QUESITO:
Le forme “ci è“ e “c’è“ sono intercambiabili e pertanto equivalenti dal punto di vista del significato e l’unica differenza è legata alla grafia (ci è = senza elisione, desueta e, forse, persino scorretta nell’italiano moderno; c’è = con elisione e d’uso corrente)? Oppure sono presenti dei casi in cui, sintatticamente, soltanto una delle due risulta corretta?
Nelle frasi indicate di seguito, ad esempio, sono possibili entrambe le forme?
1. C’è (ci è) voluto molto tempo per farlo.
2. (La legna, nda) Non c’è (ci è) entrata tutta in cantina.
3. C’è (Ci è) cascato come un ingenuo.
4. Mi c’è (ci è) voluta un’ora.
Le frasi numero 3 e numero 4 secondo me funzionano meglio con la forma senza elisione.
RISPOSTA:
È certamente vero che le forme ci è e c’è sono intercambiabili, ma, data la complessità dell’argomento, è opportuno valutare caso per caso.
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ci è parte del verbo procomplementare volerci;
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ci assume la funzione di locativo, cioè ‘in quel luogo’;
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ci è parte del verbo procomplementare cascarci;
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come 1.
Teoricamente, nelle frasi da lei proposte nulla vieterebbe il mantenimento di ci. Tuttavia, in 1. e 4. ci, che è parte integrante del verbo volerci, ha perso la propria funzione originaria contribuendo a modificare il significato del verbo (volerci significa ‘è necessario’). Per questo motivo, cioè per il fatto che ci non mantiene più una propria funzione semantica, sarebbe innaturale, se non addirittura agrammaticale scrivere o dire “Ci è voluto molto tempo tempo” al posto di “C’è voluto molto tempo”. Lo stesso ragionamento vale per la frase 3., dove il ci di cascarci serve soltanto a specializzare il verbo nel significato di ‘cadere in un inganno’.
Il confine tra accettabilità o no della forma non elisa riguarda quindi il grado di autonomia semantica di ci. Quando ci mantiene una riconoscibilità pronominale, come nel caso del ci locativo (ci è entrata = è entrata in quel luogo) o del ci pronome personale (non ci è stato detto = non è stato detto a noi), si inibisce l’intacco del corpo fonico del pronome per via di un maggiore coinvolgimento emotivo; laddove ci è desemantizzato, come nel caso di esserci ‘esistere’ (C’erano venti persone alla festa = Erano presenti venti persone alla festa), si assiste a fenomeni di erosione semantica, determinati dalla correlazione tra il ridotto rilievo semantico e una progressiva attenuazione dell’autonomia fonica.
È consigliabile, infine, non praticare l’elisione quando ci si trova davanti a parole che iniziano per a, o, u, h: ci amiamo, ci ostacolano, ci udirono, ci hai.
Sulla grafia del ci attualizzante, cioè di ci + le forme del verbo avere, la rimando a questa risposta: ci ho, c’ho, ciò – DICO – Dubbi sull’Italiano Consulenza Online.
Raphael Merida