QUESITO:
Egregio professore, un mio conoscente tedesco mi ha chiesto perché si dice “Penso a Maria”, ma, sempre in riferimento a Maria, si dice “La penso”. Dativo o accusativo? Grazie.
DOMANDA:
Il verbo pensare è ricco di sfumature e di costruzioni: può essere usato assolutamente (“Le tue parole mi hanno fatto pensare”), può reggere la proposizione oggettiva (“Penso che tu sia una brava persona”), il complemento di vantaggio (“Al mondo ognuno pensa per sé”).
Le reggenze che qui interessano, però, sono quella del complemento oggetto e quella, molto più comune, del complemento introdotto dalla preposizione a. Il verbo pensare regge il complemento oggetto preferibilmente con il pronome atono preposto e specie quando segue un complemento predicativo: “Non lo pensavo capace di tanto”; con il complemento oggetto posposto, pronominale o nominale, si preferisce la proposizione oggettiva: “Non pensavo che lui / Carlo fosse capace di tanto” (rispetto a “Non pensavo lui / Carlo capace di tanto”).
Più comune è la reggenza del complemento indiretto, che, bisogna chiarire, non è un complemento di termine, bensì un complemento di difficile classificazione, di natura locativa, quasi un complemento di moto a luogo. Una prova di questa natura del complemento è che la trasformazione di penso a lei con lo spostamento preverbale del complemento è ci penso, non *le penso: il sintagma a lei, quindi, viene sostituito dal pronome atono ci. La penso è, piuttosto, equivalente a penso lei, e infatti è leggermente innaturale, perché non equivale esattamente a penso a lei e perché, come detto prima, questa costruzione è quasi sempre seguita da un complemento predicativo. In alcuni casi, però, i parlanti preferiscono la penso a ci penso (abbondano on line esempi di “la penso ancora”) perché ci non lascia trasparire il genere e il numero dell’oggetto del pensiero: può, infatti, stare per a lui, a lei, a questa / quella cosa, a loro, a queste / quelle cose. Un esempio di questa ambiguità del pronome ci è nel famoso verso verso della canzone del 1991 di Gianni Bella “Più ci penso e più mi viene voglia di lei”, nel quale rimaniamo incerti se ci penso significhi ‘penso a lei’ o ‘penso a questa/quella cosa’.
A margine, va detto che la penso può anche essere una voce del verbo (detto procomplementare) pensarla ‘avere una determinata opinione’ (usato nelle espressioni pensarla così, pensarla in un certo modo, pensarla come qualcun altro ecc.): in questo caso la è parte integrante del verbo e non ha un referente preciso (come in farcela, cavarsela, piantarla ecc.).
Fabio Ruggiano