QUESITO:
Ho difficoltà a capire le sigle e gli acronimi. Gli acronimi sono quasi sempre sigle e si leggono per esteso. Mi sono chiesto: come mai STA si legge distaccato, visto che è un nome leggibile? Non dovrebbe essere un acronimo? Queste parole sono da considerare acronimi? As, us, mi, ez, arm e gil. Queste, invece, no? ASH,USC,UGL, UGN.
Se scrivessi un nickname strambo del tipo ngnmlo, si potrebbe tranquillamente leggere, nonostante le posizioni delle consonanti sballate? Inoltre, l’acronimo Ngnmlo non è leggibile di vera regola per via dell’eccesso di consonanti? Ngenmlo e Nginmlo invece sì? Una sigla senza puntini non si potrebbe confondere con un nome? Per esempio, se scrivessi MLIC, una persona non potrebbe pensare che possa essere una sigla e quindi pronunciarlo distaccato e non come un nome (sempre il caso del nickname).
Il numero di consonanti che possono stare insieme è 3? In italiano ci sono dei criteri per capire se una consonante può stare con un’altra? Cso è impronunciabile perché cs è all’inizio, questo vale anche per la n iniziale seguita da consonante. Ci sono coppie di consonanti che a fine di parola sono pronunciabili (tipo ans, asl, ing) e coppie che non lo sono (amd, azt ecc.). Come riconoscerle?
RISPOSTA:
Gli acronimi, o sigle, possono essere costituiti sia da singole lettere, ciascuna corrispondente all’iniziale di una parola (USA, ONU ecc.), sia da sillabe, sia da altri insiemi di lettere, sillabe, parti di parola e parole intere talora imprevedibili (per es. Confcommercio = Confederazione del Commercio). Il fatto che un acronimo venga letto una lettera alla volta, oppure come fosse una parola autonoma (come USA, ONU ecc.) è anch’esso poco prevedibile e dipende sostanzialmente da tre fattori: la facile (o difficile) leggibilità dell’insieme delle componenti (agevole in STA, decisamente scarsa in CGIL), la frequenza (e dunque la facile riconoscibilità) dell’acronimo, la possibilità di equivoci con omofoni: in effetti, se STA può essere confuso con la terza persona del verbo stare, sarebbe meglio pronunciarlo Esse Ti A.
Anche l’uso maiuscolo o minuscolo delle componenti è imprevedibile: di solito, se un acronimo è d’uso molto comune, può essere scritto con la sola prima lettera maiuscola e le altre minuscole (Usa, Onu), ma le versione con tutte le lettere maiuscole è comunque sempre adeguata (USA, ONU).
Anche il fatto che un acronimo si scriva con o senza puntini è difficilmente prevedibile: in angloamericano, in cui si abusa di acronimi, raramente le componenti dell’acronimo sono separate da puntini, in italiano di solito si usano i puntini per gli acronimi meno frequenti, non si usano per quelli più frequenti, ma, come ribadisco, non c’è una regola ferrea.
Tutti quelli da Lei citati possono essere considerati acronimi, se sono effettivamente sigle, cioè se a ciascuna lettera, o gruppo di lettere, corrisponde un nome proprio o comune. Se rientra in quest’ultima tipologia, anche quello da lei proposto (Ngnmlo) potrebbe essere un acronimo, sebbene non possa essere pronunciato come parola se non a costo di notevoli forzature fonetiche: potrebbe, per esempio, essere pronunciato come Ngenmlo o Nginmlo.
MLIC può essere facilmente pronunciato sia lettera per lettera, sia come parola autonoma, ma, ripeto, è un acronimo solo a condizione che le lettere, o i gruppi di lettere, che lo costituiscano siano associate a singole parole: per esempio (inventato), Misura Lineare Cubana (o mille altri significati reali che quest’acronimo ha in inglese, come appurerà facilmente on line). Se si vuole evitare l’equivoco tra acronimo e nomignolo, allora è bene chiarire sempre il valore dell’acronimo, per esempio sciogliendone il significato tra parentesi.
Le consonanti possono essere tre o quattro di seguito, se una è r o l, che resistono meglio di altre alla pronuncia non appoggiata a vocali. Per cui, per es., si pronuncia bene ARST, ma per il suo Ngnmlo è necessario un appoggio vocalico, magari realizzato diversamente rispetto a quanto proposto da me: che so, gnemmelo sarebbe carino, ancorché un po’ infedele.
La casistica fonetica italiana è in realtà molto complessa e controversa. Per un prospetto completo si invita a consultare manuali di fonetica specializzati, quali quelli di Marina Nespor, Luciano Canepari o Pietro Maturi, tra gli altri. Va detto però che le restrizioni fonetiche delle parole italiane possono essere infrante dagli acronimi pronunciati come fossero una parola. Per esempio, nessuna parola italiana può terminare nella sequenza affricata più occlusiva, per esempio azt, ma nulla vieta che l’acronimo azt venga pronunciato come se fosse una parola.
Sarebbe bene non abusare di acronimi (sempre che non siano sciolti tra parentesi, come appena detto), a meno che non usuali e comprensibili ai più, se non si vuole escludere gli interlocutori. Sarà capitato anche a Lei, come a ciascuno di noi, immagino, di sentirsi frustrato, parlando specialmente con angloamericani, nel sentire una raffica di acronimi di cui ignorava il significato.
Fabio Rossi
Raphael Merida