Sui tempi anaforici passati e futuri

Categorie: Semantica, Sintassi

QUESITO:

Ho scorto in letteratura questi esempi, scritti peraltro da autori di grande caratura:
“Dopo che fummo usciti dalla stanza, ella si portò in sala da pranzo”.
“Dopo che abbiamo parlato, è accaduto un fatto strano”.
“Dopo che ci eravamo salutati, l’ispettore mi mise a parte di una confidenza”.
“Dopo che eravamo entrati nel locale, ho detto al barman…”
“Dopo che sua moglie fu estromessa dall’eredità, Giulio ha perso la testa”.

Come vedete, ho raccolto con l’aiuto di mio figlio tutti gli incroci (per così dire) possibili, tra passato remoto e passato prossimo nelle principali e i trapassati nelle secondarie. Ho letto le discussioni con cui avete affrontato l’argomento, in particolare la 2800183, ma mi sono permesso ugualmente di avanzare la richiesta di ulteriori chiarimenti. Apprezzerei molto la vostra opinione sui suddetti esempi.
Un’ultima curiosità: in un noto testo grammaticale, per illustrare l’uso di dopo che nelle temporali si trova questo periodo: “di intese programmatiche si discuterà dopo che gli alleati prenderanno atto…”. Do per scontato che il costrutto sia corretto; ma per esemplificare la regola standard, non sarebbe stato meglio propendere al futuro anteriore avranno preso atto?

 

RISPOSTA:

​Le frasi che ha raccolto per esemplificare l’uso del passato remoto, del passato prossimo e dei trapassati prossimo e remoto sono tutte ben formate e mostrano, tra le altre cose, sia che due azioni avvenute nel passato possono essere espresse da due passati, senza il ricorso al trapassato (“Dopo che abbiamo parlato, è accaduto un fatto strano”), sia che il passato prossimo può oggi sostituire il passato remoto in ogni situazione, senza conseguenze semantiche apprezzabili.
Per quanto riguarda il suo appunto sull’esempio usato dalla grammatica scolastica, effettivamente lo standard vorrebbe il futuro anteriore, ma così come si può dire “Dopo che abbiamo parlato” (insieme a “Dopo che avevamo parlato”), anche il doppio futuro semplice è più che legittimo.
Spesso si criticano le grammatiche perché offrono una rappresentazione della lingua troppo lontana dalla realtà: in questo caso gli autori hanno tentato di avvicinarsi un po’ all’uso reale; è una scelta discutibile, ma comprensibile.
Fabio Ruggiano

Parole chiave: Registri, Verbo
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