QUESITO:
Nei casi sotto indicati, gli articoli inseriti tra parentesi possono essere adoperati per sostantivizzare i termini successivi, creando così una costruzione grammaticale?
1. Non si capisce (il) perché.
2. (Il) parlare con gli altri per me è di vitale importanza.
Vorrei infine domandarvi se, con l’omissione degli stessi, si ottengono comunque frasi del tutto valide.
RISPOSTA:
Gli articoli possono essere inseriti, ma non sono obbligatori. Con l’articolo la congiunzione perché nella prima frase e il verbo parlare nella seconda sono trasformati in nomi. Questa trasformazione modifica il funzionamento grammaticale e il significato delle parole, ma non sempre. Per esempio, la frase “Non si capisce perché” potrebbe essere continuata con ti comporti così; la frase “Non si capisce il perché”, invece, non ammette come continuazione ti comporti così. Dal punto di vista del significato, inoltre, perché è una congiunzione che indica un rapporto di causalità, mentre il perché significa ‘il motivo’.
Nel caso degli infiniti, l’inserimento dell’articolo è spesso ininfluente: parlare con gli altri è quasi indistinguibile da il parlare con gli altri. Questo è dovuto alla natura stessa dell’infinito, che è un nome verbale, cioè è una forma del verbo che si comporta sintatticamente come un nome e ha un significato parafrasabile con un nome (anche senza articolo). Non a caso, in italiano diversi infiniti verbali si sono convertiti nel tempo in nomi e sono registrati come nomi nei vocabolari: il mangiare, il bere, l’avere (che si può anche volgere al plurale: gli averi), il parere (anch’esso dotato di plurale: i pareri), il finire, spesso usato nell’espressione sul finire e molti altri.
Tutte le parti del discorso possono essere nominalizzate con l’inserimento dell’articolo: il bello, il bene, il quanto e ‘l quale (Dante), un urrà. Gli articoli e le preposizioni sono nominalizzati di fatto soltanto quando se ne parla proprio come oggetti grammaticali.
Fabio Ruggiano