La complessità del semplice

Pubblicato Categorie: La parola che non ti aspetti

C’è una stretta parentela tra gli aggettivi (quindi anche tra i nomi che da essi derivano) che esprimono il grado di complessità di un oggetto, semplice e complicato: sono accomunati dalla radice indoeuropea -plek-, che ha prodotto il verbo greco pliko e i verbi latini plecto e soprattutto plĭco (con l’alternanza vocalica e/i), tutti dal significato di ‘piegare’. Lo stesso verbo piegare, non a caso, viene dal verbo plĭco (secondo la trafila normale che trasforma, nel passaggio dal latino all’italiano, pl- iniziale in pi-, ĭ in e e k intervocalica in /g/).

Sem-plice e com-plicato condividono, come si vede, l’idea base del ‘piegamento’: a seconda del prefisso, il piegamento può essere uno (sem-, dalla radice indoeuropea sem- ‘uno’) o possono essere diversi (com-, dal latino cum- ‘insieme’). Ma possono essere anche molti, se molti-plichiamo un oggetto per x volte.

Vi sembra che sia strano definire la complessità di un oggetto o di un concetto in termini di numero di piegamenti? Eppure questo tipo di processo è piuttosto comune: è la metaforizzazione, cioè l’estensione concettuale del termine che definisce un fenomeno concreto per esprimere un concetto astratto. A ben vedere, lo stesso processo è usato anche per il concetto opposto: il verbo spiegare è passato dal significato concreto di ‘tendere un corpo precedentemente piegato o arrotolato’ a quello astratto di ‘ridurre il grado di complessità di un concetto’; eliminare le pieghe, insomma. La metaforizzazione era già avvenuta in latino e da lì si è trasmessa all’italiano: già in latino, infatti, esistevano simplex, complicatus, participio passato del verbo complĭco (cum-plĭco); ma anche duplex ‘duplice’, multiplex ‘molteplice’, complexus, participio passato del verbo complector ‘abbracciare’, quindi letteralmente ‘abbracciato’, complex ‘compagno’ (da cui complice). Una spiegazione in più merita complexus, da cui in italiano è derivato complesso: il significato latino ‘abbracciato’, ma anche ‘riunito, raccolto, compreso’, si è evoluto nell’aggettivo italiano in ‘composto da più elementi o parti’ (da qui anche il sostantivo complesso, nel senso di ‘raggruppamento di oggetti’).

Tra complesso e complicato, quindi, c’è una parentela abbastanza lontana; e infatti il significato dei due aggettivi è solo parzialmente sovrapponibile. Mentre complesso indica la natura composita di un oggetto, complicato indica che un oggetto potenzialmente semplice è stato reso meno semplice (è stato “piegato più volte”) per l’intervento di una causa esterna. Per questo nell’aggettivo complicato è insita una sfumatura negativa, che è assente in complesso: non a caso un sistema, uno schema, un testo possono essere definiti inutilmente complicati, ma non *inutilmente complessi.

Fabio Ruggiano