Qui si dà una risposta sulla costruzione impersonale

Categorie: Semantica, Sintassi

QUESITO:

Vorrei approfondire il capitolo della particella si, già analizzata di recente da voi linguisti in uno degli esempi contenuti nell’articolo numero 2800208. L’utente ha espresso dubbi molto simili ai miei, che non mi sono mai stancato di consultare le varie grammatiche disponibili sul mercato per provare a comporre un quadro organico di regole.
Ho letto che “con un verbo intransitivo o transitivo senza oggetto espresso, il si non ha valore passivante ma impersonale”; su un’altra grammatica, a proposito del passivante, si legge “la regola vale anche quando il verbo, all’infinito, è preceduto da verbi servili o fraseologici. Se però la frase si complica, è naturale considerare quel si come un soggetto impersonale, equivalente a noi”; infine “con il si passivo il
soggetto logico è sempre umano e plurale, mentre nella costruzione passiva non ci sono restrizioni sul tipo di soggetto logico”.
Sono un appassionato di lingua italiana ma non un professore di lettere; ho quindi raccolto le idee e sono arrivato a formulare questi costrutti, su cui vi sarei grato se interveniste:
“Non si mangiano le mele” (corretto, passivante)
“Non si mangia le mele” (corretto, impersonale)
“Sono soldi che non si riescono a spendere” (corretto, passivante)
“Sono soldi che non si riesce a spendere” (corretto, impersonale)
“Si devono a controllare i bambini” (corretto?)
“Non si potevano più guardare i film” (corretto?)
“Si riuscirebbe a vedere distintamente tutti i singoli effetti delle vostre scelte” (stando alle regole, il si impersonale è doveroso, perché gli effetti sono formalmente distanti dal verbo; ma adottare il passivante sarebbe comunque possibile?).
Mi aggancio in parte all’utente che mi ha preceduto nella presentazione del quesito e vi chiedo se l’uso impersonale è sempre attuabile oppure ci sono determinati casi che lo inibiscono. Non per scegliere la strada comoda, ma con l’uso impersonale saremmo certi di non sbagliare mai? Potrei ad esempio scegliere di scrivere o dire “Non si spende più soldi” anziché “Non si spendono più soldi”, “Sono libri che non si legge più” anziché “Sono libri che non si leggono più”?
Cosa significa, all’atto pratico, che il “soggetto logico è sempre umano e plurale”? Se fosse inanimato e singolare, la costruzione con il si passivante non potrebbe essere ottenuta?

 

RISPOSTA:

