo è, almeno
direttamente.
In casi come questo è preferibile separare le eventuali proposizioni alla destra dei due punti con altri segni (punto e virgola, punto fermo), così da segnare un confine tra ciò che è conseguenza della parte del discorso prima dei due punti e ciò che non lo è?
Nell’esempio summenzionato, le soluzioni potrebbero essere queste:
“Mi ha chiamato Valentina: ha detto di volermi raggiungere; e io, mentre ero impegnato con il lavoro, le ho fornito le indicazioni stradali”.
“Mi ha chiamato Valentina: ha detto di volermi raggiungere. Mentre ero impegnato con il lavoro, (io) le ho fornito le indicazioni stradali”.
Quale sarebbe la soluzione consigliata, considerando anche quelle che non ho ipotizzato?
DOMANDA:
Più che una conseguenza, i due punti segnalano che seguirà una giustificazione, una motivazione, una spiegazione dell’evento o dello stato di cose introdotto prima, o del perché un evento o uno stato di cose sia stato introdotto prima. In questa frase, ai due punti segue una spiegazione della descrizione: “I soffitti a travicelli, freddo d’inverno, caldo d’estate, non potevo aprire la finestra, sempre qualcuno mi faceva brutti segni: Roma era così” (Anna Banti, Artemisia, 1948). Se capovolgiamo il periodo, la descrizione diviene la spiegazione della proposizione “Roma era così”: “Roma era così: i soffitti a travicelli, freddo d’inverno, caldo d’estate, non potevo aprire la finestra, sempre qualcuno mi faceva brutti segni”. Le due proposizioni separate dai due punti, insomma, sono tra di loro in una relazione di spiegazione reciproca.
Nel suo esempio, il fatto che Valentina abbia detto qualcosa non è una conseguenza del fatto che ha chiamato; non è neanche, però, una spiegazione di questo fatto: è, piuttosto, una motivazione, ovvero la spiegazione del perché lo scrivente abbia introdotto il fatto della chiamata di Valentina. Potremmo dire che i due punti, in questo caso, sostituiscono un’espressione come “L’ho detto perché”: “Mi ha chiamato Valentina. L’ho detto perché ha detto di volermi raggiungere e io, mentre ero impegnato con il lavoro, le ho fornito le indicazioni stradali”.
Per quanto riguarda la prosecuzione della frase, la punteggiatura va scelta in base alla relazione semantica che si intende esprimere tra l’evento della dichiarazione di Valentina e quello della comunicazione da parte dello scrivente. La prima variante della frase, senza segni, suggerisce che i due eventi siano direttamente consequenziali, come se tutta la parte del periodo che va dai due punti al punto finale serva da motivazione per la parte che precede i due punti. Questa soluzione è legittima e si adatta bene a una situazione in cui lo scrivente stia raccontando gli eventi in modo semplice. Non convince la variante con il punto e virgola, che non chiarisce quale rapporto ci sia tra la dichiarazione e la comunicazione. Quella con il punto fermo, invece, è valida: rispetto a quella senza segni separa i due eventi, rendendoli autonomi. In virtù di questa autonomia, “mentre ero impegnato con il lavoro” risulta più rilevante rispetto all’altra variante; in questo modo, lo scrivente potrebbe far rilevare di aver interrotto il proprio lavoro con un certo fastidio per rispondere a Valentina.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Chiedo delucidazioni in merito all’uso delle virgola prima delle congiunzioni o e oppure.
Ho letto su una rivista: “Estate legata ai cibi, o ai fiori, o ai colori”: è corretta la punteggiatura? Altre frasi dubbiose sono:
– Vuoi restare a casa, oppure uscire con gli amici?
– Vuoi andare al mare, o in montagna?
RISPOSTA:
La virgola prima della o non è necessaria nel caso in cui la congiunzione separi due sintagmi, o due proposizioni: “Estate legata al cibo o ai fiori”, “L’estate è il tempo giusto per andare in vacanza o per rimanere in città a riposarsi”. Niente vieta, comunque, di inserirla anche in questi casi, al fine di sottolineare l’opposizione tra i due membri disgiunti: “Estate legata al cibo, o ai fiori”, “L’estate è il tempo giusto per andare in vacanza, o per rimanere in città a riposarsi”.
Nel caso di un elenco di almeno tre membri, la virgola diviene più fortemente richiesta, per cadenzare chiaramente l’andamento sintattico. Nel caso di membri sintagmatici si può valutare anche in questo caso se non inserirla: “Estate legata ai cibi o ai fiori o ai colori”. Si tratta di una scelta insolita, giustificabile se i membri siano non in opposizione, ma in alternativa (una sfumatura non sempre percepibile). Se i membri sono proposizionali, la mancanza della virgola è molto marcata; in una frase come la seguente la versione con le virgole è preferibile: “L’estate è il tempo giusto per andare in vacanza, o per rimanere in città a riposarsi, o per continuare a lavorare”.
La congiunzione oppure richiede la virgola più fortemente di o: non a caso introduce spesso il terzo membro (o, nel caso di più membri, l’ultimo) dell’elenco: “Estate legata ai cibi o ai fiori, oppure ai colori”. Come si nota, la mancanza della virgola tra i primi due membri e l’uso di oppure segnalano che l’ultimo membro è in contrapposizione con gli altri, automaticamente accomuncati proprio per effetto della contrapposizione instaurata. Se, invece, mettiamo la virgola anche prima di o, la contrapposizione si indebolisce, e oppure viene interpretata come una variante di o, che, del resto, è la sua funzione propria (oppure = o pure): “Estate legata ai cibi, o ai fiori, oppure ai colori”.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Nella frase “Se ti vengono in mente altre mete avvisami, così mi attivo per la ricerca”, vorrei sapere se prima di avvisami bisogna inserire la virgola.
Inoltre, nello scritto è meglio usare la forma Mi sono ricordato, oppure ricordo?
RISPOSTA:
Cominciamo dalla virgola dopo avvisarmi, fortemente richiesta per via della necessità di segnalare la separazione tra due unità informative all’interno di questo enunciato. La prima contiene il periodo ipotetico, la seconda la coordinata alla principale, con valore consecutivo.
