QUESITO:
Scrivo per alcuni dubbi circa la scelta dell’utilizzo di che o di per l’introduzione di un secondo termine di paragone con gli avverbi più o meno.
1) In merito ai comparativi di maggioranza e minoranza leggo: «bisogna utilizzare di quando si mettono a confronto due sostantivi o pronomi (non preceduti da preposizione). Bisogna usare che se si comparano due verbi, due avverbi o due aggettivi riferiti allo stesso sostantivo o se il termine di paragone è preceduto da una preposizione. Queste regole sono giuste? Mi sembrano incomplete.
Innanzitutto, vorrei chiedere se le frasi seguenti sono corrette:
«Considero più elegante la danza che il nuoto», «Trovo più corretto il maschile che il femminile».
In un sito di lingua italiana leggo che: se il soggetto NON costituisce uno dei due t. di paragone bisogna usare che! Questa regola spiega gli esempi sopracitati? è corretta? (si può usare anche di in questi casi?
Ho dei dubbi però su situazioni come questa: «Per me è più contagiosa l’allegria che la felicità» (qui l’allegria dovrebbe essere soggetto, che succede?).
2) Se ho capito bene nel caso in cui più non è unito a un aggettivo non si parla più di un comparativo, però mi pare di capire che valgono regole simili.
Es; se si comparano due avverbi si utilizza che (es: «parlo più dolcemente che velocemente»), ma c’è una differenza, se si comparano due sostantivi… da quel che ho capito si può usare sia che sia di, es: «Amo più il caffè che il/del tè». (Tra l’altro «amo più Carlo che Gianluca» e «Amo più Carlo di Gianluca» hanno significati diversi?)
Poi ci sono esempi quali: «Lui è più uno scrittore di romanzi che un poeta», «Vedo in te più un amico che un rivale», «Viaggia più Carlo che Gianni», «Ho più forchette che cucchiai». In questi esempi pur comparando due sostantivi sembra esser necessario per forza che. Perché?
RISPOSTA:
Le grammatiche riportano in effetti la prima regola da lei enunciata, che però, come giustamente osserva lei, è incompleta (sebbene descriva correttamente la maggior parte dei tipi del secondo termine di paragone), in quanto non tiene conto di tutti gli usi possibili nella lingua spontanea.
Gli esempi da lei addotti sono tutti corretti, e ammetterebbero, in molti casi, anche di (per esempio: «Trovo più corretto il maschile del femminile»), quindi la regola del soggetto non è ben formulata. Sembra, invece, che nella scelta tra di e che incida la maggiore prossimità tra l’avverbio o l’aggettivo di comparazione e il secondo termine di paragone nel caso del connettivo di, la minore prossimità nel caso di che (che spesso indica un’ellissi, una comparazione più tra due proposizioni che tra due sintagmi). Commentiamo caso per caso.
- «Considero più elegante la danza che il nuoto», «Trovo più corretto il maschile che il femminile»: possono funzionare entrambe anche con di, che però risulta più naturale e preferibile se la comparazione è collocata subito prima della congiunzione: «Considero la danza più elegante del nuoto», «Trovo il maschile più corretto del femminile». Per questo sopra ho parlato di maggiore prossimità nel caso di di rispetto a che: più il paragone è serrato, meglio funziona di, peggio (o per niente) funziona che, e viceversa.
- «Per me è più contagiosa l’allegria che la felicità»: come sopra; anche qui si consideri: «Per me l’allegria è più contagiosa della felicità».
- «Parlo più dolcemente che velocemente»: sicuramente nel caso di comparazione tra avverbi si deve usare che e non di, ma non perché non sia una vera comparazione, ma perché è una comparazione ellittica, per così dire, con maggiore distanza (nel senso spiegato sopra) tra la comparazione e il secondo termine di paragone, come se fosse una comparazione tra due proposizioni anziché tra due sintagmi: «parlo più dolcemente di quanto non parli velocemente».
- «Amo più il caffè che il/del tè»: sì, in questo caso che e di sono equivalenti, ma meglio di, al solito, se invertiamo l’ordine dei costituenti: «Amo il caffè più del te».
- «Amo più Carlo che Gianluca» è meglio, perché «Amo più Carlo di Gianluca» potrebbe significare che l’amore che provo io per Carlo è superiore all’amore che Gianluca prova per Carlo. Ancora una volta, è questione di distanza, infatti «Amo Carlo più di Gianluca» funziona abbastanza bene (anche se rimane, in teoria, la stessa ambiguità, in assenza di un contesto disambiguante).
- «Lui è più uno scrittore di romanzi che un poeta», «Vedo in te più un amico che un rivale», «Viaggia più Carlo che Gianni», «Ho più forchette che cucchiai» richiedono che sempre per lo stesso motivo della distanza e dell’ellissi: «Lui è più uno scrittore di romanzi di quanto non sia un poeta», «Vedo in te più un amico di quanto non veda un rivale», «Viaggia più Carlo di quanto viaggi Gianni», «Ho più forchette di quanto non abbia cucchiai». Ma anche qui, ancora una volta, se accorciamo la distanza tra la comparazione e il secondo termine di paragone, e dunque rendiamo la frase meno ellittica, funziona meglio di: «Carlo viaggia più di Gianni»
Fabio Rossi