«È ormai da parecchi anni che si trascina l’idea di un popolo non attento alla lettura: in parte è vera, perché oggi, così come quando scrivevano Leopardi e Bonghi, in Italia manca il senso di coesione; d’altra parte è falsa, perché è proprio la mancanza d’unità a produrre una letteratura varia come quella italiana. Luigi Matt, in una recente pubblicazione (Forme della narrativa italiana di oggi, Roma Aracne, 2014), esordisce affermando che «negli ultimi anni, la produzione narrativa italiana è aumentata in un modo fino a poco tempo prima imprevedibile»; non solo è aumentata, ma è quanto mai varia, scolpita in una lingua mutevole e estranea ai grigiori scadenti dei romanzetti (una tesi ormai convalidata da altri studi linguistici). Ho l’impressione che l’Italia possegga molto più di ciò che è visibile in superficie e sono convinto che la letteratura (quella vera) esista e sia presente: c’è solo bisogno di tempo per rivalutare certi scrittori e, per la mia origine siciliana, penso a Consolo e Bufalino, oscurati dalla fama crescente del sempre più internazionale Camilleri.
Sui lettori spenderò poche parole: esistono. E sono tanti. Esiste anche una buona parte di non-lettori, ma il problema è alla radice, perché una buona educazione scolastica e dei bravi professori possono suscitare la curiosità di sfogliare attentamente qualche pagina. Quindi, forse, non sono i mancati lettori ad aver colpa, quanto quei professori (a loro volta non-lettori) che non trasmettono un’idea precisa di letteratura; o forse è colpa della società, che ormai non concede tempo libero per un buon libro, soprattutto nelle fasce d’età dai 25 ai 35 anni, nelle quali si cerca sfrenatamente di trovare lavoro.
Consiglio anch’io, come Guglielmo Pispisa, due letture: per la narrativa italiana “Le menzogne della notte”, di Gesualdo Bufalino, per quella straniera “L’animale morente”, di Philip Roth».