Sarebbe la volta buona che

QUESITO:

Mi trovo alle prese con un periodo la cui sintassi mi procura una certa indecisione. Chiedo come al solito il vostro autorevole supporto.

«(Se sua madre lo rimproverasse), sarebbe la volta buona che impara/imparerebbe la lezione».

Propenderei d’acchito per il condizionale, ma mi pare che anche l’indicativo non sia una scelta del tutto agrammaticale. Nel momento in cui ho composto la proposizione principale retta dal condizionale, si è come innescato in me l’automatismo di completare il periodo con il congiuntivo (impari oppure imparasse), ma alla fine ho cassato entrambe le opzioni reputandole ingiustificabili.

RISPOSTA:

La sua incertezza è del tutto legittima, poiché nel caso specifico si intersecano due diverse forze: la prima è quella del periodo ipotetico (che tende a farci propendere per il condizionale), la seconda è quella della completiva («sarebbe la volta che…»), che spinge invece verso il congiuntivo o l’indicativo. Sicuramente la scelta migliore è quella del condizionale, poiché, anche se a rigore l’apodosi del periodo ipotetico è qui rappresentata da sarebbe, anche la completiva che da sarebbe dipende mantiene la carica condizionale, coesa com’è con la reggente, come se fosse un unico complesso verbale: «sarebbe la volta buona che imparerebbe la lezione».

Tutte le altre alternative sono possibili ma meno felici e talora al limite dell’accettabilità:

«Sarebbe la volta buona che impara o impari la lezione» non andrebbero molto bene a causa della natura epistemica che dissuade dall’uso del presente indicativo o congiuntivo in espressioni analoghe a «vorrei che fosse», migliore di «vorrei che sia» (come abbiamo illustrato qui). D’altra parte, però, neppure «Sarebbe la volta buona che imparasse la lezione» è accettabile, perché l’imperfetto non è giustificabile dalla consecutio temporum. Analogamente si dica per «Sarebbe la volta buona che imparava la lezione»

Fabio Rossi