Oltre alla virgola, che è la soluzione più semplice, è possibile anche il punto e virgola, se si vuole enfatizzare l’autonomia dell’atto dell’attivarsi rispetto a quello dell’avvisare. Possibile anche il punto fermo, che renderebbe ancora più autonomo e rilevante l’atto dell’attivarsi. Con il punto fermo, inoltre, il secondo enunciato può assumere due forme: “Se ti vengono in mente altre mete avvisami. Così mi attivo per la ricerca” e “Se ti vengono in mente altre mete avvisami. Così, mi attivo per la ricerca”. La seconda variante isola così, sottolineando il collegamento logico tra la premessa dell’avvisare e la conseguenza dell’attivarsi.
Per quanto riguarda la virgola prima di avvisami, è buona norma separare con la virgola la subordinata preposta alla sua reggente dalla reggente stessa. Tale norma ha a che fare con la sintassi del periodo più che con la sintassi dell’informazione; se la subordinata, al contrario, è posposta, l’inserimento della virgola risponde a ragioni più informative che sintattiche.
Calando il discorso teorico sui suoi esempi, abbiamo le seguenti soluzioni: “Se ti vengono in mente altre mete, avvisami”, ma “Mi scusi se la disturbo”. Possibile, per la verità, anche “Se ti vengono in mente altre mete avvisami”, perché la subordinata ipotetica (ovvero la protasi del periodo ipotetico) si trova regolarmente prima della reggente (l’apodosi), visto che rappresenta la condizione dell’evento descritto nell’apodosi. La variante senza virgola è particolarmente efficace se la frase continua dopo la reggente con altre proposizioni coordinate o subordinate, perché permette di evitare una proliferazione di virgole (ma è una considerazione da fare caso per caso). È proprio questo il caso di “Se ti vengono in mente altre mete avvisami, così…”.
Per quanto riguarda l’opposizione tra mi sono ricordato e ricordo, la variante pronominale del verbo contiene, proprio in forza del pronome, una sfumatura di coinvolgimento emotivo del soggetto nel processo. Per questo motivo è più tipica in discorsi informali, solitamente incentrati su esperienze personali. Sempre per questo motivo, inoltre, ricordo è tipicamente usato con valore fattitivo (su questo concetto si può vedere la risposta n. 280013 nell’archivio di DICO), cioè nel senso di ‘far ricordare a qualcuno’.
Faccio notare che mi sono ricordato può essere confrontato con ho ricordato: “Ieri mi sono ricordato dell’appuntamento / ho ricordato l’appuntamento quando era troppo tardi”, ma anche con ricordo, in un contesto presente: “Mi sono ricordato / ricordo che Luca ci ha / aveva invitato a pranzo per oggi”. Molto strano sarebbe *”Ho ricordato che Luca ci aveva invitato a pranzo per oggi”, a meno che il verbo non sia usato con valore fattitivo: “Ho ricordato a Mario che Luca ci aveva invitato a pranzo per oggi”.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Porto alla vostra attenzione il seguente brano:
“Mettiamo che il medico voglia approfondire l’origine dei tuoi disturbi. Tra uno o due mesi potrebbe suggerirti un semplice prelievo venoso per controllare i tuoi valori; e se, nel frattempo, fosse maturato in lui il sospetto della presenza di una patologia severa, potrebbe prescriverti un esame diagnostico più invasivo”.
Apprezzerei la vostra opinione relativamente alla validità di tre aspetti:
1. Il punto e virgola prima della congiunzione e;
2. L’uso del congiuntivo trapassato (fosse maturata), anziché del congiuntivo imperfetto, nella protasi, per introdurre un’ipotesi di cui non si ha contezza al momento dell’enunciazione;
3. L’accordo del sostantivo plurale mesi con l’aggettivo numerale due nonostante il precedente uno avrebbe richiesto il singolare. In questo caso sarebbe stato maggiormente formale ripetere il sostantivo (“Tra un mese o due mesi…”)?
RISPOSTA:
Il punto e virgola è corretto: separa, all’interno di un enunciato complesso, due unità informative, la seconda delle quali è ulteriormente divisa in più unità informative, ben separate da virgole.
Quello che non convince, piuttosto è il connettivo e dopo il punto e virgola, che introduce quella che si rivela essere un’alternativa. Propongo questa correzione: “… i tuoi valori; oppure, se nel frattempo fosse maturato in lui il sospetto della presenza di una patologia severa, …”.
Il congiuntivo trapassato è ugualmente corretto: indica che il parlante giudichi l’evento improbabile. Vista la delicatezza dell’argomento, si tratta di una sfumatura fortemente indotta dalle convenzioni della cortesia, per sottolineare che l’ipotesi peggiore è anche quella più remota. Remota, ma sempre possibile, come rivela l’apodosi al condizionale presente (potrebbe prescriverti).
L’accordo di mesi con uno o due, infine, segue la regola dell’accordo al plurale tra referenti di generi diversi e una proforma che li raggruppa. Si pensi a “Ieri ho incontrato i miei amici Laura, Giulia e Andrea”. Tale regola è largamente accettata, anche in contesti formali, perché evita ridondanze come un mese o due mesi, o le mie amiche Laura e Giulia e il mio amico Andrea. Rimane, però, possibile, e tutto sommato più preciso (quindi anche più formale), fare tale distinzione, se il contesto lo richiede.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Ho qualche dubbio sull’uso della virgola, precisamente:
“Vado al cinema, dove incontrerò Lucia.
In questa frase è corretto inserire la virgola prima di dove? in quali casi la congiunzione e può essere preceduta dalla virgola?
