“Se vorresti venire ma…”

Categorie: Semantica, Sintassi

​QUESITO:

Curiosando in rete mi sono imbattuta in una discussione circa le seguenti costruzioni:
1. Se non vieni perché non te la senti è un discorso; se invece vorresti venire ma ti senti in imbarazzo, sbagli.
2. Se hai rifiutato perché non ne hai bisogno, posso capire; se invece avresti voluto accettare ma qualcuno te l’ha impedito, ti prego di dirmelo.
Gli utenti intervenuti si sono divisi tra sostenitori della conformità ai dettami sintattici e sostenitori del contrario. Voi che cosa ne pensate?

 

RISPOSTA:

Il condizionale in una proposizione introdotta dalla congiunzione se è sempre visto con sospetto, perché è un errore molto comune sostituirlo al congiuntivo imperfetto nella protasi del periodo ipotetico (*”Se vorresti potresti farlo” al posto del corretto “Se tu volessi potresti farlo”).
Nella prima frase da lei proposta, la difficoltà sta nel contrasto tra l’apparente violazione della regola appena esposta e la sensazione che il risultato “suoni bene”. E in effetti la frase è corretta, perché la regola non viene affatto violata. Per accordare la sensazione con la regola basta reintegrare un pezzo di frase che è stato sottinteso: “se, invece, vorresti venire ma non vieni perché ti senti in imbarazzo, sbagli”. La protasi che funge da ipotesi di sbagli non è, quindi, “se vorresti venire”, che sarebbe mal formata (*”Se vorresti venire sbagli”) e non rispecchierebbe il senso inteso dal parlante (lo sbaglio non è voler venire, ma, al contrario, non venire), bensì “se vorresti venire ma non vieni”, ovvero “se non vieni pur volendo venire” (che sarebbe la costruzione della frase più formale e adatta allo scritto), oppure “se non vieni anche se vorresti venire”. La costruzione coordinata con ma della protasi, insomma, nasconde una struttura semantica subordinativa con una concessiva.
Per la verità, anche senza reintegrare “se non vieni” il ragionamento vale lo stesso: “se ti senti in imbarazzo pur volendo venire / anche se vorresti venire”; bisogna, però, riconoscere che l’ipotesi è senz’altro “se non vieni”. Nella mente del parlante, cioè, il rapporto di ipotesi-conseguenza è questo: “Sbagli se non vieni”. Le altre informazioni, “ti senti in imbarazzo” e “vorresti venire”, hanno semanticamente un ruolo di sfondo rispetto al nucleo dell’enunciato.
I motivi per cui il parlante non dice chiaramente quello che pensa (“Sbagli se non vieni”) possono essere due; la variatio sintattica rispetto alla costruzione del primo pezzo della frase, oppure, più probabilmente, la cortesia: normalmente, infatti, quando comunichiamo costruiamo percorsi linguistici alternativi, più lunghi e indiretti, rispetto a quello che rispecchia più fedelmente il nostro pensiero, se quest’ultimo ci sembra troppo violento o invadente. Lo facciamo soprattutto quando dobbiamo ordinare qualcosa (invece di dire “Apri la finestra” diciamo “Potresti aprire le finestra?”); quando esprimiamo un’opinione non pacifica (invece di dire “La filatelia è un ottimo passatempo perché…” diciamo “La filatelia mi rilassa molto, mi aiuta a concentrarmi e mi fa scoprire tanti fatti storici”); quando, similmente, critichiamo qualcuno, come nel caso della frase in questione.
Possiamo applicare lo stesso ragionamento fatto per la prima frase anche alla seconda: “se, invece, avresti voluto accettare ma non hai accettato perché qualcuno te l’ha impedito, ti prego di dirmelo” (ovvero “se non hai accettato pur avendo voluto…”). In più, questo secondo caso offre un interessante incrocio sintattico: il verbo di dire nell’apodosi avvicina tutto il resto della frase, compresa la protasi (ma esclusa l’eventuale causale) a una interrogativa indiretta: “ti prego di dirmi se avresti voluto accettare ma (non hai accettato perché) qualcuno te l’ha impedito”. L’interrogativa indiretta è normalmente costruita con il condizionale passato per esprimere il futuro nel passato.
​Per maggiori informazioni sul futuro nel passato suggerisco di consultare l’archivio di DICO inserendo nel motore di ricerca interno il termine consecutio temporum.
Fabio Ruggiano

Parole chiave: Analisi del periodo, Registri, Verbo
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