QUESITO:
Si legge e si sente: “Vorrei che tu sia etc.”. Non suona bene, è preferibile: ” Vorrei che tu fossi etc.” Ora le chiedo: dopo il condizionale “vorrei” è corretto l’uso del congiuntivo presente? Esempi: “Vorrei che tu venga in orario, vorrei che lui sia puntuale, vorrei che lei possa dormire”. Oppure è obbligatorio il congiuntivo
imperfetto?
RISPOSTA:
Ha ragione a considerare “stonata” la costruzione con il congiuntivo presente. Come spiegato dal prof. Luca Serianni: “Il condizionale di volere e di altri verbi indicanti un desiderio, un’aspirazione, una necessità richiede la reggenza tipica dei verbi al passato” (Prima lezione di grammatica, 2006, p. 63); la costruzione corretta, pertanto, è “vorrei che tu fossi”. Una spiegazione di questa “stranezza” è che in questi casi il condizionale della reggente (vorrei, desidererei, sarebbe necessario ecc.) esprima una certa sfiducia dell’emittente nella realizzabilità dell’evento: da qui il congiuntivo imperfetto, che pone l’evento nel passato.
L’ho definita una stranezza perché, di norma, il condizionale presente regge il congiuntivo presente: “‘Uh, come sei freddo,’ disse Giulia tirandosi indietro e guardandolo con un sorriso, ‘davvero che qualche volta penserei che tu non mi voglia bene.'” (Alberto Moravia, Il conformista, 1951, p. 115).
Proprio l’eccezionalità della reggenza del congiuntivo imperfetto da parte del condizionale presente induce spesso i parlanti in errore, o almeno nel dubbio. Non si tratta certo di un errore grave, ma in contesti formali, soprattutto scritti, è bene rispettare anche questa regola; così non ha fatto – molti lo ricorderanno – la ministra del MIUR Valeria Fedeli (o un suo collaboratore, come è emerso in seguito) in una lettera inviata al Corriere della Sera il 16 dicembre 2017, nella quale era scritto: “Sarebbe opportuno che lo studio della Storia non si fermasse tra le pareti delle aule scolastiche ma prosegua anche lungo i percorsi professionali”. Qui la “stonatura” è ancora più evidente, vista la vicinanza tra il congiuntivo presente prosegua e l’imperfetto si fermasse.
Fabio Ruggiano