RISPOSTA:
Nella frase in questione la virgola è ammessa, ma non necessaria; il suo inserimento dipende dal senso che si vuole dare alla frase. Senza virgola, il senso sarà: ‘Vado proprio in quel cinema in cui incontrerò Lucia”; con la virgola sarà: ‘Vado al cinema, e lì incontrerò Lucia’. La virgola, cioè, separa due unità informative, delle quali una è di primo piano (qui coincidente con la proposizione principale), la seconda è di sfondo (qui la proposizione relativa introdotta da dove). Con la virgola, quindi, la proposizione relativa diviene accessoria (e viene detta esplicativa ), mentre senza virgola essa è informativamente unita alla principale, di cui limita il senso (e viene, per questo, detta limitativa). Come si vede, infatti, il cinema dove incontrerò Lucia è un’informazione unitaria, nella quale dove incontrerò Lucia individua un cinema preciso (da qui la funzione limitativa), quello nel quale avverrà l’incontro. Nella variante con la virgola, invece, il cinema può essere uno qualsiasi, non viene identificato, e l’incontro è un evento che si aggiunge a quello dell’andare al cinema, senza dire niente su quale sia il cinema scelto. Altre risposte su questo argomento, con frasi diverse e altri dettagli, possono essere trovate nell’archivio di DICO usando la parola chiave limitativa.
Per quanto riguarda la e, la questione è analoga: la virgola separa informativamente la proposizione o il sintagma introdotti dalla congiunzione, rendendoli di sfondo rispetto a quelli con i quali sono coordinati. Si veda questo esempio letterario: “I carabinieri di Bovino avevano incontrato la carrozza colla quale erano scappati i domestici della Dal Colle, ed erano accorsi in fretta” (Giovanni Verga, Certi argomenti, 1876). La proposizione coordinata preceduta da virgola (ed erano accorsi in fretta ) diviene, proprio in virtù della virgola, di sfondo rispetto al resto della frase. Questa organizzazione fa assumere alla coordinata una sfumatura consequenziale (‘e per questo erano accorsi in fretta’) e, nello stesso tempo, fa risaltare l’unità informativa precedente e l’evento in essa descritto, che diviene di primo piano. Senza virgola, invece, la coordinata sarebbe parte di una unica unità informativa nella quale il contenuto delle due proposizioni sarebbe sullo stesso piano e ugualmente importante.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Qual è la punteggiatura adatta per inserire “o meglio” in una frase? Esempi: ,o meglio, ,o, meglio, ,o meglio; o meglio, O forse è bene evitare quest’espressione abbastanza comune nella lingua parlata e usarne altre come “per meglio dire”?
RISPOSTA:
Non c’è niente di male a usare l’espressione o meglio. Essendo usata quasi sempre come incidentale, per contrapporre immediatamente due concetti, essa richiede le due virgole, di apertura e chiusura, come in questo esempio (dalla novella Padron Dio di Luigi Pirandello): “viveva di elemosina, senza mai chiederla, o meglio, chiedendola in un modo suo particolare”. L’incidentalità, però, può essere meno marcata, ad esempio perché ci sono più di due termini in gioco; in questo caso, si può avere solo la virgola di apertura, come si vede in quest’altro esempio, tratto dalla novella La casa dell’agonia, sempre di Pirandello: “ad ammirarsi o a commiserarsi tra loro, o meglio anche a sonnecchiare”.
Al contrario, è anche possibile evidenziare l’avverbio meglio tramite una terza virgola, dopo o; la conseguente frammentazione del discorso, però, potrebbe risultare sgradevole, quindi bisogna ponderare l’opportunità di tale scelta.
Scelte stilistiche creative, con i punti e virgola o anche i punti fermi, sono sempre possibili, all’interno di un uso coerente, alla luce di sfumature di senso o di ritmo che si vogliono imprimere al discorso.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
È corretto l’uso del punto interrogativo nelle seguenti frasi? Esistono delle semplici regole per evitare errori?
1. Che dire quando il tentativo di sdoganare l’indicibile arriva proprio dall’alto, come l’affermazione di un ex parlamentare ora deceduto, che è lecito prostituirsi per far carriera?
2. Vogliamo paragonare l’efficacia immediata di questi sbrigativi sistemi anche se di dubbia moralità e durata, col fare una lunga gavetta politica, affrontare seri provini o un concorso non truccato?
3. D’altronde, come avremmo potuto fare tesoro di qualcosa di astratto anche se d’impareggiabile valore, non essendo riusciti a conservare, sfruttare e valorizzare nemmeno le vestigia del passato?
4. Sarà la fine del patto scellerato e del ragazzaccio toscano?
5. Sarebbe curioso conoscere se ancora oggi i soliti tuttologi, politologi e opinionisti che si erano subito esaltati, spero in buona fede, al suo ingresso in politica, continuano a vedere in lui il Messia.
RISPOSTA:
Tutti gli esempi sono corretti, compreso l’ultimo periodo, nel quale il punto interrogativo giustamente non c’è. In generale, il punto interrogativo si mette alla fine delle proposizioni interrogative dirette (esempi 1-4), mentre si evita alla fine delle interrogative indirette (esempio 5). Quindi “Dove vai?”, ma “Ti ho chiesto / Vorrei sapere dove vai”. Se la proposizione interrogativa diretta, che è sempre una principale, è arricchita da coordinate e subordinate semanticamente necessarie alla domanda, il punto interrogativo può apparire senza problemi in coda a tutto il periodo che si viene a creare, come negli esempi 1-3.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Vorrei sapere se le seguenti frasi sono corrette:
1. Proporrei di fargli direttamente un bonifico di €…… Incluse le eventuali spese per motivi aggiunti.
2. È come se gli stessimo dicendo:”non fare più nulla perché siamo disposti ad aderire al ricorso”
RISPOSTA:
Le frasi sono sintatticamente ben formate. Ho sostituito aggiunti con aggiuntivi e qualche altro dettaglio grafico. Per quanto riguarda € …, infine, la sequenza “€ + importo” è di stampo burocratico, quindi adatta a comunicazioni istituzionali; in una comunicazione ufficiosa come quella qui considerata, è preferibile “importo + €“, o anche “importo + euro“.
Ecco il risultato:
1. Proporrei di fargli direttamente un bonifico di … euro / €, incluse le eventuali spese per motivi aggiuntivi.
2. È come se gli stessimo dicendo: “Non fare più nulla perché siamo disposti ad aderire al ricorso”.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Potreste dirmi quale delle due alternative è corretta nei punti segnalati della seguente lettera?
