Futuro epistemico e linguaggio inclusivo

Categorie: Morfologia, Ortografia e stili grafici, Semantica, Sintassi

QUESITO:

Quale fra le due affermazioni è la più formale?
Quanto alto è Mario?
Quanto alto sarà Mario?
Inoltre ho visto che va molto di moda ultimamente mettere l’asterisco per rendere “neutri” i sostantivi (asterisco egualitario di genere) che se non ho capito male, sarebbe invece consigliato rivolgersi ad entrambi i sessi con il maschile plurale secondo canoni formali della lingua italiana.

 

RISPOSTA:

Le frasi sono entrambe corrette (anche se sarebbe meglio anteporre il verbo: Quanto è alto, Quanto sarà alto Mario?), soltanto che in questo caso il futuro ha un valore epistemico, cioè indica un certo grado di dubbio o probabilità: “mi chiedo quanto possa essere alto Mario” ecc. Dato che ogni domanda (che non sia retorica) contiene in sé un elemento dubitativo (altrimenti se si sapesse già la risposta non si farebbe la domanda), in questo caso il futuro è tutto sommato pleonastico, in quanto equivalente al presente.
Il problema dell’uso dell’asterisco, o dello schwa, a scopo inclusivo, ovvero per rendere sia il maschile, sia il femminile, sia per includere nel novero persone non binarie, è, soprattutto in questi giorni, più vivo che mai e non può essere riassunto in poche battute qui. Ognuno ha le sue idee, legittimamente. Ovviamente la soluzione dell’asterisco e dello schwa violano le attuali norme ortografiche e morfologiche dell’italiano, ma ogni lingua evolve anche a costo di infrazioni del sistema. Pertanto se tali istanze inclusive (di per sé nobilissime, ovviamente, in qualunque società civile) venissero sentite dalla maggioranza degli utenti come necessarie alla comunicazione, il sistema linguistico non potrà non esserne influenzato e dunque l’asterisco e/o lo schwa saranno inclusi nel nostro sistema ortografico e morfologico, con buona pace degli oppositori e delle petizioni. Del resto, non è questo l’unico caso, nella storia della lingua, di vistosi cambiamenti del sistema ortografico: quando io andavo alle scuole elementari era ancora ammessa la grafia ò, ài, à, in luogo di ho, hai ha.
Morale della favola: non parlerei di corretto/scorretto, nei casi di asterisco o di schwa, ma di sentito o no come urgente, usato o no da un congruo numero di utenti ecc. Peraltro, il fatto che oggi si utilizzi il maschile indistinto (eviterei l’uso della parola “neutro”, visto che l’italiano, differentemente da altre lingue, non ha il genere neutro) per rivolgersi sia agli uomini, sia alle donne, sia alle persone non binarie, non relega certo al rango di scorrettezza altri usi possibili, quali per esempio quello, perché no, di utilizzare il solo femminile sempre.
Accada quel che accada nella lingua italiana (che, come ripeto, è in continua evoluzione e non può non riflettere le istanze sociali di chi la usa, visto che ogni lingua umana è, in primo luogo, uno strumento sociale), di qui a qualche mese o anno o decennio, mi pare si debba comunque guardare con favore al fatto che molte persone ritengano importante ridurre il più possibile la discriminazione e l’esclusione, presenti purtroppo ancora largamente nelle nostre società e dunque, di riflesso, anche nelle nostre lingue.

Fabio Rossi

Parole chiave: Accordo/concordanza, Lingua e società, Verbo
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