Quali costruzioni sono corrette tra quelle riportate di seguito?
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Oltre a te, Simone ha parlato con me.
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Oltre che con te, Simone ha parlato con me.
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Stavolta Simone ha scelto una meta a cinque chilometri di distanza, anziché i soliti cinquanta a cui ci aveva abituati.
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Stavolta Simone ha scelto una meta a cinque chilometri di distanza, anziché ai soliti cinquanta a cui ci aveva abituati.
Riguardo ai primi due esempi, mi permetto di rivolgervi una domanda supplementare: la congiunzione anche (“Simone ha parlato anche con me”) potrebbe essere giudicata ridondante, oppure consigliereste di inserirla nella frase?
Tra le prime due frasi, la versione della 1 è decisamente trascurata. Tra le seconde due la più corretta è la 4. Come preposizione, oltre può significare ‘di là da’ (andare oltre il confine) o ‘più di’ (oltre un’ora); in unione alla preposizione a (raramente senza la preposizione), inoltre, può significare ‘in aggiunta a’, come nelle sue frasi e, in frasi negative, ‘eccetto’ (nessuno oltre a te). Nelle sue frasi, la costruzione oltre a entra in conflitto con la preposizione con retta dal verbo parlare; in questa situazione si dovrebbe mantenere la preposizione richiesta dal verbo, quindi si inserisce che per evitare un non previsto *oltre con. La variante oltre a è attratta dalla costruzione di maggiore frequenza (è, infatti, normale con i verbi che non richiedono preposizioni), ma, come detto, è accettabile soltanto in contesti trascurati. Si noti che oltre a è al limite dell’accettabile anche con i verbi che reggono a: “Oltre che a te, ha parlato a me” (non “Oltre a me, ha parlato a te”); “Oltre che a Malaga, andrò a Cordoba” (non “Oltre a Malaga, andrò a Cordoba”).
Per anziché vale lo stesso ragionamento: la proposizione avversativa introdotta da questa congiunzione dovrebbe effettivamente mantenere la stessa reggenza della proposizione reggente. Questa congiunzione, però, segmenta la frase in due enunciati, che tendono ad assumere una costruzione autonoma. In altre parole, tra la proposizione reggente e l’avversativa introdotta da anziché si crea una separazione che può tagliare il legame sintattico, pur mantenendo quello logico. Per di più, in questo caso specifico l’attrazione verso la costruzione senza preposizione è accentuata dalla presenza di un’espressione di luogo. Queste espressioni, infatti, come quelle di tempo, sono quasi formulari e tendono per questo a perdere le preposizioni che in astratto richiederebbero. Per esempio:
“– Quando ci vediamo?
– Quattro e mezzo (invece di alle quattro e mezzo)/Pomeriggio (invece di di o nel pomeriggio)”.
“– Di dove sei?
– Palermo (invece che di Palermo)”.
Da queste considerazioni discende che la versione della frase 3 sia accettabile nel parlato anche di media formalità; nello scritto, però, rimane da evitare fuori da contesti di bassa formalità.
Riguardo all’ultima domanda, infine, anche è in astratto pleonastico, ma il suo inserimento si può giustificare se la circostanza dell’enunciazione richiede un rafforzamento dell’affermazione.
Fabio Ruggiano