Condizionale “di distanziamento”

Categorie: Morfologia, Semantica, Sintassi

QUESITO:

Secondo gli schemi della consecutio temporum, l’anteriorità rispetto al condizionale presente si costruisce con l’indicativo o con il congiuntivo, in base al verbo (certezza o dubbio e simili) della reggente. Mi chiedo se, sempre nel rispetto di questo rapporto di subordinazione temporale, sia possibile adoperare, quale alternativa attenuata dell’indicativo, il condizionale passato, senza che questo sia interpretato come futuro nel passato.
“Se la versione di X fosse confermata, significherebbe che Y avrebbe mentito.”
In questo caso, avrebbe mentito rappresenta un’azione analoga, dal punto di vista temporale, a quella costruita con ha mentito, accentuando rispetto a quest’ultima una sfumatura di incertezza, ma senza mutare il rapporto di anteriorità? Oppure il condizionale passato sarebbe interpretato (al di là della semantica della frase che ho scelto per esemplificare il quesito), come
“(…) Significherebbe che Y (in un momento successivo) avrebbe mentito”?
E infine, il condizionale passato implica sempre una protasi, anche implicita (“(…) Significherebbe che Y avrebbe mentito (se lo avessero costretto a confessare)”) oppure, come ho ventilato poc’anzi, può imporsi in maniera autonoma come una mera attenuazione del modo indicativo, per ridurne l’impatto diretto, senza significative differenze a livello sintattico?

 

RISPOSTA:

Il condizionale passato può essere usato nel contesto da lei immaginato proprio come variante condizionata dell’indicativo, senza innescare il senso di posteriorità nel passato. In questo caso la forma verbale ha una funzione epistemica, e in particolare serve a limitare la responsabilità del parlante (o dello scrivente) sul contenuto della frase. Di norma si usa in proposizioni dipendenti da altre proposizioni all’indicativo, al congiuntivo o nominali, non al condizionale, perché se la reggente è al condizionale, questo è già sufficiente a svolgere la funzione di distanziamento epistemico; per esempio: “Misura cautelare per un uzbeko che risiede a Ravenna, che sarebbe la mente del sequestro” (da un titolo di repubblica.it del 16 novembre 2024). Se la reggente è al condizionale, quindi, l’indicativo o il congiuntivo (a seconda della frase) sono scelte più logiche. Non di sola logica vive la lingua, però, per cui il condizionale attratto da quello della reggente non può dirsi sbagliato. Si noti che anche quando ha questa funzione, il condizionale presuppone la presenza di una protasi. Nel suo caso, però, la protasi implicita praticamente ripete quella già collegata alla principale (a dimostrazione del fatto che si tratta di un uso pleonastico): “Se la versione di X fosse confermata, significherebbe che Y avrebbe mentito (se la versione di X fosse confermata)”.
L’interpretazione del condizionale passato come tempo della posteriorità nel passato non è, in astratto, esclusa neanche in questo caso: per farla emergere, però, bisognerebbe aggiungere qualche segnale, per esempio “(…) Significherebbe che Y avrebbe mentito, in seguito”. Si tratta, comunque, di un esempio “d’accademia”: difficilmente si può immaginare un contesto autentico in cui si possa usare una frase con questo significato.
Fabio Ruggiano

Parole chiave: Accordo/concordanza, Analisi del periodo, Verbo
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