QUESITO:
Chiederei gentilmente una spiegazione tecnica in merito alla preposizione “su”. Come mai, in questo caso, le grammatiche sconsigliano l’uso dell’accento per distinguere tra preposizione e avverbio, a differenza di quanto accade per “di” e “da”, in cui l’accento serve a distinguere le diverse funzioni grammaticali della medesima parola?
RISPOSTA:
L’antica prassi, in realtà vitale fino a pochi anni fa, di accentare su con valore avverbiale («volare sù»), rispetto a su con valore preposizionale («andare su tutte le furie») è in effetti oggi non più osservata, salvo qualche eccezione. La normalizzazione dell’uso degli accenti e degli apostrofi è molto tardiva, in italiano, e tuttora vi sono oscillazioni negli usi. La ragione ispiratrice della normalizzazione attuale è quella di ridurre l’uso dell’accento grafico nei monosillabi al minimo indispensabile, ovvero di limitarlo a quei casi in cui possa esservi una reale ambiguità non tanto tra parole polisemiche quanto tra parole omofone, e dunque con etimo differente, cioè parole diverse a tutti gli effetti (qui può leggere l’elenco dei dieci monosillabi non dittongati obbligatoriamente accentati in italiano). In tal senso, su preposizione e avverbio è la stessa parola (dal latino SUSUM < SURSUM), senza alcuna possibilità d’equivoco interpretativo. In tutti gli altri casi di monosillabi accentati, invece, si tratta di due parole diverse, come per esempio da preposizione (< DE AB/AD) rispetto a dà, terza persona del presente indicativo del verbo dare e da’ imperativo di dare; oppure di preposizione (< DE), rispetto a dì ‘giorno’ (< DIEM). Se parole come da e dà o da’, o di e dì, fossero scritte allo stesso modo, vi sarebbe davvero il rischio di un fraintendimento di senso grave (sebbene il contesto quasi sempre contribuisca a disambiguare il significato), mentre nel caso di su preposizione/avverbio non vi sarebbe alcuna possibilità di equivoco, così come in tanti altri casi di estensione funzionale: essere forte, parlare forte, il forte ecc. Un’ultima precisazione: la presenza o meno dell’accento è una convenzione grafica (cioè una norma sociale della lingua), che non ha nulla a che vedere né con la pronuncia (che è identica, in entrambe le forme accentate e no, per i monosillabi non dittongati) né con principi ontogenetici, filogenetici, cognitivi, acquisizionali ecc. della lingua. In altre parole, come tutte le norme sociali (che sono poi la maggioranza, nelle lingue), sono soggette a oscillazioni e cambiamenti nel tempo. Non bisogna mai perdere di vista il fatto che le lingue non sono soltanto strutture cognitive (e secondo taluni studiosi anche genetiche e biologiche), ma sono prima di tutto strumenti storico-sociali, come tutto ciò che è dell’essere umano.
Fabio Rossi