QUESITO:
Ho letto il contributo sulla vostra pagina sull’argomento «a condizione che» (qui) e mi sarei interessato perché non avete consigliato il congiuntivo trapassato nella terza frase: «casomai avesse studiato molto avrebbe superato l‘esame». Secondo me si tratta del 3. grado ipotetico.
RISPOSTA:
Se si vuole esprimere l’irrealtà, va usato certamente il periodo ipotetico del terzo tipo; si dà cioè per scontato (si presuppone) che non ha studiato molto: «Se avesse studiato molto avrebbe superato l’esame». Va precisato, però, che questo periodo ipotetico funziona perfettamente con se (che è la congiunzione ipotetica, o condizionale, per antonomasia), ma funziona meno bene con gli altri connettivi (dunque non del tutto sinonimici) quali a patto che, a condizione che, purché, caso mai (o casomai), i quali si conciliano meglio con il periodo ipotetico dei primi due tipi. Purché, per esempio, si adatta soprattutto a contesti al congiuntivo presente: «leggi i fumetti, purché tu legga»; casomai (quando è usato come congiunzione e non come avverbio) si usa quasi esclusivamente all’imperfetto congiuntivo: «casomai passassi da Messina, fammi uno squillo». Non a caso, se consulta la banca dati repubblica.it, scopre che la grande maggioranza dei casomai ha valore avverbiale («Più controlli (casomai armati) o più educazione»); nei rari casi di casomai congiunzione ipotetica, essa è costruita praticamente sempre soltanto con il congiuntivo imperfetto («Accetto suggerimenti, casomai mi ricapitasse»).
Fabio Rossi