QUESITO:
L’espressione “apposta” è accettata anche nella versione “a posta”? Ho sempre usato la prima ma mi è capitato di leggere anche la seconda versione. In effetti “apposta” è omografo del part. pass. di apporre, nonostante il contesto faccia capire se si tratti dell’avverbio o del verbo. Insomma, la lingua italiana accetta entrambe le versioni? Grazie
RISPOSTA:
Apposta è la variante univerbata, cioè divenuta un’unica parola, dell’espressione originaria a posta. Entrambe le forme sono oggi accettate, sebbene quella univerbata sia più comune e quella composta abbia, di conseguenza, assunto una sfumatura di alta formalità.
Il processo di univerbazione si è applicato, soprattutto nel Novecento, non solamente a apposta, ma a diverse espressioni, come addosso, invece, sennò, vieppiù ecc. (si noti la presenza, in molte di queste forme, del raddoppiamento fonosintattico). Le varianti così realizzate si sono imposte sulle altre, ma le alternative analitiche sono quasi sempre ancora accettate. Non c’è, però, una regola generale sull’accettabilità; in caso di incertezza, quindi, è sempre bene consultare il dizionario.
Curiosamente, la coincidenza da lei notata tra l’avverbio apposta e il participio passato del verbo apporre non ha bloccato il processo, probabilmente perché il verbo apporre è piuttosto raro nell’uso. All’opposto, proprio la confusione rischiata con il participio passato del verbo avvolgere impedisce l’accettazione dell’univerbazione di a volte. Un altro avverbio che resiste all’univerbazione è d’accordo (sebbene il dizionario dell’uso GRADIT registri anche daccordo): in questo caso non è la confusione con un’altra parola a frenare il processo, ma la tradizione scolastica, che su questo punto è piuttosto rigida.
Fabio Ruggiano