Plurali irregolari? Nomi collettivi o figura retorica?

Categorie: Morfologia

QUESITO:

Vorrei capire meglio come certi sostantivi pur essendo al singolare hanno un significato plurale, esempio:Giovanni 1:29 Il giorno seguente, Giovanni vide Gesù che veniva verso di lui e disse: «Ecco l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo!
Il peccato nel verso sopra indicato pur essendo al singolare, ha un significato plurale, cioé : I peccati.Altro esempio, il frutto! Galati 5:22 Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo.
Anche in questo verso il frutto al singolare ha un significato plurale.Come vengono denominati in italiano questi sostantivi che sono al singolare ed hanno un significato plurale.Vengono denominati forse plurali irregolari?

 

RISPOSTA:

No, in realtà non si tratta di plurali irregolari, perché sono regolari sia nella forma sia nel significato. Si tratta dii un uso estensivo, quasi sempre possibile in italiano, di un singolare inteso in senso collettivo, ovvero dell’uso di un singolare in luogo del plurale, secondo una figura retorica (ma, data la sua frequenza in qualunque tipo di testo, sarebbe forse meglio definirla una strategia comunicativa) detta sinèddoche, che rientra nella più generale figura detta metonìmia. Si ha metonimia ogni qual volta si usi un termine in luogo di un altro di significato contiguo, come, che so, il contenitore per il contenuto (“bere un bicchiere”, che ovviamente si riferisce al contenuto del bicchiere) o l’autore per l’opera (“leggere Manzoni”, che ovviamente si riferisce all’opera di Manzoni). Analogamente, se si usa il singolare per il plurale o il plurale per il singolare, si sta usando la la parte per il tutto, o il tutto per la parte, secondo il particolare tipo di metonimia detto appunto sinèddoche. La sineddoche è molto diffusa nel linguaggio poetico, politico, sentenzioso, oratorio, religioso (da cui i suoi esempi evangelici), ma anche nel discorso comune. I poeti ne fanno un uso frequentissimo, per es. quando Petrarca usa “crin”, ovviamente non intendendo un solo capello ma tutti i capelli, la capigliatura, o quando il libretto della Tosca recita: “Tu azzurro hai l’occhio, Tosca ha l’occhio nero”, riferendosi ovviamente ad entrambi gli occhi.

Fabio Rossi

Parole chiave: Retorica
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