Volevo dirle che, in questo periodo ho trovato molto difficile seguire XXX per le sue numerose assenze, mi sono ritrovata il giorno prima per il seguente con tutto il lavoro da svolgere e interrogazioni da preparare, inoltre mi è dispiaciuto non seguire XXX in modo ottimale, ma anche lui mi ha fatto / mi fece presente di queste sue difficoltà il giorno precedente all’esposizione della relazione, quando nelle settimane precedenti ho chiesto / chiesi alla classe di chiedermi aiuto se qualcuno ne aveva bisogno / avesse avuto bisogno.
RISPOSTA:
Il passato remoto nel primo caso risulta fuori luogo per via degli altri passati prossimi che lo precedono (ho trovato, mi sono ritrovata, mi è dispiaciuto); nel secondo caso è richiesto il trapassato prossimo, perché l’azione espressa precede un’altra azione, già passata (la richiesta di aiuto del bambino). Nel terzo punto, le possibilità sono tre: avesse bisogno, avesse avuto bisogno, aveva bisogno; tra queste ritengo la migliore avesse bisogno, perché il congiuntivo imperfetto (più formale dell’indicativo imperfetto) esprime l’evento come possibile, mentre il trapassato lascia intendere che l’emittente lo ritenga improbabile.
A parte i tre dubbi da lei segnalati, però, ci sono altri punti deboli nella nota (relativi alla punteggiatura, alla sintassi e al lessico), che mi permetto di aggiustare nella seguente riscrittura.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Nella frase “Marco era accanto a Riccardo, che parlava a vanvera”, la subordinata è collegata al soggetto o al complemento? La virgola (sia se presente, come nell’esempio, sia se assente) è determinante per caratterizzare la relativa? In che modo si possono evitare incomprensioni senza ricorrere a soluzioni quali “Marco era accanto a Riccardo e quest’ultimo parlava a vanvera”; “Marco era accanto a Riccardo e quello parlava a vanvera”?
RISPOSTA:
Nella sua frase, la relativa è senz’altro collegata al complemento, perché il pronome relativo rimanda sempre al referente più vicino, detto anche antecedente. Non è, pertanto, necessario sovraspecificare il riferimento con una forma referenziale come quest’ultimo. Questo pronome è adatto se dividiamo la frase in due parti, così: “Marco era accanto a Riccardo. Quest’ultimo parlava a vanvera”.
Se manteniamo la frase unita, un pronome più esplicito è necessario qualora il referente sia non quello adiacente, ma quello più lontano (in questo caso Marco): in “Marco era accanto a Riccardo e quello parlava a vanvera”, infatti, il referente di quello è proprio Marco (si noti che, coerentemente, quello indica in genere un oggetto che si trova lontano da chi parla).
La virgola non influisce sul collegamento, ma influisce, invece, sulla funzione della relativa e sul significato dell’intera frase. La relativa senza virgola, detta limitativa, contiene una informazione che identifica l’antecedente, mentre quella separata dalla virgola, detta esplicativa, aggiunge una informazione accessoria sull’antecedente. Nel suo caso, la virgola è quasi obbligatoria, perché Riccardo, nome proprio, è identificato di per sé; ma la situazione cambia se sostituiamo a Riccardo un nome comune, ad esempio: “Marco era accanto a quel ragazzo, che parlava a vanvera”. Nella frase così costruita, la relativa aggiunge una caratteristica non necessaria per identificare quel ragazzo; quindi l’emittente presuppone che il suo interlocutore sappia già chi sia quel ragazzo. Se l’enunciato fosse parlato anziché scritto la virgola sarebbe sostituita da una pausa intonativa e si potrebbe immaginare che l’interlocutore stia vedendo quel ragazzo nel momento in cui avviene la conversazione. La caratteristica del parlare a vanvera si configura, pertanto, come accessoria, o transitoria: il ragazzo in questione si comportava in quel modo nel momento in cui era accanto a Marco, ma non sappiamo se parlare a vanvera sia un’abitudine che lo identifica.
Sappiamo, però, che l’emittente non ritiene il parlare a vanvera un’abitudine che identifica quel ragazzo agli occhi del suo interlocutore, altrimenti avrebbe scritto “Marco era accanto a quel ragazzo che parlava a vanvera” e, nel parlato, avrebbe pronunciato l’enunciato senza pause. In “Marco era accanto a quel ragazzo che parlava a vanvera”, senza virgole o pause, la relativa fa, infatti, parte del complesso nominale di quel ragazzo e ne determina l’identità: in questo caso, l’emittente sta richiamando alla memoria del suo interlocutore un particolare ragazzo noto a entrambi in passato (visto che usa l’imperfetto parlava) per la sua abitudine di parlare a vanvera.
Di relative limitative ed esplicative si parla anche in questa risposta dell’archivio di DICO.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Vorrei sapere se le varianti ellittiche contrassegnate di seguito dalla lettera b sono ben formate.
1a) Ho parlato con Anna e con Marco.
1b) Ho parlato con Anna e Marco.
2a) Nell’aria c’è un eccesso di microparticelle e di pollini.
2b) Nell’aria c’è un eccesso di microparticelle e pollini.
3a) A Luca e a Matteo vorrei dedicare più tempo.
3b) A Luca e Matteo vorrei dedicare più tempo.
4a) Negli ultimi anni o nelle ultime ore è successo qualcosa.
4b) Negli ultimi anni od ore è successo qualcosa.
5a) Le case erano ville, i palazzi erano regge, i giardini erano parchi.
5b) Le case erano ville; i palazzi, regge; i giardini, parchi.
RISPOSTA:
Tutte le varianti vanno bene. Ovviamente, le varianti ellittiche rappresentano i due elementi raggruppati come più solidali. “Ho parlato con Anna e Marco”, per esempio, è più adatto al caso in cui il soggetto abbia parlato con i due insieme; al contrario “Ho parlato con Anna e con Marco” allude al fatto che il soggetto abbia avuto due diversi colloqui.