Come sintetizzato da una delle grammatiche da lei citata, il si ha funzione impersonale solamente con i verbi intransitivi e con i transitivi senza oggetto espresso (che, quindi, si comportano come gli intransitivi): “Di solito il giorno di Natale si va a pranzo dai parenti”; “Non si parcheggia in seconda fila” (si noti, a margine, che il costrutto impersonale assume quasi sempre una sfumatura di obbligo, o deontica). Negli altri casi, cioè con i verbi transitivi con l’oggetto espresso, il si assume funzione passivante, trasformando l’oggetto grammaticale in soggetto logico: “Si mangia la mela” = “La mela è mangiata”; “Si mangiano le mele” = “Le mele sono mangiate”.
Le frasi “Si mangia le mele” e “Sono libri che non si legge più” sono ammissibili soltanto se si sottintende il soggetto noi: “Noi si mangia le mele” e “Sono libri che noi non si legge più”. Questa costruzione è ben nota alla tradizione letteraria italiana e oggi è ancora vitale nel parlato toscano; fuori dalla Toscana, però, è poco comune. Inoltre, se non esplicitiamo il soggetto noi, frasi come “Si mangia le mele” e “Non si legge più libri” possono ingenerare confusione, perché coincidono con le forme colloquiali del verbo transitivo con il pronome che indica un particolare coinvolgimento del soggetto nell’azione, come in “Mi sono bevuto una bella birra” (= ‘Mi sono bevuto una bella birra con piena soddisfazione’).
Quando il verbo costruito con si è seguito da una intera proposizione, detta soggettiva, il si è considerato impersonale (come se il verbo fosse transitivo senza oggetto). In realtà, si noterà che il costrutto equivale a quello passivante: “Si mangia la mela” (ovvero “La mela è mangiata”) equivale a “Si dice che tu sia un ritardatario” (ovvero “Che tu sia un ritardatario è detto”). Classificazioni a parte, però, il dettaglio a cui prestare attenzione è che, in questo caso, il verbo reggente la soggettiva è sempre singolare, anche quando il soggetto della proposizione soggettiva è plurale: “Si spera che cadranno molte stelle a Ferragosto”, non *”Si sperano che cadranno molte stelle a Ferragosto”; “Si dice che ieri siano arrivati molti ospiti”, non *”Si dicono che ieri siano arrivati molti ospiti”. Questa regola equivale a quella correttamente intuita da lei a proposito della frase “Si riuscirebbe a vedere distintamente tutti i singoli effetti delle vostre scelte”; dal momento che gli effetti è il soggetto della proposizione soggettiva, non dovrebbe influire sulla concordanza del verbo reggente l’intera proposizione, si riuscirebbe, che rimane singolare: la costruzione *”Si riuscirebbero a vedere… gli effetti…” è, pertanto, scorretta.
Tale scorrettezza, però, è riscontrabile nel discorso poco sorvegliato e, in alcuni casi, passa decisamente inosservata. Tra le due frasi seguenti, ad esempio, si fa fatica a considerare scorretta la prima: “Sono soldi che non si riescono a spendere” / “Sono soldi che non si riesce a spendere”. Pur trovandoci nella medesima situazione della frase precedente (“Si riuscirebbe a vedere…gli effetti”), qui riuscire e spendere i soldi sono talmente solidali da poter quasi essere considerati un unico verbo e indurre a trascurare la regola grammaticale. Come se ciò non bastasse, la costruzione con la proposizione relativa complica ulteriormente la situazione. In questi casi, in astratto la scelta più formale rimane quella di considerare a spendere una proposizione soggettiva retta da si riesce, ma in pratica si può considerare valida anche l’eventuale infrazione (non si riescono a spendere). Allo stesso modo si comportano tutti i verbi detti modali, che aggiungono una sfumatura al verbo semanticamente più rilevante e sintatticamente lo reggono; in un caso come il seguente, qualunque parlante propenderebbe per la seconda soluzione, in astratto scorretta, e scarterebbe, al contrario, la prima, in astratto corretta: “I punti dell’ordine del giorno si comincia a trattare dopo le comunicazioni preliminari”; “I punti dell’ordine del giorno si cominciano a trattare dopo le comunicazioni preliminari”.
Ci sono casi, poi, in cui il verbo che tecnicamente regge il complemento oggetto ha un legame ancora più stretto con il verbo che lo regge: i costrutti con i verbi servili (doverepoterevolere). Uno di questi esempi è “Si devono controllare i bambini” (non “a controllare”, come ha scritto lei, forse per distrazione). Come si nota, il verbo che regge il complemento oggetto è controllare, mentre è dovere che concorda con esso; un altro esempio è “Non si potevano più guardare i film”. È il caso limite di solidarietà tra verbo reggente e proposizione soggettiva, che impedisce di considerare corrette le costruzioni “Si deve controllare i bambini”, “Non si poteva più guardare i film”.
Queste ultime ridiventano accettabili se consideriamo sottinteso (ma è molto meglio esplicitarlo) il soggetto noi, secondo la costruzione tradizionalmente letteraria e oggi toscana: “Noi si deve controllare i bambini”, “Noi non si poteva più guardare i film”.
Fabio Ruggiano

Parole chiave: Analisi logica, Dialetti e italiani regionali, Lingua letteraria, Pronome, Verbo
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