Siamo “confidenti” sul futuro dell’italiano

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La mania di usare parole, o anche solamente morfemi, inglesi nelle insegne, nelle pubblicità, nei nomi commerciali è ben nota. Non stupisce che sia penetrata nel giornalismo brillante e persino nelle leggi italiane (Jobs actstepchild adoptionbail in e bail outvoluntary disclosure…).

C’è qualcuno che con cura e un pizzico di sano umorismo raccoglie le storpiature inevitabilmente prodotte in questo processo di scopiazzatura dell’inglese. A ben vedere i segnali sparsi nei media, però, le storpiature potrebbero divenire (presto?) un ricordo, grazie a un cambiamento di rotta nel rapporto di sudditanza linguistica (quindi culturale) degli italiani rispetto all’inglese. Proprio mentre il MIUR impone ai professori universitari di scrivere progetti di ricerca in inglese (con effetti un po’ bizzarri nel caso di progetti di linguistica o letteratura italiana), l’atteggiamento diffuso degli italiani potrebbe essere un passo avanti; potrebbe essere entrato, cioè, in una fase in cui si preferisce assimilare l’elemento forestiero nel sistema dell’italiano, con la conseguente creazione di ibridi talmente integrati da passare inosservati.

Il 22 marzo, il presidente del Consiglio Gentiloni, commentando gli esiti di un vertice europeo, ha detto: “E naturalmente siamo confidenti che ci sia una esenzione completa…”; lo stesso giorno, in una intervista radiofonica a un economista, ho sentito personalmente: “le aziende muovono l’headquarter all’estero”. L’intervistatore ha subito tradotto headquarter (esempio di inglese farlocco, visto che in inglese la parola è sempre plurale: headquarters) con ‘sede principale’, per rendere intelligibile la frase al pubblico, ma ha trascurato, invece, muovono, che è ovviamente un calco semantico dell’inglese to move ‘trasferire, traslocare’. Allo stesso modo, nessuno ha fatto una piega davanti al confidenti di Gentiloni, chiaro calco semantico di confident ‘fiducioso’. Il motivo per cui queste forme passano inosservate è proprio la loro natura di ibridi, formalmente ineccepibili, semanticamente imperfetti, ma tutto sommato accettabili.

A ben pensarci, infatti, confidente oggi si usa quasi solamente come sostantivo, con il significato di ‘persona a cui si rivelano i propri segreti’; eppure esiste anche un uso, raro, come aggettivo, proprio con il significato di ‘fiducioso’. Qualche pignolo potrebbe addirittura dire che Gentiloni aveva in mente quest’uso quando ha detto siamo confidenti, ma il modello inglese è certamente più forte. Da questo modello potrebbe venire il ritorno in voga dell’uso come aggettivo, attualmente quasi dimenticato.

Allo stesso modo, muovere ha già nel suo corredo semantico il significato di ‘spostare’, valido perlopiù con oggetti concreti (muovere un massomuovere l’alfiere): da qui il passo è breve per arrivare a ‘trasferire’, che potrebbe diventare presto una nuova accezione del verbo. Del resto, un salto ben più lungo ha fatto il verbo realizzare, che sulla spinta di to realize ha assunto l’accezione di ‘rendersi conto’ (stabilmente registrata nei vocabolari da decenni).

Il calco semantico, rispetto al prestito (esempi di prestito sono quelli elencati sopra tra le “invenzioni” legislative), ha il vantaggio di non stravolgere il sistema della lingua, pur rispondendo all’esigenza di innovazione propria di tutte le lingue. La lingua che opera il calco sfrutta pienamente le sue risorse interne per assorbire nuovo materiale, si adatta senza cedere, si piega ma non si spezza.

Fabio Ruggiano