Contemporaneità e posteriorità nel passato

Categorie: Sintassi

QUESITO:

Si dice: “Pensavo che Mario avrebbe vinto”, ma si può anche dire: “Pensavo che Mario vincesse”. Ora, io non ravviso nelle due forme una differenza sostanziale. A mio avviso hanno lo stesso significato. In ambedue le frasi s’intende che nonostante pensassi che Mario avesse le capacità per vincere, non ce l’ha fatta. Mi dica, per cortesia, se invece Lei ritiene che ci sia, tra le due frasi, una pur sottilissima differenza

 

DOMANDA:

Il suo dubbio è condiviso da molti utenti di DICO; può trovare una domanda molto simile alla sua, e la risposta, qui. In sintesi, entrambe le soluzioni sono corrette: la differenza, minima, risiede nel fatto che il condizionale passato esprime più nettamente la collocazione dell’evento nel futuro (rispetto al passato di pensavo), quindi fa riferimento al compimento dell’azione del vincere, mentre quella con il congiuntivo imperfetto si riferisce al processo del vincere, che si sviluppa contemporaneamente all’azione del pensare, pur con una sfumatura di anticipazione dell’esito finale.
Il fatto che la frase lasci intendere che l’evento pensato non si sia verificato, si badi, non dipende dalla costruzione della proposizione oggettiva, ma dal senso generale della frase: “Sapevo che Mario avrebbe vinto”, infatti, avrebbe un significato implicito opposto, pur mantenendo la stessa oggettiva. Non a caso, infine, *”Sapevo che Mario vincesse” non è accettabile: è contraddittorio, infatti, dichiarare di conoscere l’esito di un processo mentre sta accadendo.
Fabio Ruggiano

Parole chiave: Verbo
Hai trovato questa risposta utile?
Thumbs Up Icon 0
Thumbs Down Icon 0