Ho qualche riserva sulla 4b) perché l’articolo gli della preposizione negli stride un po’ nell’accordo con ore. È vero che vale la regola dell’accordo al plurale maschile con serie di nomi tra i quali almeno uno sia maschile, ma è comunque preferibile costruire la frase come la 4a) (a meno che non si voglia sottolineare, per qualche ragione, la solidarietà tra anni e ore). Inoltre, la d epitetica per la congiunzione o mi sembra eccessiva, anche davanti a un’altra o: si può tranquillamente eliminare.
La 5b), infine, può essere punteggiata diversamente, risultando più scorrevole: “Le case erano ville, i palazzi regge, i giardini parchi”.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Vi sarei grata se analizzaste il seguente enunciato, letto recentemente:
“Ti avevo detto che avrei aspettato di riuscire a parlare con Max, prima di avvertirti”.
Avrebbe potuto essere migliorato dallo scrivente in chiave sintattica e di punteggiatura?
RISPOSTA:
La frase è ben formata da tutti i punti di vista. Descrive una situazione intricata, nella quale il momento dell’incontro con Max è stato preceduto dall’annuncio dell’emittente: “Ti avevo detto”. Tale avvertimento è espresso con il trapassato perché è avvenuto prima di un altro evento, a sua volta passato. L’evento passato rispetto al quale l’annuncio dell’emittente è anteriore non è esplicitato, ma possiamo facilmente ricostruirlo: è la richiesta di informazioni da parte del ricevente. Il parlante, cioè, sottintende “Prima che tu mi chiedessi informazioni sul mio incontro con Max, ti avevo detto…”.
L’azione dell’aspettare contenuta nella subordinata oggettiva direttamente dipendente dalla principale è espressa con il condizionale passato perché è collocata nel futuro rispetto al trapassato avevo detto (per saperne di più sul futuro nel passato è possibile consultare l’archivio di DICO con la parola chiave consecutio temporum). La proposizione temporale “Prima di avvertirti”, infine, è costruita con l’infinito perché il suo soggetto coincide con quello della reggente, io; l’infinito è, inoltre, presente perché instaura un rapporto di posteriorità con l’azione della reggente (“che avrei aspettato”).
Quest’ultima proposizione contiene un’informazione di sfondo, quindi è bene separarla dal resto della frase con una virgola. Una alternativa ugualmente valida è inserirla come incidentale nel corpo della frase: “Ti avevo detto che, prima di avvertirti, avrei aspettato di riuscire a parlare con Max”.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Vi chiederei di argomentare la sintassi di certe costruzioni negative, per stabilire se e quando la negazione né possa essere sostituita o dalla congiunzione e o dalla semplice virgola. Nella fattispecie, le frasi sotto indicate sono tutte valide?
1. Senza olio di palma, grassi idrogenati, conservanti e coloranti.
2. Senza olio di palma, grassi idrogenati, conservanti né coloranti.
3. Senza olio di palma né grassi idrogenati né conservanti né coloranti.
4. Uscì di casa senza cappello e guanti.
5. Uscì di casa senza cappello né guanti.
6. Uscì di casa senza né cappello né guanti.
7. Il prodotto non contiene olio di palma, grassi idrogenati, conservanti e coloranti.
8. Il prodotto non contiene olio di palma, grassi idrogenati, conservanti né coloranti.
9. Il prodotto non contiene né olio di palma né grassi idrogenati né conservanti né coloranti.
E per concludere, la negazione né deve essere preceduta dalla virgola o essa è consigliabile solo in avvio di una proposizione particolarmente complessa (ad esempio: “La donna non parlò, né avrebbe voluto farlo nelle ore successive”)?
RISPOSTA:
La congiunzione né può essere scomposta in due componenti, e + NEG (‘negazione’). Se ricordiamo tale composizione risulta più facile stabilire quale delle varianti da lei proposta sia ben formata e quale sia ridondante o difettosa. In particolare, la 1., la 4. e la 7. vanno bene, perché la negazione contenuta in senza ed esplicitata nella 7. si applica a tutti gli elementi degli elenchi che seguono, rendendo superfluo ribadirla. La 1. e la 7. andrebbero bene anche sostituendo la e con una ulteriore virgola.
La ripetizione della negazione, comunque, non può essere considerata un errore, vista la tolleranza dell’italiano per la doppia negazione; per questo motivo le frasi 3. e 5. vanno ugualmente bene. Qualche precisazione meritano le altre.
Nella 2. la negazione ripetuta solamente per l’ultimo elemento dell’elenco crea una asimmetria che lo fa emergere sugli altri (ciò è molto meno percettibile, ovviamente, se l’elenco è bimembre, come nella frase 5.). In questa frase tale focalizzazione dell’attenzione sull’ultimo elemento non sembra giustificata, alla luce della natura degli elementi dell’elenco, ma l’emittente potrebbe avere qualche motivo per mettere in evidenza coloranti sul resto degli ingredienti. In ogni caso, più efficace a questo scopo sarebbe una congiunzione più pregnante: “Senza olio di palma, grassi idrogenati, conservanti e neppure / e neanche coloranti”, oppure la ripetizione di senza, preferibilmente accompagnata dalla virgola: “Senza olio di palma, grassi idrogenati, conservanti, e senza coloranti”.
La stessa riflessione vale per la frase 8., che può essere parafrasata, nella sua composizione attuale, così: “Il prodotto non contiene olio di palma, grassi idrogenati, conservanti e non contiene coloranti”.
La costruzione della 6. (senza né) e della 9. (non + né) è in astratto ridondante, eppure molto comune, quindi generalmente accettabile, tanto nel parlato e nello scritto poco sorvegliato, quanto in letteratura, al fine di mantenere gli elementi di un elenco sullo stesso piano. Un esempio di questo uso è in questo brano dallo Zibaldone di Leopardi: “Ma il giovane senza presente né futuro, cioè senza né beni, attività, piaceri, vita ec. né speranze e prospettiva dell’avvenire, dev’essere infelicissimo e disperato”; un altro è in questo estratto, più recente, dal romanzo Suo marito di Pirandello: “apparve subito chiaro agli occhi di Silvia che cosa egli avesse compreso senza né sdegno né offesa”.
