QUESITO:
Spesso nell’italiano colloquiale e, a volte, anche in occasioni meno informali, mi accade di sentire elementi forse classificabili come neostandard, come l’uso del pronome “gli” anche con il significato di “a lei”.
Sul versante dei regionalismi riscontro l’utilizzo di scatola al maschile, l’uso transitivo del verbo uscire (in Sicilia), le forma non apocopata di professore davanti a nome proprio.
Quanto ho elencato va considerato assolutamente errato? Come si dovrebbe comportare un insegnate con i propri alunni, correggendo questi e simili errori o spiegando le differenze diatopiche et similia?
RISPOSTA:
Gli errori assoluti propriamente detti sono molto pochi, in una lingua: si tratta di forme del tutto incomprensibili, oppure che violano regole di sistema, come per es. se in italiano qualcuno dicesse «mela la» anziché «la mela», oppure «il mio amico arrivano domani» anziché «il mio amico arriva domani». Si tratta, cioè, di errori che di fatto nessun madrelingua commetterebbe, perché violano regole del tutto introiettate dai parlanti. Il 90% di quelli che comunemente vengono classificati come errori è in realtà costituito da forme proprie di una varietà della lingua, ma non adatte alle altre varietà. Per es. un termine, una forma o una locuzione propri dell’italiano regionale, oppure dell’italiano informale, ma inadatti all’italiano standard formale. Compito della scuola è far capire come l’italiano, così come ogni altra lingua del mondo, è sfaccettato, cioè articolato in diverse varietà, e che pertanto una piena alfabetizzazione funzionale prevede che si sia in grado di riconoscere e usare le forme adatte a ciascuna varietà. L’insegnante deve quindi spiegare agli studenti che tutte le forme da lei segnalate (gli ‘le’, scatolo ‘scatola’, uscire la macchina dal parcheggio, professore Rossi anziché professor Rossi) sono forme corrette nelle varietà informali (la prima) e regionali meridionali (le altre tre), ma da evitare senza dubbio nell’italiano standard, soprattutto se di tipo formale e scritto. Vanno invece bene nell’italiano parlato informale e regionale, con l’avvertenza che le ultime tre potrebbero suscitare reazioni negative nei parlanti dell’Italia centro-settentrionale. Tutte e quattro le forme da lei citate (e altre consimili), inoltre, se utilizzate nell’italiano standard scritto, soprattutto di tipo formale, susciterebbero una reazione negativa in chiunque e potrebbero addirittura determinare sanzioni sociali, quali la bocciatura a un concorso, un brutto voto a scuola, l’accusa di essere ignoranti e simili. Dato che ogni lingua è prima d’ogni altra cosa uno strumento sociale, queste reazioni e queste sanzioni fanno parte a pieno titolo della lingua stessa e non possono, pertanto, essere ignorate né disattese dall’educazione linguistica propria dell’attività scolastica e della vita democratica.
Fabio Rossi