QUESITO:
Sfogliando il vostro archivio delle domande, mi sono soffermata sull’alternanza tra congiuntivo trapassato e imperfetto, passato prossimo e futuri dell’indicativo nelle subordinate. Mi piacerebbe conoscere il livello di formalità delle soluzioni sotto indicate.
1) Stamattina il medico mi ha detto che se entro domani la febbre non mi fosse passata, dovrei richiamarlo.
2) Stamattina il medico mi ha detto che se entro domani la febbre non mi passasse, avrei dovuto richiamarlo.
3) Stamattina il medico mi ha detto che se entro domani la febbre non mi passasse, dovrei richiamarlo.
4) Stamattina il medico mi ha detto che se entro domani la febbre non mi è passata, dovrò richiamarlo.
5) Stamattina il medico mi ha detto che se entro domani la febbre non mi passerà, dovrò richiamarlo.
6) Stamattina il medico mi ha detto che se entro domani la febbre non mi sarà passata, dovrò richiamarlo.
RISPOSTA:
1) La proposizione condizionale (se entro domani la febbre non mi fosse passata) configura l’oggettiva (dovrei richiamarlo) come l’apodosi di un periodo ipotetico (di cui la condizionale è la protasi). Il congiuntivo trapassato (fosse passata) indica che l’ipotesi è altamente improbabile, inverosimile. Si noti che questa funzione sintattica in questo caso è svincolata dalla consecutio temporum, tanto che il trapassato può essere usato anche in relazione a un evento futuro quale è quello descritto nella frase.
Riguardo alla 2) e alla 3), il congiuntivo imperfetto (passasse) indica che l’ipotesi è verosimile. L’apodosi di questo periodo ipotetico è una proposizione oggettiva (dipendente da ha detto) e tutte le completive (categoria nella quale rientra l’oggetiva) rispettano fedelmente la consecutio temporum. Stando alla consecutio, un evento successivo a un altro presente si indica con l’indicativo futuro, il congiuntivo presente o, in un periodo ipotetico, il condizionale presente; un evento successivo a uno passato (il cosiddetto futuro nel passato), invece, si indica con il congiuntivo imperfetto o il condizionale passato; la scelta del tempo del condizionale, pertanto, dipenderà dal tempo della reggente. Il passato prossimo (ha detto) è ovviamente un passato, ma vale come presente, perché la disposizione del medico è ancora valida nel momento dell’enunciazione e lo sarà anche nel momento in cui l’emittente dovrà chiamarlo. Il passato prossimo, pertanto, richiede preferibilmente il condizionale presente (dovrei), tanto in relazione a una protasi al congiuntivo imperfetto (ipotesi possibile), quanto in relazione a una al congiuntivo trapassato (ipotesi improbabile). Più insolito, ma non impossibile, sarebbe il condizionale passato (avrei dovuto), che rappresenterebbe automaticamente la disposizione del medico come legata al passato e non più valida (circostanza che potrebbe verificarsi se, per esempio, il medico ha in seguito comunicato una disposizione diversa, o se l’emittente ha già deciso che non seguirà la disposizione).
Nella 4) la proposizione condizionale rappresenta l’ipotesi come reale, suggerendo che sia molto probabile che si verifichi. Il passato prossimo (è passata) in relazione a un evento futuro si giustifica immaginando come momento di riferimento domani, rispetto al quale la febbre si è già manifestata come passata o no. L’apodosi all’indicativo futuro è perfettamente in linea con il grado di probabilità di questa ipotesi, ma essa ammette anche il condizionale, che lascia trasparire la possibilità che nonostante la febbre l’emittente possa non chiamare il medico (come se ci fosse una seconda protasi implicita: se entro domani la febbre non mi è passata, dovrei richiamarlo (se lo ritenessi opportuno)).
Dal punto di vista della formalità, quest’ultima versione della frase ammette delle varianti: quella più formale è la 6), con il futuro anteriore nella protasi (se non mi sarà passata) e il futuro semplice nell’apodosi; quella meno formale avrebbe il passato prossimo nella protasi e il presente nell’apodosi (devo chiamarlo). La 5), con i due futuri, si colloca a un livello intermedio: è meno precisa, quindi meno formale, di quella con il futuro anteriore, ma è più precisa, quindi più formale, di quella con il passato prossimo.
Si consideri che il futuro anteriore è usato soprattutto in contesti di alta formalità, o per evitare confusione qualora il co-testo generi ambiguità. Nel tempo, il futuro anteriore ha subito un progressivo abbandono in favore del futuro semplice e del presente indicativo, decisamente più economici.
Fabio Ruggiano
Raphael Merida