Per quanto riguarda i segni di interpunzione, essi dipendono dall’omogeneità dei membri coordinati. All’interno di elenchi di elementi analoghi, la virgola prima di né non è formalmente richiesta (visto che né “contiene” la congiunzione e), ma è bene inserirla, visto che convenzionalmente gli elenchi sono separati dalle virgole: “Non voglio andare (né) in macchina, né in treno, né in aereo”. Lo stesso vale per elenchi di proposizioni: “Non voglio andare in macchina, né voglio andare in treno, né voglio andare in aereo”. Negli elenchi bimembri si fa più facilmente a meno della virgola, che, però, si può sempre usare: “Non voglio andare (né) in macchina né in treno”; “Non voglio andare in macchina né voglio andare in treno”.
Quando non ci si trova in una sintassi elencativa, ma gli elementi hanno una relazione più complessa tra loro, la presenza della virgola mette in evidenza una separazione tematica. Per fare una riflessione del genere, abbandoniamo l’analisi della frase e prendiamo quella dell’enunciato, cioè osserviamo lo scopo comunicativo della frase. In questo ambito possiamo riconoscere le relazioni semantiche tra gli enunciati e, al loro interno, la presenza di unità tematiche di primo piano e unità tematiche di sfondo. In un enunciato come “Ti ho detto che non voglio andare, né è il caso che lo ripeta”, il segmento introdotto da né non rappresenta il secondo elemento di un elenco, ma è una precisazione rispetto al primo segmento; funge, cioè, da unità tematica di sfondo (mentre “Ti ho detto che non voglio andare” è l’unità tematica di primo piano). In questi casi, la virgola è necessaria. Se, per fare un esperimento, la togliessimo (“Ti ho detto che non voglio andare né è il caso che lo ripeta”) il lettore sarebbe portato a interpretare la seconda parte dell’enunciato come dipendente da ho detto, ma costruita male; come se fosse “Ti ho detto che non voglio andare e che non è il caso che lo ripeta”.
Ancora, nel caso in cui né unisca non due unità tematiche, ma due enunciati, deve essere preceduto non dalla virgola, ma da un punto e virgola, o un punto: “Ti ho detto che non voglio andare; né voglio che insisti a portarmi”; “Ti ho detto che non voglio andare. Né mi piace che continui a insistere”.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Gradirei sapere se, nei casi sotto elencati, la virgola è necessaria, come da esempi, facoltativa o da evitare:
a. Ho parlato per ore, dimenticandomi dell’impegno che avevo fissato.
b. Nel resto della giornata, ho concluso ben poco.
c. Ti ho cercato dappertutto, per informarti dell’accaduto.
d. Continuo ad ascoltarti, nonostante tu stia uscendo dal seminato.
e. Sei stato punito, perché avevi commesso una cattiva azione.
f. Domani mattina, mi recherò in banca.
g. Le regalai una rosa, i cui petali erano gialli.
h. A Schelling, Hegel contesta la staticità del pensiero.
RISPOSTA:
In nessuno dei casi elencati la virgola è indispensabile, talora è consigliabile, talaltra sconsigliabile, in un caso è sbagliata. Nello specifico:
A. Meglio la virgola, dal momento che la subordinata gerundiva successiva introduce un’informazione che appartiene a un piano diverso, rispetto alla semplice descrizione dell’evento («ho parlato per ore»). È come se aggiungesse le conseguenze dell’evento e funge dunque, in un certo senso, da coordinata dal valore esplicativo. Si potrebbe, infatti, parafrasare come segue, in forma esplicita: «Ho parlato per ore, e, così facendo, ho dimenticato l’impegno» ecc. Ogniqualvolta la subordinata si colloca su un piano diverso, quasi accessorio, rispetto alla reggente, la virgola, ancorché non obbligatoria, è altamente consigliabile, per una più agevole ripartizione dei piani gerarchici dell’informazione, cioè per distinguere meglio le informazioni di primo piano («Ho parlato per ore») da quelle sullo sfondo.
B. In questo caso il complemento di tempo fa da quadro di riferimento dell’azione che segue: in casi come questo la virgola è superflua, a meno che il quadro riferimento temporale non sia particolarmente complesso e articolato, come per esempio in: «Dopo aver camminato per ore ed essermi anche slogato una caviglia, ho deciso che fosse giunto il momento di fermarmi». Oppure se non si voglia sottolineare il tempo, proprio in contrasto ad un altro tempo: «Di mattina, lavoro; la sera, mi diverto» (ma anche in questo caso la virgola sarebbe facoltativa, non certa obbligatoria).
C. Qui la virgola è superflua, perché la reggente e la finale sono unite da un forte vincolo logico-semantico: Il campo d’azione della reggente («Ti ho cercato dappertutto») è proprio finalizzato a quanto segue, cioè «per informarti» ecc. A meno che lo scrivente non voglia conferire particolare evidenza, e un certo margine di autonomia, a entrambe le azioni, quasi riproducendo le inflessioni tonali del parlato, in cui la principale potrebbe essere focalizzata, vale a dire con un particolare rilievo informativo e tonale; insomma, un po’ come se dicessi (o scrivessi): «Ti ho cercato dappertutto» (e con una certa apprensione, o sfinitezza, sottolineando DAPPERTUTTO e il fatto che per un sacco di tempo non riuscivo a trovarti), «proprio perché desideravo informarti dell’accaduto».
D. Vale quanto detto per C: la concessiva è strettamente legata alla reggente, e dunque la virgola è superflua, a meno che non vi sia un contesto particolare che richieda la focalizzazione di «Continuo ad ascoltarti». La virgola, in questo caso, sottolinea tanto la mia pazienza quanto la tua incoerenza.
E. Come sopra: la causale è fortemente solidale con la reggente, che ne rappresenta l’effetto, dunque la virgola è superflua, a meno che non si voglia focalizzare la punizione.
