QUESITO:
Pongo un quesito su un testo di una canzone dove ho alternato passato prossimo e remoto.
È accettabile o avrei dovuto mantenere sempre lo stesso tempo anche quando mi riferivo a qualcosa di più recente?
Furono gli anni senz’altro più lieti
Per quanto donavano giorni felici
Intanto per me diventavi importante
Con solo due baci riservati alle guance
Ricordo che presto il mio sentimento
Si trasferiva ai tuoi amati parenti
Senza provare la minima invidia
Verso colui che ti volle per sposa
Cresceva negli anni senza mutare
Il nostro rapporto restava speciale
E riprendendo perfino gli studi
Si espanse in un’aula di facoltà
Certo c’è stato anche il momento
In cui ho cominciato a trascurarti
Ma anche se oggi non gli somiglio
Aveva iniziato a stregarmi tuo figlio.
RISPOSTA:
Ricordiamo che la differenza tra passato prossimo e remoto non riguarda tanto la distanza rispetto al momento presente, quanto le conseguenze che l’azione passata ha ancora sul presente. Pertanto, con certi verbi che indicano proprio un aggancio col presente, il passato prossimo è di fatto l’unica scelta possibile, o la migliore, anche in combinazione con altri verbi al passato remoto. In entrambi i casi in cui lei ha usato il passato prossimo («Certo c’è stato anche il momento / In cui ho cominciato a trascurarti»), sicuramente il passato prossimo è la scelta migliore: infatti sia l’insorgere del momento sia l’inizio del distacco sono eventi che hanno un forte aggancio con lo stato presente degli eventi e dei sentimenti. Va peraltro osservato che la poesia ha un uso dei tempi spesso diverso dal consueto, perché tende a prediligere il passato remoto rispetto al prossimo sia per la maggiore brevità (e quindi adattabilità metrica) del remoto, sia per quel senso di assolutezza, astrattezza e distacco dal reale tipico dell’afflato poetico.
Fabio Rossi