QUESITO:
Ho l’abitudine di inserire in molte delle mie costruzioni l’aggettivo “eventuale”.
Dopo anni e anni di impiego largo e sistematico ho iniziato a domandarmi se esso sia stato, e sia, superfluo. Non vorrei che la semantica delle frasi, o la semplice logica, portasse allo stesso risultato finale per il mittente, anche se l’aggettivo fosse espunto.
Ecco un campionario di esempi:
a) Bisogna controllare l’eventuale buona riuscita dell’esperimento.
b) È opportuno verificare l’eventuale assenza del delegato.
c) Il vincitore dovrà eventualmente partecipare alla premiazione?
d) Gli esaminatori valuteranno i progetti e ne giudicheranno l’eventuale approvazione.
e) Dati aspetti della circolare sono determinanti ai fini di un eventuale stato di agitazione.
RISPOSTA:
In effetti in tutti gli esempi citati eventuale ed eventualmente sono pleonastici, perché l’eventualità del fatto è implicata dal contesto o dal significato del verbo:
a) se bisogna controllarla, vuol dire che che la buona riuscita non è assodata, ma va per l’appunto controllata;
b) idem per verificare;
c) l’eventualità è data dalla domanda stessa;
d) valutare e giudicare sono alla stregua di controllare e verificare;
e) forse è questo l’unico caso in cui eventuale possa agevolare la comprensione dell’enunciato, dal momento che lo stato di agitazione potrebbe essere dato per assodato, se non ci fosse eventuale; anche se dal senso generale dell’enunciato si capisce che essere determinante ai fini di qualcosa ha senso soltanto se questo qualcosa esiste, altrimenti il discorso non avrebbe senso; e dunque direi che eventuale è tranquillamente omissibile anche in questo caso.
Fabio Rossi