F. Come B, a meno che non si voglia focalizzare il complemento di tempo, per esempio in contrasto con un altro momento della giornata (focalizzazione contrastiva): «Domattina, mi recherò in banca, e non oggi pomeriggio».
G. Qui la virgola è sbagliata, perché la relativa è limitativa: cioè non le ho regalato una rosa qualsiasi, ma una gialla, e dunque quel che segue la reggente non è un’informazione accessoria, bensì costitutiva per la designazione dell’oggetto di cui si sta parlando (cioè l’antecedente del pronome relativo: «una rosa»). Diverso sarebbe il caso di «Le regalai una rosa, che è il suo fiore preferito»: in questo caso la relativa è appositiva, o esplicativa, cioè non delimita una rosa particolare, perché tutte le rose sono, o meglio la rosa in genere è, il suo fiore preferito; in quanto tale, questo tipo di relativa non è necessaria ai fini dell’identificazione dell’antecedente, ma aggiunge una caratteristica accessoria, e come tale è di norma (con qualche eccezione) separata dall’antecedente con una virgola.
H. La virgola è facoltativa, soprattutto se si vuole disambiguare il nome, fugando il dubbio che si tratti di un certo signor Schelling (di nome) e Hegel (di cognome). Naturalmente in questo caso l’equivoco è altamente improbabile, ma un caso come: «A Gianni Rossi diede ragione» potrebbe lasciare il lettore spiazzato per qualche secondo, senza virgola tra Gianni e Rossi.
Fabio Rossi
QUESITO:
Mi piacerebbe sviluppare con il vostro contributo l’uso della punteggiatura in occasione dei discorsi diretti. Ho evidenziato differenze formali tra i testi analizzati, presumibilmente legate sia alle scelte dello scrivente sia alle indicazioni editoriali.
Cerco di entrare nel merito con qualche esemplificazione.
1. «Vado,» disse, «a comprare il pane.»
2. «Usciamo insieme», disse «così possiamo passeggiare al sole.»
3. «Prima di parlare» disse. «Rifletti sugli effetti che potresti produrre.»
4. «Sì, certo, » rispose l’uomo, «appena posso. »
5. «E come è possibile? » domandò, «ognuno ha quel che si merita. »
6. «Questo non me lo chiedere» disse. «Non c’entro niente in questa storia.»
Ho notato che il format più diffuso, specie in pubblicazioni di buon livello, è quello rappresentato dagli esempi 3 e 6; mentre gli altri esempi, con le virgolette caporali spesso sostituite dai trattini, sono frequenti in editori minori. Considerazioni personali a parte, mi (e vi) domando se, per un buon uso dei segni di punteggiatura, dentro e fuori le virgolette, si possa attingere a regole grammaticali, prescindendo da linee guida editoriali e simili.
RISPOSTA:
Come da lei giustamente notato, la punteggiatura che segnala il discorso diretto è soggetta a forti variazioni, dovute alle diverse tradizioni editoriali, quasi tutte, in linea di principio, valide, ma anche alla difficoltà a stabilire la relazione sintattica tra le virgolette e gli altri segni di interpunzione.
Limitandoci agli esempi da lei portati (che, comunque, non sono gli unici possibili), alcune considerazioni possono aiutarci a valutarne almeno la coerenza interna e il rispetto delle norme generali dell’interpunzione. In tutti gli esempi, l’espressione fuori dalle virgolette, che prende forme diverse, è identificabile come un inciso; questo, di norma, va inserito tra virgole, trattini lunghi, parentesi, oppure, solo in casi particolari, tra punti e virgola o punti fermi. Questo mi induce a considerare l’esempio 2. poco accurato, perché manca la virgola di chiusura dopo disse. Più comprensibile, ma pur sempre non ideale, la scelta di 5., che evita la virgola dopo il punto interrogativo e attribuisce, pertanto, a quest’ultimo anche la funzione di segnalare l’inizio dell’inciso.
L’esempio 3. mi risulta incomprensibile: l’inciso non introdotto dal alcun segno e concluso con un punto fermo è decisamente insolito. L’unica giustificazione per questa scelta si può trovare in un’eventuale sfumatura semantica ricercata dallo scrivente con questo uso (ma bisognerebbe valutare un brano più ampio). Diverso è il caso di 6., nel quale il punto dopo disse induce il lettore a immaginare uno stacco netto, intonativo e logico, tra il primo e il secondo intervento tra virgolette. Il fatto che i due interventi siano sintatticamente autonomi consente questa interpretazione, impedita, nell’esempio 3., dalla relazione di subordinazione tra il primo e il secondo intervento.
Inutili e da eliminare, infine, sono gli spazi tra i segni interni e le virgolette di chiusura in 4. e 5.
Difficile stabilire se sia meglio inserire i segni come le virgole dentro o fuori dalle virgolette: personalmente ritengo che solamente le marche dell’intonazione, ovvero punti esclamativi, punti interrogativi e puntini di sospensione (oltre, ovviamente, ai trattini che riguardano il discorso contenuto all’interno delle virgolette) andrebbero inseriti dentro le virgolette, mentre tutti gli altri segni andrebbero posti fuori. In questo modo si risolve il dilemma del doppio segno di 5., che diventerebbe così:
«E come è possibile?», domandò, «ognuno ha quel che si merita», o anche: «E come è possibile?», domandò, «Ognuno ha quel che si merita».
È, quest’ultima, la soluzione per cui parteggio. Se, invece, accettiamo l’inserimento di tutti i segni dentro le virgolette, la soluzione 1. appare internamente coerente ed efficace.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Il presente quesito verte su rafforzativi ed eventuali usi pleonastici. Le frasi sotto riportate sono corrette o sarebbe opportuno apportare modifiche per migliorarle?
“Preferisci bere o, invece, mangiare?”
“Io domani studierò tutto il giorno, tu, per contro, guarderai la TV”.
RISPOSTA:
In queste frasi non si può parlare di pleonasmo: invece e per contro sono segnali discorsivi, che rafforzano il senso della coordinazione, nel primo caso realizzata con la congiunzione o, nel secondo realizzata con la virgola (ovvero per asindeto).
