QUESITO:
Ho un dubbio sintattico che mi assilla da tempo. Ho provato a dare un’occhiata al vostro archivio, ma ammetto di non essere stata brava nel risolvere così il caso che
vorrei mostrarvi.
Tutto è nato rispolverando i vecchi schemi della consecutio temporum e di come
applicarli alle formulazioni per me più ostiche.
Mi sono imbattuta in un periodo del genere:
Nel gennaio del 2010 il Presidente disse che la popolazione avrebbe dovuto
attendere (suppongo che sarebbe stato corretto anche doveva, nda) fino alla fine
del 2012 per constatare se le sue promesse erano state/ fossero state mantenute.
Il mio dubbio riguarda l’interrogativa indiretta.
Qui abbiamo tre momenti storici, uno per ogni azione: il gennaio del 2010 e la
fine del 2012 sono passati se osservati dal momento dell’enunciazione; la fine del
2012 è futura soltanto, chiaramente, al gennaio del 2010. Poi c’è un momento
intermedio, imprecisato, che porta alla fine del 2012 e dove si colloca l’azione
se le sue promesse erano state/fossero state.
Per prima cosa vi chiederei se sia la sintassi del periodo sia la mia disamina
sono giuste.
Per me i guai più grossi cominciano se lo stesso periodo slitta al nostro
tempo.
Nel novembre del 2021 il Presidente disse che la popolazione avrebbe dovuto
attendere fino alla fine del 2022 per constatare se le sue promesse erano state/
fossero state mantenute.
Così strutturato, il periodo ha i soliti tre momenti storici, ma a differenza
dell’omologo del 2012, soltanto uno è passato (novembre 2021), se lo si osserva
dal punto di vista dell’enunciazione. Tutto il resto è futuro. La fine del 2022 è
totalmente futura; il periodo intermedio, invece, è futuro rispetto a ora ma
passato rispetto alla fine del 2022.
Vi domanderei se, definiti questi aspetti, la consecutio impone delle variazioni,
oppure restano corretti i trapassati.
Vi chiedo scusa per la prolissità della mia esposizione, ma ho cercato di fornire
più dettagli possibile per focalizzare le vulnerabilità del mio pensiero.
RISPOSTA:
Entrambi i periodi sono ben costruiti, sia nell’uso dei modi sia in quello dei tempi (incluse le sue varianti), e la sua analisi dei tre momenti è sostanzialmente corretta. In entrambi i casi il trapassato si giustifica perché, futuro o no (rispetto al momento dell’enunciazione) l’ultimo tratto, le promesse da constatare non possono che essere state formulate prima del loro mantenimento. Nel secondo periodo, essendo futuro (non solo rispetto alla promessa ma anche rispetto al momento dell’enunciazione) il momento del mantenimento delle promesse, è parimenti corretto il condizionale passato: se le sue promesse sarebbero state mantenute. Non è però scorretto neppure il trapassato congiuntivo (o indicativo), che si giustifica per una sorta di attrazione temporale da parte del passato della reggente (disse), che si porta dietro tutto il resto del complicato periodo.
Fabio Rossi