QUESITO:
Perché secondo i più si dovrebbe dire “vado al mare” e non “vado a mare”?
RISPOSTA:
Andare al mare significa “andare in una località che si trova nei pressi del mare”. Se ci si trova in città, e si va verso una località del genere, allora si sta andando al mare; se, invece, ci si trova già in spiaggia, e semplicemente ci si avvicina al mare, non si sta andando al mare, ma piuttosto in acqua.
La forma “(andare) a mare” sembra essere non standard, ma diffusa solamente nel Sud Italia. Tra le ragioni che hanno portato alla sua diffusione possiamo immaginare che essa funzioni da compromesso tra al mare e in acqua nel caso in cui ci si trovi in una località marittima o balneare, ma non in prossimità del mare, e ci si stia dirigendo verso il mare. Questa condizione è tipica, ma non esclusiva, del Meridione (nella Liguria di Ponente esiste l’espressione “andare a spiaggia”, che sembra rispondere alla stessa esigenza di rappresentare la condizione di andare al mare pur essendo già molto vicini ad esso); su “andare a mare” deve aver influito anche il fenomeno linguistico dell’assimilazione, marcatamente meridionale, per cui al mare si pronuncia [am’mare] e da qui viene reinterpretato nello scritto come a mare.
A mare non è del tutto estraneo all’italiano: è accettato nello standard in pochissimi casi, come “buttare/buttarsi a mare”, “tuffarsi a mare” e simili; oppure nel senso di ‘sul mare’, come in “porta a mare”, usato da Guicciardini, “tira vento di greco a mare” (D’Annunzio), “passeggiata a mare”; e in alcuni toponimi, non a caso quasi tutti meridionali, Praia a Mare, Castello a Mare, ma anche Gatteo a Mare e, nell’Ottocento, Bologna a Mare, italianizzazione di Boulogne-sur-Mer.
Fabio Ruggiano