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Si dice “Tanti auguri Rosalba!” o “Tanti auguri, Rosalba!”, “Tanti auguri, professoressa!” o “Tanti auguri professoressa!”?
RISPOSTA:
Il complemento di vocazione è, in questo caso come in tutti gli altri, tematicamente e prosodicamente separato dal predicato, quindi è bene farlo precedere, ma anche seguire, dalla virgola. Tematicamente è separato in quanto rappresenta un’informazione secondaria, un’aggiunta; prosodicamente perché nel parlato lo racchiudiamo tra due pause. Qualche esempio letterario (che rispecchia espressioni molto comuni): “Sicché tanti, tanti auguri, Gigi mio! Salutami la tua mammina e dalle un bacio per me!” (Carlo Emilio Gadda, Novelle dal ducato in fiamme, 1953); “Mo’ me ne devo andare, poi oggi vi faccio venire a spolverare da Assunta, eh? Tanti auguri, papà, e buon anno” (Giuseppe Montesano, Nel corpo di Napoli, 1999); “Auguri, Federì. Tornò a casa fuori di sé per la gioia” (Domenico Starnone, Via Gemito, 2001).
La mancanza della virgola prima e dopo il complemento di vocazione è una pecca che diminuisce la precisione dello scritto, a meno che non dipenda da una scelta espressiva, ad esempio la mimesi di un’enunciazione concitata in un contesto letterario.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Gentili professori/staff di DICO, stavo trascrivendo una poesia degli inizi del Seicento dedicata alla decollazione di San Giovanni Battista. Volevo chiedere se la presenza o assenza della virgola al verso 2, dopo essangue, dia un senso diverso ai versi. “Che muto e freddo langue” si riferisce al precursore di Cristo (il Battista) o al capo esangue?
Prima versione
1 Ecco del precursore
2 Di Christo il capo essangue,
3 Che muto e freddo langue;
Seconda versione
1 Ecco del precursore
2 Di Christo il capo essangue
3 Che muto e freddo langue;
RISPOSTA:
Nell’italiano contemporaneo la virgola prima della proposizione relativa ha un peso importante: segnala se la proposizione sia da interpretare come limitativa o come esplicativa. La limitativa non vuole la virgola e contiene un’informazione necessaria per definire il suo referente, che si trova nella reggente; l’esplicativa, invece, separata dalla reggente dalla virgola, contiene un’informazione accessoria sul referente. Prendendo spunto dal suo caso, “ecco il capo esangue che langue” mette in evidenza, insieme al capo, la circostanza in cui questo si trova, ovvero il fatto che sia inerte; “ecco il capo esangue, che langue”, invece, indirizza l’attenzione sul capo esangue, aggiungendo solo in un secondo momento l’informazione della circostanza in cui si trova. In entrambi i casi, comunque, non ci sono dubbi sul fatto che il referente del relativo sia il capo e non del precursore.
La distinzione tra i due tipi di relativa, ripeto, vale per l’italiano contemporaneo; fino a metà Novecento non era così netta. Se andiamo indietro nel tempo, poi, addirittura al Seicento, non possiamo contare sui segni di interpunzione per arrischiare interpretazioni sottili sul senso dei testi, perché i segni erano usati con una certa libertà, e soprattutto con forti differenze stilistiche da autore ad autore. Per i testi antichi, inoltre, c’è il problema della tradizione da considerare: prima di scegliere se mettere o no una virgola dobbiamo accertarci che quella fosse davvero l’intenzione dell’autore, e non una scelta, o un errore, di un copista o di un tipografo invadente o poco attento. Raramente possiamo avere la certezza per dettagli così minuti come le virgole, e ci dobbiamo affidare a congetture o ai testimoni più affidabili. A maggior ragione, quindi, dobbiamo resistere alla tentazione di attribuire significati specifici a questi tratti.
Fabio Ruggiano
QUESITO:
Egregi professori, vorrei sapere se l’analisi di questo periodo è esatta:
Mentre ero solo: sec 1^ gr.;
ho pensato: principale;
Che devo chiarire la questione con te: sec.ogg.1^grado;
Perciò parliamone: coord.alla principale.
RISPOSTA:
l’analisi è corretta. Volendo aggiungere qualche dettaglio, possiamo ricordare che “mentre ero solo” è una proposizione temporale e che “perciò parliamone” è coordinata senza congiunzioni, ovvero coordinata per asindeto, oppure giustapposta.
Va anche detto che questa proposizione coordinata deve essere congiunta al resto della frase con un punto e virgola (una virgola non sarebbe la scelta giusta), visto il brusco cambiamento di prospettiva comportato dal connettivo conclusivo perciò. In alternativa, la giustapposta si può anche separare dal resto con un punto fermo, trasformandola in un periodo a sé stante (e facendole, così, assumere un maggiore peso informativo).
Fabio Ruggiano
QUESITO:
È scritto bene: “Questi due cagnolini sono stati abbandonati e successivamente
trovati nell’abitazione di una signora, la quale non può più tenerli. Se non
viene trovata il prima possibile una soluzione, hanno detto che saranno presi
provvedimenti riguardo la soppressione!”?
RISPOSTA:
Il testo è un po’ faticoso, ma può andare, in quanto non presenta errori veri e propri. Se ne potrebbe suggerire una riscrittura più elegante di questo tipo: “I due cagnolini, dopo essere stati abbandonati, sono stati ritrovati nell’abitazione di una signora che non può tenerli. Se non se ne trova presto una sistemazione, i due cagnolini potrebbero essere soppressi”.
Gli elementi meno felici (troppo contorti o ridondanti, ma non del tutto erronei) del primo testo sono i seguenti:
1) “hanno detto”: chi l’ha detto? Se è generico, è meglio eliminarlo.
2 “Riguardo alla” è migliore rispetto a “riguardo la”.
3) L’espressione “saranno presi provvedimenti riguardo la soppressione” è inutilmente involuta e burocratica.
4) Il punto esclamativo finale è ingenuo (in quanto inutilmente enfatico) e non ha alcuna ragion d’essere.
Fabio Rossi